L’INFORMAZIONE DI SAN MARINO 2/03/2009 (San Marino
pioniere della democrazia, Anche Cavour si pose la domanda a che servisse la
Repubblica)
“Ma a che serve San Marino?” La domanda aleggerà prossimamente in Report a quanto
anticipa il sito Rai.
Anche Cavour si è posto questa domanda quando, avendo già
la Romagna, nell’estate del 1860, d’accordo con Napoleone III ha spedito da
Rimini i bersaglieri giù per le Marche e l’Umbria per bloccare Garibaldi nel
Meridione.
Ma ha dovuto lasciarlo indietro, San Marino: Napoleone III
disse no all’annessione. E Cavour, obtorto collo, fra le generali proteste dei
patrioti italiani, dovette rimandarla come del resto quella di
Roma.
Dopo la sconfitta di
Napoleone III a Sedan il 2 settembre 1870, l’Italia ebbe strada libera per
prendersi Roma. E lo fece dopo appena 20 giorni. Ma non prese San Marino.
Perché? La iniziativa sarebbe stata bocciata nel parlamento italiano,
contrariamente all’annessione di Roma deliberata nel plauso generale. Che
l’annessione di San Marino non sarebbe passata lo si deduce da quanto accaduto
nello stesso parlamento italiano due mesi prima, su una votazione riguardante
appunto San Marino.
Il tratto della
Rimini-San Marino fino a Dogana per l’Italia è ‘strada nazionale’. Nazionali,
per l’Italia, erano considerate le strade con traffico molto rilevante oppure
principale collegamento con Stato limitrofo. La
Rimini-Dogana fu inserita fra le ‘nazionali’ italiane nel 1870: il 16 luglio
alla Camera e l’11 luglio al Senato. E non per rilevanza di traffico ma come
principale collegamento con Stato limitrofo. Il Ministro dei Lavori Pubblici
l’aveva esclusa dall’elenco delle strade nazionali per irrilevanza del traffico
e non intendeva prenderla in considerazione come principale collegamento con
Stato limitrofo, per una ragione politica: evitare un riconoscimento esplicito
di San Marino come Stato indipendente. Ebbene i parlamentari italiani
contestarono il ministro, mettendo in primo piano proprio la valenza politica
della decisione, ricordando della Repubblica di San Marino “l’autonomia,
l’indipendenza, il rispetto che ispira, l’antichità, l’accoglienza accordata a
tanti esuli, chiamandola area santa protetta dalla spada di Dio”.
I parlamentari
l’ebbero di vinta. La Rimini-Dogana divenne strada nazionale italiana, appunto
come riconoscimento della sovranità sammarinese. L’Italia fra 1860 ed il 1870 è
passata dai propositi dell’annessione di San Marino al suo riconoscimento come
Stato Sovrano. Grazie a uno dei tanti capolavori della intellighenzia
sammarinese, che punteggiano il cammino del piccolo Stato. Detta intellighenzia,
con una sapiente azione di promozione del Paese basata su una divulgazione
accattivante della storia accompagnata da un comportamento esemplare, seppe
conquistare il cuore e le menti degli italiani, tanto da far assurgere, in meno
di dieci anni, la Repubblica di San Marino a modello – idealizzato – della
piccola patria cui essi avevano dovuto rinunciare con l’unificazione politica
della penisola.
Oggi abbiamo
bisogno di una operazione analoga presso tutti gli europei. Ricominciando dagli
italiani.
San Marino è il
luogo che, con l’istituto reggenziale, testimonia al mondo l’origine della
democrazia europea, come ebbe a dire Prodi. E pure l’Unesco lo ha riconosciuto
come tale inserendolo nella lista dei siti patrimonio dell’umanità. Per questa
ragione San Marino è in quell’elenco, Solo per questo. E c’è, ora, in
quell’elenco nonostante gli obbrobri paesaggistici prodotti dalla classe
politica al potere negli ultimi decenni, ignorante e cialtrona, la stessa che ha
indotto il Consiglio d’Europa a mettere San Marino nella lista degli Stati
inaffidabili notificandone la decisione – umiliazione nella umiliazione –
direttamente a Strasburgo al Segretario di Stato agli Esteri.
“A che serve
San Marino” è una domanda che non si vorrebbe sentire.
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