Antonio Fabbri – L’informazione: Riciclaggio, direttore di Carisp rinviato a giudizio

Antonio Fabbri – L’informazione: Riciclaggio, direttore di Carisp rinviato a giudizio

L’informazione di San Marino

Luca Simoni accusato assieme a Gabriele Bravi Tonossi e Filippo Dollfus per le movimentazioni dei soldi del caso Imi – Sir

Riciclaggio, direttore di Carisp rinviato a giudizio

Antonio Fabbri

SAN MARINO. I soldi della corruzione in atti giudiziari del caso noto oltre confine come Imi-Sir mettono nei guai il Direttore generale della Cassa di Risparmio di San Marino, Luca Simoni, rinviato a giudizio assieme ad altre due persone con l’accusa di riciclaggio di oltre 15.700.000 euro ritenuti di provenienza illecita.

Una somma che,
secondo l’accusa, è frutto appunto
della corruzione in atti giudiziari
oltre che di altri reati tra cui
appropriazione di fondi societari
e frode. Ai guai italiani presso
il tribunale di Forlì del Direttore
di Cassa, dunque, si aggiungono
anche quelli sammarinesi presso
il tribunale dei Tavolucci.

Con Simoni finiranno davanti al giudice anche Gabriele Bravi Tonossi, commercialista e “titolare effettivo” di Lituis Investments Limited e di DB Trade Limited, due delle società utilizzate per i passaggi del denaro da occultare, e Filippo Luigi Ruggero Carlo Edoardo Dollfus De Volckersberg, finanziere e amministratore di DB Trade Limited.

Che sulla vicenda dei denari del
caso Imi-Sir fosse aperta una inchiesta
sul Titano, era emerso lo
scorso anno (L’informazione del
10 marzo 2015). Dieci giorni fa,
il 28 dicembre 2015, il Commissario
della legge Alberto Buriani
che si occupava dell’indagine, ha
firmato il rinvio a giudizio.

L’accusa
L’accusa mossa è riciclaggio aggravato,
perché i fatti contestati
sono stati commessi nell’esercizio
dell’attività bancaria. Secondo
il capo di imputazione Luca
Simoni, abusando del proprio
ufficio di Direttore generale della
Cassa di Risparmio, gestiva come
“clienti direzionali” Filippo Dollfus,
Gabriele Bravi Tonossi e le
società dagli stessi amministrate
(Lituis Investments Limited e DB
Trade Limited). Secondo l’accusa
Simoni pianificava, strutturava e
movimentava i loro fondi, avvalendosi
della struttura di Cassa
di Risparmio cosicché le operazioni
fossero a loro ricondotte e
rimanessero nascosti i fondi in
realtà riferibili a Rita Rovelli e a
Francesco Bellavista Caltagirone.
Fondi che, secondo l’accusa erano già a loro volta stati riciclati,
poiché provento della vicenda
Imi-Sir e non solo, attraverso numerose
società off-shore amministrate
dagli stessi Dollfus e Bravi
Tonossi.

La genesi delle indagini
e la vicenda di Acqua Marcia

Emerge dall’inchiesta che proprio
a favore di società del Gruppo
Acqua Marcia riconducibile a
Francesco Bellavista Caltagirone,
la Cassa di Risparmio aveva
concesso un fido pari a 25 milioni
di euro, in forza del quale aveva
maturato un’esposizione pari a
27.073.973,03 euro a marzo 2012.
Caltagirone intendeva “coprire”
questa esposizione con i fondi
giacenti sui conti di DB Trade
Limited, una delle società utilizzate,
secondo gli inquirenti, per
distrarre la provenienza del denaro
e gestita dai soggetti rinviati a
giudizio, Bravi Tonossi e Dollfus,
apputo. La vicenda delle società
del Gruppo Acqua Marcia non è
secondaria, in particolare per la
genesi delle indagini sammarinesi.
Infatti è nel 2013, solo a seguito
dell’arresto di Caltagirone,
che da Carisp viene formalizzata
la segnalazione per operazioni
sospette. A Caltagirone, infatti,
fa capo il Gruppo Acqua Marcia
e l’uomo d’affari finisce sotto custodia
cautelare proprio nell’ambito
delle indagini per frode legate
ai lavori per la costruzione del
porto di Fiumicino che erano in
appalto al suo gruppo. Essendo le
movimentazioni della Db Trade
Limited legate ad Acqua Marcia
per le cui vicende Caltagirone era
finito sotto custodia cautelare, era
quindi scattata la segnalazione di
operazioni sospette. A quel punto
Aif, l’Agenzia di informazione finanziaria,
aveva compiuto le sue
verifiche, ricostruendo il quadro
dei collegamenti tra le varie società
e soggetti, e aveva bloccato i
fondi rimasti. Scattata la segnalazione
all’autorità giudiziaria, era
stato aperto il fascicolo che ha poi
portato al rinvio a giudizio di fine
dicembre.


Il caso Imi-Sir
Uno dei reati che gli inquirenti
ritengono alla base del denaro di
dubbia provenienza, affonda le
radici molto lontano nel tempo.
Nei primi anni novanta. Quando
c’erano ancora le Lire. Ed è proprio
in miliardi lire, quasi mille
lordi, il risarcimento che il tribunale
di Roma stabilì a favore della
Sir, il gruppo chimico della famiglia
Rovelli che accusava l’Imi
di aver fatto crollare il proprio
impero della chimica. In cassa ai
Rovelli, detratte le tasse da quei
980miliardi 351 milioni di lire di
risarcimento stabiliti dal tribunale,
di miliardi ne finirono 678,
liquidati da Imi nel 1994. La sentenza,
partita da una causa iniziata
nel 1984 intentata da Sir nei
confronti dell’Istituto Mobiliare
Italiano – appunto Imi – era stata
però comprata. Quando scattò
il processo per corruzione in atti
giudiziari, tuttavia, i miliardi di
lire erano stati già liquidati a Sir
e avevano preso svariate strade
tra società off-shore, fondazioni,
trust in diversi paesi, dalla Svizzera
al Liechtenstein, al Jersey
alle Cayman al Costa Rica, Singapore
e Cipro. Oltre, si scopre
ora con l’indagine del tribunale
sammarinese partita nel 2013, a
San Marino.

Il riciclaggio
contestato sul Titano

Il problema, ed è da qui che scaturisce
la contestazione di riciclaggio
a San Marino, sono le
movimentazioni che sono state
fatte prima di quella segnalazione
del 2013. Movimentazioni
che, secondo l’accusa, erano finalizzate
a occultare e distrarre
denaro di provenienza illecita.
Tutto parte da un bonifico da
15.679.995 euro della Lituis Investments
Limited, società del
Jersey amministrata da Bravi Tonossi
che dispone il trasferimento
di denaro dichiarando di esserne
il titolare effettivo. Questi soldi,
a fine agosto 2006, finiscono su
un conto presso la Banca della
Svizzera Italiana. Il conto è intestato
a Cassa di Risparmio di San
Marino. Tre giorni dopo il Direttore
Generale di Cassa, Luca
Simoni, dispone il trasferimento
di quei soldi su un conto in Carisp
aperto dalla stessa società, la
Lituis Investments Limited. Tre
giorni dopo sempre Simoni, su
ordine verbale di Bravi Tonossi,
investe i soldi in un certificato di
deposito della durata di un mese.
Alla scadenza, sempre da Simoni
e sempre su ordine impartito da
Tonossi, i soldi vengono trasferiti
sul conto di un’altra società, DB
Trade Limited, con sede alle Isole
Vergini le cui quote sono in mano
a una società anonima panamense
gestita da Tonossi e Dollfus.
Altra movimentazione si è registrata
poi nel febbraio 2008. Nel
2011 e 2013, due trasferimenti da
2,5 milioni ciascuno verso un’altra
società di diritto panamense
con conto presso la Banque de
Gestion Edmond de Rothschild
Monaco con sede a Montecarlo.
Tutte movimentazioni che hanno
determinato l’inquirente a contestare
l’accusa di riciclaggio.
La data del processo nel quale
verrà dibattuto il caso a carico di
Simoni, Bravi Tonossi e Dollfus.
è ancora da fissare. Tuttavia, vista
l’attenzione anche politica sulle
vicende che riguardano Carisp,
c’è da aspettarsi che l’evoluzione
giudiziaria del caso non risulti indifferente.

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