Antonio Fabbri – L’informazione: Quote occulte in Penta erano ‘elargizioni a sostegno dell’attivita’ politica’

Antonio Fabbri – L’informazione: Quote occulte in Penta erano ‘elargizioni a sostegno dell’attivita’ politica’

L’informazione di San Marino

Quote occulte in Penta erano “elargizioni a sostegno dell’attivita’ politica”

Dagli interrogatori di Moretti e Mularoni la ricostruzione di quelle partecipazioni segrete. Menicucci contesta le accuse legate all’immobiliare

Antonio Fabbri

SAN MARINO. Se nell’interrogatorio di Mirella Frisoni si parla di finanziamenti a membri del Psd, nei vari interrogatori relativi al filone Penta immobiliare si parla dei “contributi”, così vengono chiamati, agli allora membri di vertice della Democrazia cristiana. Dagli interrogatori, come rilevato dall’accusa, emerge come fosse Giuseppe Roberti “alias Mazzini” a smistare questi contributi tra i vari membri di partito.
Roberti,
a parte un interrogatorio
per rogatoria a Rimini nel quale
si è avvalso della facoltà di non
rispondere limitandosi a depositare
una propria memoria, non
si è mai presentato sul Titano
per essere direttamente interrogato
dai magistrati. Il suo ruolo,
però, emerge dalle deposizioni
degli altri protagonisti delle vicende
contestate che entreranno
nel processo sulla tangetopoli
sammarinese-conto Mazzini, che
si aprirà il 19 ottobre.
Roberti, dunque, viene indicato
a monte dei contributi passati sui
libretti movimentati dalla Frisoni,
e anche a monte della vicenda
Penta, che chiama in causa Pier
Marino Menicucci e Pier Marino
Mularoni.
 
Penta e la scrittura segreta
A raccontare come i due, allora
esponenti politici di primo piano
di Via delle Scalette, entrarono
in Penta, è Luigi Moretti, incalzato
dai magistrati nell’interrogatorio
del 12 giugno 2014. Gli viene
chiesto della scrittura privata
segreta in funzione della quale
Menicucci e Mularoni sarebbero
stati soci occulti di Penta Immobiliare,
società pure questa a giudizio
come persona giuridica.
“Roberti mi chiese di costituire
insieme a me una società immobiliare
perché voleva produrre
qualche reddito – riferisce Moretti
– Feci una certa resistenza perché
non ero interessato, mi dissi
comunque disponibile a dagli
una mano. Lui insistette dicendomi
che si sarebbe sentito più sicuro
se ci fossi stato anch’io. Poco
dopo la costituzione della società
venne da me dicendomi che Mularoni
e Menicucci volevano entrare
nella società, ma che, per
la loro posizione istituzionale,
non potevano comparire. Roberti
si presentò nell’ufficio presentandomi
presentandomi
un foglio già compilato
in cui si faceva riferimento alla
cessione del 25% delle quote a
favore di Mularoni e il 25% delle
quote a favore di Menicucci.
Mi disse che la formalizzazione
della cessione serviva per dare
a Mularoni e Menicucci delle garanzie.
Per parte mia Mularoni e
Menicucci erano e sono persone
per bene. Mi sono fidato delle
parole di Roberti e sottoscrissi
la scrittura privata che mi venne
consegnata da lui, poi la restituii
a Roberti senza trattenermi una
copia. Voglio precisare che in realtà
il mio ruolo all’interno della
società è stato marginale. Era
Roberti che gestiva di fatto e di
diritto la società e per una serie
di contrasti intervenuti, vuoi nella
banca, vuoi a livello personale,
già nel giugno 2008 io cessai
i rapporti con Roberti. La mia
uscita dalla società venne formalizzata
con una cessione del mandato
fiduciario acceso presso la
Trecentouno”.
Le elargizioni e il sostegno
dell’attività politica

Su questa partecipazione in Penta
vengono interrogati dai magistrati
inquirenti anche gli esponenti
politici.
“All’inizio del 2006 – riferisce
Pier Marino Mularoni, all’epoca
Segretario alle Finanze, sentito
dai magistrati il 25 luglio 2014
– venni chiamato da Roberti il
quale mi disse che alcuni imprenditori
avevano fatto elargizioni
che poi erano confluite in una società
di cui lo stesso Roberti era
socio al 50% insieme a Moretti.
Roberti mi disse che quale sostegno
per l’attività politica svolta
da me, potevo considerare nella
mia disponibilità il 25% delle
quote di quella società. A questo
proposito Roberti mi fece firmare
una scrittura privata relativa
alla intestazione delle quote nei
termini sopra descritti. Non ricordo
se erano presenti altre persone
al momento della firma oltre
a Roberti ed io. Non assegnai
importanza a quella scrittura,
anche perché non conoscevo le
condizioni della società e non sapevo
se questa avesse un valore”.
Sono invece di segno opposto le
dichiarazioni, sullo stesso punto,
di Menicucci, all’epoca segretario
della Democrazia cristiana.

“Mai investito in Penta”
Sentito sulla questione della partecipazione
nella società immobiliare,
Pier Marino Menicucci,
nega la sua acquisizione di quote:
“Non ho mai investito risorse nel
capitale o nella operatività della
Penta Immobiliare. Escludo anche
che terzi abbiano utilizzato il
tramite di Penta Immobiliare per
fare pervenire fondi a me. Escludo
di essermi avvalso della società
Penta Immobiliare per avere la
disponibilità di immobili senza figurare
come intestatario”.
Il magistrato che lo interroga
l’11 agosto 2014, gli fa tuttavia
presente che Moretti e Mularoni
dicono il contrario. “Prendo atto
– risponde Menicucci – che da dichiarazioni
rese da Luigi Moretti
si fa riferimento a un interesse
concreto mio e di Pier Marino
Mularoni ad entrare nella società
Penta Immobiliare ed anzi si
dice che pur volendo entrare per
la nostra posizione istituzionale
non potevamo comparire. A questo
proposito ribadisco che non
ho mai avuto né formalmente né
sostanzialmente quote di quella
società e che in particolare
non è mai avvenuta a mio favore
una cessione del 25% neppure in
maniera privata. Ribadisco che
all’epoca Roberti mi parlò della
possibilità di entrare in società e
preparò una bozza di accordo in
tal senso che tuttavia non fu mai
da me accettata né sottoscritta.
Quando vidi la bozza appariva
anche l’indicazione di Pier Marino
Mularoni.
A quel punto il magistrato mostra
copia del documento da cui risulta
la cessione del 25% delle quote
di Penta. “A questo proposito – rileva
Menicucci – dico subito che
alcune delle sottoscrizioni che
vedo non mi paiono autentiche.
In questo momento non so altrimenti
spiegare la ragione e le
finalità di questa scrittura. Della
quale non ho memoria”.
Sulla vicenda l’allora segretario
Dc ebbe comunque un confronto
con Mularoni “e lui sa – sottolinea
– che io non entrai mai in
quella società”.
Le perplessità su Roberti
Menicucci esprime anche alcune
perplessità su Roberti, perplessità
che all’epoca scambiò confrontandosi
con Mularoni sulla possibilità
di entrare in Penta.
“Ricordo che anche lui aveva
delle perplessità sul rapporto con
Roberti per il suo modo di essere
di fare e a me parlò di queste
perplessità senza consigliarmi o
sconsigliarmi quell’affare in maniera
netta. Ricordo che parlando
con Mularoni emergeva che
la proposta di investimento che
Roberti fece ad entrambi noi era
pari a circa 150-170mila euro.
Non parlai mai nel dettaglio con
Mularoni di quali soldi utilizzare
per quell’investimento perché
il discorso non andò più avanti.
Non ricordo – aggiunge – che
Mularoni mi abbia mai parlato
di perplessità riguardo al fatto
che Penta servisse come strumento
con cui i terzi potessero
finanziarci personalmente o per
l’attività politica”. Menicucci
dunque rigetta l’accusa che quelle
quote societarie potessero essere
in qualche modo un “contributo”.
“Ribadisco che a me Roberti propose
la partecipazione in Penta
come investimento oneroso e non
come remunerazione, né a titolo
personale né politico
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