Perché il Governo vuole realizzare il secondo pilastro pensionistico proprio ora che il Paese attraversa una crisi di cui non si intravedono conseguenze né durata?
Come può sostenere che un secondo pilastro a capitalizzazione, investito nel mercato finanziario, sarà il futuro delle pensioni dei lavoratori, quando il crak finanziario ha bruciato i risparmi di una vita di milioni di lavoratori nel mondo?
Perché vuol portar via l’indennità di licenziamento ai lavoratori, ora che gli stipendi perdono potere d’acquisto e si fatica ad arrivare a fine mese? Ora che il posto di lavoro non è più sicuro!
Si deve smettere di piegare le esigenze collettive sugli interessi di chi potrebbe gestire gli eventuali fondi – per i quali si dice siano già state rilasciate le concessioni – e creare ammortizzatori sociali che rispondano a queste esigenze.
Finita l’illusione di guadagni facili con investimenti sicuri (chimera che da tempo Sinistra Unita denuncia), ora siamo coscienti che il secondo pilastro renderà meno di un eventuale accantonamento di cifre simili nel già esistente fondo pensioni pubblico.
Se il Governo volesse davvero fare una riforma a tutela dei futuri pensionati, dovrebbe riconoscere le ragioni che hanno originato i disavanzi, cioè:
– i pensionati che grazie alle distorsioni della precedente legge (erano gli anni ‘90), percepiscono pensioni non maturate, dovranno contribuire in misura maggiore attraverso la cosiddetta “solidarietà di ritorno”;
– altrettanto si dica per le cosiddette “pensioni d’oro”, perché si presuppone che chi ne gode abbia potuto accantonare un maggior risparmio durante la vita lavorativa;
– modificare l’ultima legge del lavoro (131/2005), che permette tipologie contrattuali non tenute al versamento di contributi (tipologie condannate dalle Nazioni Unite);
– contrastare il lavoro nero, con cui il datore non versa contributi ai suoi dipendenti;
– realizzare una riforma fiscale che faccia emergere e tassi adeguatamente i redditi reali, anche alla luce degli impegni assunti da San Marino nei confronti di Italia, Unione Europea e Ocse;
A nostro avviso si deve potenziare l’attuale primo pilastro, correggendolo in modo che si mantenga in equilibrio, mantenendo il principio di solidarietà (anche di ritorno). La crisi di “cassa” del nostro sistema previdenziale non può essere affrontata con leggerezza, non alla luce dell’attuale crisi finanziaria internazionale che ha indotto non solo Sinistra Unita, ma anche esperti non certo affini come Tremonti, a parlare non di una crisi congiunturale transitoria ma “della fine di un sistema”!
Non si possono condannare i giovani (e non solo) a lavorare più anni, con stipendi inferiori, l’aspettativa di pensioni irrisorie, e allo stesso tempo obbligarli a finanziare coi loro contributi pensioni d’oro non sempre maturate. Uno stato civile, non fa pagare ai figli le colpe dei padri.
Il gruppo lavoro e previdenza di Sinistra Unita
Responsabile Roberto Ciavatta 338 6537340