Benedetto XVI a San Marino. Giacomo Galeazzi, La Stampa

Benedetto XVI a San Marino. Giacomo Galeazzi, La Stampa

Il Papa Benedetto XVl allo stadio di Serravalle, nell’ambito della visita pastorale alla diocesi di San Marino

 

A San Marino Benedetto XVI

mette in guardia dall’edonismo

 

GIACOMO GALEAZZI
Il “blitz” del Papa nella diocesi di San Marino-Montefeltro era atteso da tempo. Benedetto XVI voleva visitare la più antica repubblica del mondo che dall’alto del monte Titano domina Rimini e tutta la riviera romagnola. Una striscia di terra vitale, brulicante di giovani e di discoteche ma dove soffia sempre più forte il vento della secolarizzazione.
Ratzinger desiderava da tempo visitare San Marino anche per lasciare un suo segno. L’ultima volta che un Pontefice è stato da queste parti risale a ventinove anni fa. Giovanni Paolo II ammirò dall’alto il panorama mozzafiato, invocando la protezione di San Marino, lo scalpellino originario di una isoletta croata, ucciso sotto la persecuzione di Diocleziano. Karol Wojtyla non aveva davanti a sé problemi dissimili da quelli sui quali è stato chiamato a interrogarsi Papa Ratzinger. Giovani Paolo II s’interrogava sulle minacce alla libertà cristiana e concludeva che erano le visioni atee e agnostiche che rendevano sempre più evanescenti i valori di sempre, compreso quello della famiglia all’epoca intaccata dal divorzio.
Il vescovo Luigi Negri ha preparato i fedeli all’incontro organizzando veglie di preghiera e persino un pellegrinaggio a Loreto. Le attese per il viaggio del Papa ci sono state soprattutto tra i fedeli. San Marino è una chiesa locale che cerca di contrastare la mentalità secolarizzata ormai dominante. Cerca di riportare la gente nelle parrocchie, la gente a riscoprire la fede. Ma non è impresa facile. Oltre ai poster giganti che danno il benvenuto al Papa c’è anche un cartello enorme. Recita: “Lo sviluppo integrale dell’uomo ha bisogno di Dio”. La frase racchiude una delle raccomandazioni del Papa Teologo che nella sua predicazione invita a non mettere da parte la fede, a non relegarla in un angolo, pena il declino progressivo della società.
Le parole del Papa non sono state di circostanza. Il Papa teologo è salito sul Monte Titano per lanciare il monito al denaro che cancella l’etica. Nella capitale dell’off-shore Benedetto XVI mette in guardia dall’edonismo e dalla smania di potere che ottenebrano la mente e rischiano di annullare ogni moralità. Lungo il corteo papale occhieggiano ovunque sportelli bancari con nomi esotici e dal cuore del paradiso fiscale che prolifera attorno alla Rocca, Joseph Ratzinger tuona contro “la tentazione di ritenere che la ricchezza dell’uomo non sia la fede, ma il suo potere personale e sociale, la sua intelligenza, la sua cultura e la sua capacità di manipolazione scientifica, tecnologica e sociale della realtà”. Una mini-Repubblica resa opulenta dalle 12 banche e dalle 60 finanziarie spuntate come funghi negli anni Novanta tanto da insospettire l’Ocse e da meritare a San Marino l’etichetta di porto delle frodi a furia di società anonime, segreto bancario e 8 miliardi di depositi in forzieri rimpinguati anche da evasori italiani.
Ora che anche qui gli standard internazionali esigono trasparenza, il Pontefice invoca più etica nella finanza e ripropone l’allarme per il lavoro, in contemporanea con l’analogo grido dall’allarme del presidente della Cei. Nelle stesse ore in cui a Genova il cardinale Angelo Bagnasco avverte che “il problema dell’occupazione si è accresciuto” e che “sono giustificati i timori per il futuro”, il Papa ricorda i “giovani in crisi per la precarietà” e stigmatizza un potere immorale che lascia in affanno e senza prospettive le nuove generazioni. “Nell’attuale fase storica e sociale- raccomanda il Papa- non vanno dimenticate la crisi di non poche famiglie, aggravata dalla diffusa fragilità psicologica e spirituale dei coniugi”. La visita a San Marino offre al Pontefice l’occasione per mettere in rapporto la crisi del lavoro e l’affermarsi di un potere privo di moralità. All’origine del monito papale ci sono gli studi del Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace sullo “scandalo dei paradisi fiscali e delle banche off shore, che sono tante e diffuse».
A giudizio degli “sherpa” vaticani, i guasti di un sistema basato sull’idolatria del denaro e sull’egoismo oscurano la ragione e la volontà dell’uomo conducendolo su strade sbagliate. Nella bufera dei mercati, la crisi è l’occasione per ripensare l’economia tenendo conto delle esigenze di tutti gli strati della società. La linea della Santa Sede è che per uscire dalla palude occorre non solo riattivare i sistemi finanziari dei Paesi sviluppati ed emergenti, ma anche bloccare la volatilità dei capitali e lo scandalo dei paradisi fiscali e delle banche off shore. Con una critica a quelle nazioni che tuonano contro i paradisi fiscali ma, invece di sopprimerli, li ospitano e li adoperano. Benedetto XVI ha deciso di farsi carico del problema in una delicata missione aperta da uno scambio di telegrammi con Giorgio Napolitano. Ieri il presidente della Repubblica ha inviato al Papa un messaggio di auguri per la sua visita pastorale alla diocesi (per metà italiana e per metà straniera) di San Marino-Montefeltro, compiuta ad oltre un ventennio dal viaggio di Giovanni Paolo II in “un’antica Repubblica legata all’Italia dalle stesse radici storiche, che si riflettono nella comunanza dei valori e della cultura”.
Sul Monte Titano il Pontefice ha pronunciato parole chiare e inequivocabili, evidenziando anche la “fatica sperimentata da molti educatori nell’ottenere continuità formativa nei giovani, condizionati da molteplici precarietà, prima fra tutte quella del ruolo sociale e della possibilità lavorativa”. Una scelta netta, dettata dalla necessità di porre al centro dell’agenda politica il problema dell’occupazione e della precarietà. In un Paese come l’Italia in cui un giovane su quattro é senza lavoro, la Santa Sede e la Cei reclamano un’occupazione duratura e non precaria. Ma San Marino, Benedetto XVI riafferma anche la radici cristiane della civiltà perché qui “la fede ha rappresentato storicamente un collante tra le diverse etnie ed un elemento di civilizzazione”. Nella sua omelia davanti a 20mila fedeli il Papa ha ripercorso le vicende storiche della comunità e della chiesa di San Marino, ricordando le figure dei santi scalpellini Marino e Leone, “i quali alla metà del III secolo dopo Cristo sarebbero approdati a Rimini dalla Dalmazia” e a cui “é attribuita”, “l’evangelizzazione di questa terra”. Al di là delle questioni storiche, al Pontefice interessa affermare come “Marino e Leone portarono nel contesto di questa realtà locale, con la fede nel Dio rivelatosi in Gesù Cristo, prospettive e valori nuovi, determinando la nascita di una cultura e di una civiltà incentrate sulla persona umana, immagine di Dio e perciò portatore di diritti precedenti ogni giurisdizione umana. La varietà delle diverse etnie (romani, goti e poi longobardi), che entravano in contatto tra loro, qualche volta anche in modo molto conflittuale, trovarono nel comune riferimento alla fede un fattore potente di edificazione etica, culturale, sociale e, in qualche modo, politica.
“Era evidente ai loro occhi che non poteva ritenersi compiuto un progetto di civilizzazione fino a che tutti i componenti del popolo non fossero diventati una comunità cristiana vivente e ben strutturata”, afferma Joseph Ratzinger. A ragione, dunque, si può dire che “la ricchezza di questo popolo è stata una fede che ha creato una civiltà veramente unica”. Al giorno d’oggi, però, le sfide sono altre e “bisogna garantire ai rifugiati accoglienza e degne condizioni di vita, in attesa che possano ritornare in Patria liberamente e in sicurezza”. Anche la piccola Repubblica del Titano,infatti, sente la crisi economica, con calo delle imprese, aumento dei disoccupati, deficit di bilancio. Una situazione, quella relativa agli anni 2009-2010, che pesa su una popolazione residente di 31.850 abitanti, una parte consistente della quale ha ascoltato l’omelia del Papa incentrata anche sul tema della crisi e della precarietà. Il territorio, con un tessuto di piccole e medio imprese, vede nel turismo una risorsa importante, con oltre 2 milioni di turisti l’anno. Sulla lettura della situazione incide anche la valutazione che arriva dal Titano rispetto ad alcune misure disposte dall’Italia. Tra gennaio 2009 a maggio 2010 si è registrato un calo di 233 imprese manifatturiere, servizi e commercio. Nel corso del 2009 i lavoratori dipendenti sono diminuiti di 234 unità (-1,2%) e quelli autonomi di 52 unità, scendendo a quota 1.978 (-2,6%). Il 2010 ha continuato a far registrare questa tendenza. I volumi dell’interscambio tornati ai livelli 2005. Nel 2009 l’export è sceso del 17,1% sul 2008. E nel primo trimestre 2010 il calo è stato dell’11,2% rispetto allo stesso periodo 2009. Per quanto riguarda l’import, il 2009 si è chiuso con una contrazione del 18,4% su base annua, a cui si aggiunge un ulteriore -9,9% nel primo trimestre dello scorso anno. In termini di finanza pubblica l’attuale congiuntura si è tradotta (a partire dall’esercizio 2009) in un disavanzo di circa 41 milioni di euro e attorno ai 70 milioni per il 2010. Sul deficit pesa il calo delle entrate, comprese quelle fiscali, stimato in termini lordi in circa 200 milioni di euro dal 2008 a oggi. E non mancano le polemiche. Le autorità sanmarinesi lamentano che alla situazione di crisi si siano sovrapposte incertezze derivanti da alcuni atti decisi dall’Italia in relazione ai rapporti economici italo-sanmarinesi. Tra questi la mancata firma dell’accorso contro le doppie imposizioni, che secondo il Titano ha lasciato aperte una serie di incertezze operative tra le imprese dei due Paesi e ha contribuito al mantenimento di San Marino nella cosiddetta black-list fiscale delle persone fisiche. Anche lo scudo fiscale, secondo San Marino, ha comportato una flessione della raccolta bancaria per circa un terzo del suo valore complessivo. Critiche arrivano anche al cosiddetto decreto incentivi, che avrebbe aggravato l’incertezza nei rapporti economici tra i due Stati, facendo scendere i fatturati dell’industria sanmarinesi verso l’Italia.

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