Conosco a memoria le tangenti di Galan. Sandra Amurri, Fatto Quotidiano

Conosco a memoria le tangenti di Galan. Sandra Amurri, Fatto Quotidiano

Fatto Quotidiano

Conosco a memoria le tangenti di Galan. Sandra Amurri, Fatto
Quotidiano

(da blitzquotidiano.it)

“Voglio parlare con i magistrati, sono state le mie prime parole. Ah, se l’avessi fatto due anni prima invece di lasciarmi terrorizzare da Piergiorgio Baita (l’ex presidente della Mantovani, ndr)! Gli dicevo: non ce la faccio più vado in Procura e lui: ma sei matta? Mi sentivo dentro un film dell’orrore. Un giorno ci disse che era pronta la richiesta di arresto per lui ma ci nascose che era pronta anche per noi, temeva che avremmo vuotato il sacco”. Disse a chi? A me e a Nicolò Buson (direttore finanziario della Mantovani, ndr). Solo dopo seppi che aveva ricevuto in anticipo l’ordinanza. Lui era certo di farla franca. Forse perché sapeva che un anno prima la richiesta di arresto era stata rigettata dal gip (non l’attuale gip Alberto Scaramuzza)? Non so, forse, di certo contava sulla rete di controspionaggio che aveva messo in piedi, costo 6 milioni di euro. Il 4 marzo, mio primo interrogatorio: quando il pm diede atto dei presenti saltai sulla sedia al nome del maggiore della Guardia di finanza, Bolis. Nome che avevo sentito fare da Baita. Il pm Ancillotto mi tranquillizzò: il maggiore Bolis lì presente era il fratello di quel capitano che aveva effettuato l’ispezione alla Mantovani, trasferito a San Severo perchè non si era piegato a Baita. Punito perchè integerrimo? Sì. Un gruppo eroico che ha scoperchiato un sistema guardandosi le spalle anche dagli stessi vertici. A rivelare il fatto ed il nome dell’ufficiale trasferito ai pm sarà Mirco Voltazza, faccendiere di riferimento di Baita. La colpa di Bolis, secondo Baita, era di essere stato troppo zelante nella conduzione della verifica fiscale. Ora Baita è l’orco però lei eseguiva i suoi ordini. È vero, ma lui era il deus ex machina. C’è un tempo per sbagliare e uno per ravvedersi, la mia è una scelta definitiva, che avrei voluto fare nel 2011 denunciando Colombelli (ex console di San Marino, ndr) per aver stipulato un contratto falso tra me e la sua Bmc come procacciatrice di clienti falsificando la mia firma. Baita mi disse: allora sei pazza così viene fuori tutta la storia. La corruzione è capillare: tutti sono in vendita, la differenza la fa il prezzo. Ghedini dice che è una millantatrice: a Colombelli lo legava la passione per i motori. Io c’ero a cena a casa sua con Colombelli quando disse a Galan che avrebbe potuto sfruttare la ditta di Colombelli anche per finanziare le campagne elettorali in Veneto e Colombelli spiegò a Galan il sistema della sovraffaturazione. E a sua volta Galan presentò Colombelli a Baita? Mandò me a presentarglielo e a spiegargli il sistema. Ero presente quando Colombelli riceveva le telefonate di Ghedini, si frequentavano da 20 anni, mi raccontava che andavano insieme anche da Berlusconi a Villa San Martino.
Fu Ghedini a fargli avere un contratto alla Garelli motorini di Paolo Berlusconi. La Regione Veneto aveva firmato un protocollo d’intesa con San Marino che prevedeva la nomina di Colombelli a console, a disposizione di San Marino per il Veneto, e fu proprio Ghedini ad intercedere presso il Ministero degli Esteri per ottenere il nulla osta. Lei per anni è stata l’ombra di Galan. Finchè non mi ha cacciata su richiesta della moglie. Però, poi l’ha sistemata ad Adria Infrastrutture della Mantovani. Più che per riconoscenza credo che lui e Baita lo abbiano fatto per il terrore che parlassi. Chissà quante ne ha raccontate ai pm di Galan… Sono stata al suo fianco fino al 2005, tutti fatti prescritti. Ma che restano rilevanti. Sapeva che Galan prendeva le tangenti? Sì, certo me lo confidava lui e chi gliele dava. E chi gliele dava? Imprenditori vari, ho fatto i nomi ai magistrati. Durante una campagna elettorale gli portai io una busta consegnatami da Baita. Ha mai saputo di soldi a Gianni Letta? Baita in alcune occasioni mi disse che bisognava preparare la provvista per Mazzacurati che doveva andare a Roma. La provvista era il nero delle fatture false della Bmc? Sì, ma non solo, credo ce ne fossero altre. Una volta mi disse che erano anche per l’allora ministro Tremonti per il tramite di Marco Milanese. Lei è stata la prima a svelare il sistema, ha paura? Come negarlo? Ho subito minacce, cercano di fare terra bruciata anche a persone a me care. Chi l’ha minacciata? Ero agli arresti domiciliari, una mattina si è presentata una pattuglia della polizia con due agenti. Uno dopo avermi chiesto i documenti ha iniziato a farmi domande intimidatorie: “I vetri di questa veranda sono blindati?”. No. “Ma lei vive da sola non ha paura?”. E mentre scrutava le telecamere chiedeva: “Ha un sistema di allarme?”. Quando se ne sono andati ho informato la procura. Del mio controllo era stata incaricata la Guardia di Finanza, non la Polizia”.

 

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