Articolo di Lionello Mancini. IlSole24Ore

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San Marino: «Pronti a trattare ma da Roma nessuno risponde»
di
Lionello Mancini

ROMA

«Il Governo italiano non ci parla. San Marino vuol collaborare, ha migliorato le sue leggi, ha modificato persino il codice penale, ha avanzato delle proposte. Ma da Roma nessuno risponde». Per lanciare l’allarme sulla prossima entrata in vigore del decreto incentivi che «determinerà di fatto un embargo» verso il Titano, sono scesi ieri a Roma ben quattro ministri sammarinesi: Antonella Mularoni (Esteri), Pasquale Valentini (recente new entry alle Finanze), Marco Arzilli (Industria) e Fabio Berardi (Turismo).
Va detto: i toni sono stati accorati e ben diversi da quelli baldanzosi di un anno fa, quando venivano sbandierati accordi bilaterali con Isole Faroe, Samoa o Groenlandia, a riprova di quanto gli italiani non capissero i grandi progressi internazionali di San Marino. Alcuni dati – già piuttosto evidenti – oggi sembrano più chiari agli stessi governanti: il Titano confina solo con l’Italia; l’Italia non si fida del Titano; lo scudo fiscale è costato 5 miliardi sui 12 di raccolta; va dismesso il segreto bancario che per decenni ha fatto da paravento all’evasione fiscale (e peggio) dell’Italia; infine, anche a San Marino esiste una piccola «economia sana», il che implica una qualche altra economia che non lo è, finora mai ammessa nonostante i casi clamorosi di nascondimento di denaro sul Monte emersi negli ultimi anni.
Il giovane Arzilli è quello che parla più chiaro: «Il decreto incentivi in vigore dal 1° luglio creerà difficoltà all’economia reale e sana di San Marino, quella che impiega circa 15mila dipendenti del settore privato, di cui 6.700 italiani. Se non ci sediamo attorno a un tavolo con l’Italia, si alzeranno delle barriere di operatività e questo sarà un danno per tutti». Arzilli si riferisce all’obbligo, per le imprese italiane, di comunicare mensilmente le operazioni con partner sammarinesi. Il tutto sotto l’occhio truce di Giulio Tremonti che ha minacciato: «Guai a chi non rispetterà quest’obbligo» il che significa avere la Finanza addosso in qualunque momento. Il timore dei ministri del Titano è che si affievoliscano i rapporti commerciali con un grave danno per il loro già provatissimo Pil (1,25 miliardi, il 30% del quale dal manifatturiero).

Ed è vero quanto affermato ieri dai quattro ministri a proposito delle leggi: per fare alcuni esempi, il 7 giugno sono state promulgate due leggi (98 e 99) che impongono alle società anonime di rendere nominative le azioni e depositare il libro soci; lo stesso per ogni altra società di capitali, mentre per le fiduciarie dovranno rispettare nuovi obblighi. Nel codice penale è stato introdotto il reato di falsa fatturazione e di «associazione per delinquere di stampo malavitoso».
Ma allora perché Roma non risponde alle sollecitazioni trattativistiche su scambio di informazioni e doppia imposizione? «La posizione italiana nei confronti di San Marino non è cambiata perché neanche la posizione di San Marino, nei fatti, è cambiata» dice un’autorevole voce del Tesoro. «Nei fatti»: ecco il punto. Lo stesso problema che ha avvertito il Moneyval, l’organismo antiriciclaggio, che a settembre manderà i suoi ispettori a verificare quanto San Marino abbia meritato di uscire dalla lista grigia dei Paesi non collaborativi; la stessa diffidenza che informa la Banca d’Italia dopo la spettacolare decapitazione della Banca centrale di San Marino a opera del governo (febbraio 2010); la medesima prudenza che ha improvvisamente colto persino il disinvolto sistema creditizio italiano, dopo il caso Delta-Cassa di Risparmio, la sequela di ispezioni agli sportelli delle aree limitrofe, compresa quella severissima alla Cassa di Risparmio di Rimini, tutt’ora in corso e che mira alle «opache relazioni» con il sistema bancario sammarinese.

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