18/01/2010 Consiglio Centrale della Democrazia Cristiana intervento di Marino Cecchetti

18/01/2010 Consiglio Centrale della Democrazia Cristiana intervento di Marino Cecchetti

Consiglio Centrale della Democrazia Cristiana intervento di Marino
Cecchetti

  L’INFORMAZIONE DI SAN MARINO 18/01/2010 (Voci critiche
nel parlamentino democristiano)

I tempi non sono
facili.

La firma
dell’accordo con l’Italia del 26 novembre non li ha migliorati. Anzi.

Gatti, nella
intervista a Report  Rai3 del  maggio scorso, aveva detto che il nostro Paese
pur “talmente
piccolo e completamente inserito in Italia”
eppure era
in una situazione
di sovranità
”.

Oggi io non ne sono più così sicuro.

Gatti aveva anche detto:
i sammarinesi sono molto
molto meno attenti alla economia e molto molto attenti alla loro
sovranità”
. Ed aveva aggiunto: “Ad
esempio noi avremmo molta difficoltà a
cedere una parte di sovranità in cambio di grandi risultati economici”.

Ebbene il 26
novembre, con la firma dell’accordo di collaborazione finanziaria con l’Italia,
San Marino ha rinunciato a prerogative della sovranità senza avere in cambio
vantaggi economici.

Tanto è vero che
siamo finiti in una situazione da far tremare le vene  e i polsi, anche sotto
l’aspetto economico.

Come uscirne.

Imboccare lo
strada del debito pubblico, oltre che sciagurato, è impossibile: nessuno
comprerebbe obbligazioni (San Marino bond) dopo quel che ha detto di San Marino
la Banca Centrale.

Paesi che ci
possono aiutare non ne esistono. La considerazione che c’è in giro su di noi è
pessima.

Non resta che
rimboccarci le maniche e fare da soli. Incrementando, se necessario, come sarà
necessario, le entrate dello Stato, pagando noi più tasse.

È chiaro
però che prima di lasciarsi mettere le mani nelle tasche, la gente vorrà sapere
come vanno spesi i soldi e, ancor prima, se tutti pagano.

Insomma che
non ci sia chi paga e chi la fa franca.

 A San
Marino, nell’arte di farla franca, ci sono autentici maestri.

I maestri
-nostrani – nell’arte di farla franca, hanno messo su 548 società anonime. Cui
si aggiunge un mezzo migliaio di società immobiliari non meno blindate in quanto
a riservatezza. Ed addirittura migliaia di società srl, anche con quote
intestate a società fiduciarie, e, per sovrappiù, con quote detenute da società
anonime di Paesi come le Isole Vergini, Panama, eccetera.

Ci è stato detto che questo ambaradan serviva per attirare capitali da
fuori.

Adesso non è più così.

Dal 26 novembre non serve più quell’
ambaradan non  serve più
.

Nell’accordo del 26 novembre, firmato con l’Italia, è scritto
che dall’Italia basta che facciano il nome di una persona e di una società, che
si è obbligati, da San Marino, a dire tutto su quella persona o su quella
società.

Tutto vuol dire
tutto. È ben specificato: le informazioni
sull’esistenza, la tipologia ed il numero di rapporti giuridici finanziari

che quella società o persona ha a San Marino. E senza “vincoli di
riservatezza”
di alcun genere. Ed anche in “deroga al segreto
bancario
”. Ed – è precisato – “anche in presenza di soggetti parti di un
rapporto fiduciario
”.  Insomma non c’è fiduciaria che tenga.

Quanto tempo ha San Marino per rispondere alla domanda su
persone o società? “Dieci giorni lavorativi,
escluso il giorno della richiesta
”.

 

Insomma l’ambaradan di società
anonime, di mandati fiduciari, Isole Vergini e non vergini… non serve più per
attirare capitali.

Quindi cosa lo teniamo a fare? Se lo
teniamo, se ne potrebbero servire a San Marino i soliti furbi, per fare
intrallazzi fra noi sammarinesi. Cioè per non pagare le tasse.

Basta coi furbi. Ci vuole
trasparenza. La massima trasparenza.

Insomma basta con società anonime,
mandati fiduciari, società con mandati fiduciari di finanziarie delle Isole
Vergini, eccetera. Non servono più per attirare capitali dall’estero. Quindi
vanno eliminate. Va eliminato tutto l’ambaradan.

Eliminare l’ambaradan è il primo
passo per riconquistare la fiducia delle gente.

La fiducia della gente è essenziale
per salvare il Paese.

E noi vogliamo salvare il Paese.
Dobbiamo salvare il Paese, come hanno fatto quelli che sono venuti prima di noi.

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