David Oddone di La Tribuna Sammarinese: Il Giudice sgretola le certezze della difesa di Claudio Podeschi

David Oddone di La Tribuna Sammarinese: Il Giudice sgretola le certezze della difesa di Claudio Podeschi

La Tribuna Sammarinese (30 giugno 2016)

Il Giudice sgretola le certezze della difesa di Claudio Podeschi. Il legale ribatte: “Romanzo di fantascienza” 

 David Oddone

 Il commissario della legge inquirente ha attenuato le misure cautelari a carico di Biljiana Baruca e Claudio Podeschi. Entrambi potranno allontanarsi dal territorio per ragioni di lavoro e – nel caso delle Baruca – per recarsi presso l’istituto frequentato dal figlio. La permanenza all’estero, non potrà protrarsi oltre le 12 ore e comunque entrambi saranno sottoposti a obbligo di firma presso le forze dell’ordine prima dell’uscita e al rientro a San Marino. Diciamo immediatamente che l’attenuazione delle misure cautelare arriva solo ed esclusivamente perché il magistrato ha delineato l’intero quadro probatorio. Le 67 pagine di ordinanza rappresentano un vero e proprio macigno sia per gli indagati, che per lo stesso Paese. Vengono smontati, documenti alla mano, tutti i teoremi difensivi sin qui proposti, dando una nuova dimensione anche al processo per la cosiddetta “Tangentopoli” diverso, ma legato a filo doppio a quello che andiamo a raccontare quest’oggi. Non solo: l’autorità giudiziaria nel rappresentare il possibile inquinamento probatorio quale ulteriore barriera per togliere ogni residua misura cautelare a carico dei prevenuti, parla senza mezzi termini di prove artefatte. La dimostrata capacità di mantenere e ripristinare, anche in tempi avversi, contatti e rapporti, anche grazie alla complice assistenza di professionisti, va tenuta in considerazione al fine di modulare le residue cautele. Nell’ordinanza viene altresì rimarcato come a questo riguardo appaia significativa l’opera di creazione a tavolino di prove documentali prodotte allo scopo di trarre in inganno il giudice. Ciò costituisce concreta realizzazione di quell’inquinamento probatorio che, non è solo potenziale, ma che si connota per la sua attualità ed effettività. I prevenuti, attraverso i contatti di cui dispongono hanno continuato a riversare negli atti prove artefatte così da depistare e ostacolare le indagini.

 

La corruzione di Podeschi

Secondo l’accusa Phua ha versato a Claudio Podeschi, allora Segretario di Stato alla Sanità, tangenti per un totale di 1.991.000 euro, perché, quale membro di governo, si adoperasse affinché il Congresso di Stato conferisse allo stesso Phua la carica di ambasciatore in Montenegro e il relativo passaporto diplomatico; rinnovasse alla scadenza l’incarico (e il passaporto) diplomatico in Montenegro e nominasse Phua ambasciatore a Macao; si adoperasse per la realizzazione di un Aman resort con annesso casinò in territorio sammarinese. All’atto del conferimento dell’incarico diplomatico in Montenegro, Claudio Podeschi riceveva, tramite la Clabi ltd, 1.251.000 euro, che versava in parte sul suo conto personale (751.000 euro) e in parte sul conto di Baruca Biljana (500.000 euro).   Contestualmente all’avanzare delle trattative per la realizzazione dell’albergo-casinò, riceva, tramite la RP s.r.l., 240.000 euro che gli venivano corrisposti da Sinisa Ivancevic, per conto di Phua. In occasione del rinnovo del passaporto, a fronte della promessa di un ulteriore concomitante incarico diplomatico a Macao, riceveva tramite R.P. s.r.l., la somma di 500.000 euro da Phua che veniva accreditata attraverso la società montenegrina First Financial Holding d.o.o.

 

I Junket di Macao

Sulle accuse a vario titolo di riciclaggio, corruzione e auto riciclaggio secondo gli inquirenti non possono residuare dubbi sull’origine criminosa dei fondi provenienti dalla Black Sea Pearl-Clabi Ltd, società estere utilizzate secondo gli inquirenti da Phua per fare transitare i soldi delle tangenti a Podeschi. Nel gennaio 2011, si assiste al trasferimento di 2.500.000 euro provenienti dalla Black Sea Pearl Ltd, una società riconducibile a Paul Phua, con “sede” nelle Isole Vergini Britanniche. L’ingente somma era destinata a confluire nelle tasche di Claudio Podeschi e di Baruca Biljana, tramite lo schermo di “Clabi Ltd”. I fondi movimentati costituiscono il provento di reati e sono stati riciclati attraverso i junket di Macao. I junket, nel sofisticato sistema che ruota attorno ai casinò di Macao, sono coloro che promuovono i casinò. Si occupano di reclutare – per lo più in Cina – i grandi giocatori (gamblers), organizzano il viaggio per ciascuno di loro e, soprattutto, mettono a loro disposizione una “linea di credito” appena approdano a Macao. Sono i junket ad occuparsi del recupero crediti e ad assumersi i relativi rischi, anche perché in Cina il gioco è vietato per legge. Pertanto non è possibile rivolgersi ad un giudice per chiedere il pagamento dei debiti di gioco. È il junket, dunque, a garantire la solvibilità del cliente che, dunque, può fare giocate anche molto elevate, senza disporre dei fondi necessari. Nel caso concreto, l’imponente flusso di denaro depositato sui conti svizzeri (che, in soli due anni, è stato di circa 200 milioni di dollari) proviene, senza ombra di dubbio, dai junket di Macao. Il dato emerge senza equivoci dalle dichiarazioni che le banche hanno ricevuto dagli stessi clienti (tramite i loro referenti). L’enorme ammontare impedisce di ricostruire con specificità l’origine della “porzione” confluita sui conti della Clabi. Sui conti svizzeri delle “società di soluzioni di pagamento” (e, segnatamente, su quelli della Black Sea Pearl) sono stati accreditati bonifici esteri da parte di terzi – i junket). I fondi venivano poi trasferiti con causali fittizie quali “pagamento dei dividendi” o “contratto di finanziamento (loan agreement)”. Da queste modalità operative, l’Autorità giudiziaria svizzera ha desunto che, evidentemente, “queste società di soluzioni di pagamento rappresentano una sorta di scudo di protezione per i soggetti chiave e inoltre attraverso la ‘messa in comune’ dei soldi nelle società di soluzione di pagamento l’origine e i retroscena dei fondi trasferiti poteva essere tracciato solo con estrema difficoltà”.

 

Il Giudice smonta una ad una le tesi difensive

Insomma emerge con chiarezza come contrariamente alla versione offerta dai difensori, l’Autorità giudiziaria elvetica non ha mai accertato, né affermato, la liceità dei flussi finanziari e della loro origine. Al contrario ha indicato a chiare lettere l’illiceità delle movimentazioni. Si evince infatti che le indagini, aperte sulle movimentazioni dei conti presso le banche con cui operavano i clienti asiatici, hanno dimostrato che vi è stato il trasferimento di grandi volumi di denaro, la cui origine, il beneficiario effettivo e gli scopi reali vengono dichiarati contrari alla legge. Ciò nonostante, ha ritenuto di non poter proseguire le indagini sul presupposto che le autorità estere non avrebbero risposto alle richieste di collaborazione giudiziaria, proprio perché trattasi di indagini complessissime dove diventa difficilissimo inseguire i flussi di danaro. Proprio l’aver operato contestualmente in più paesi, attraverso una variegata gamma di società e persone fisiche, costituisce elemento che, lungi dall’indebolire l’ipotesi accusatoria, sorregge la prova circa l’elemento soggettivo. Secondo il giudice sammarinese insomma Phua e i suoi accoliti hanno agito con la piena consapevolezza circa le difficoltà opponibili ed effettivamente frapposte alle acquisizioni documentali in via rogatoriale. A ciò si aggiunga la predilezione per Paesi ove è più rigoroso il segreto bancario e meno efficace il sistema di presidi anti riciclaggio.

 

Dalla Svizzera agli Usa: le cose non cambiano

Ma passiamo virtualmente dalla Svizzera, agli Usa. Oltre che per il vastissimo patrimonio, Paul Phua è noto a tutti come un giocatore professionista di poker e come il più grande bookmaker al mondo. Ha navigato l’intero globo su jet privati e ha movimentato e investito miliardi di dollari. Phua è stato più volte accusato di gestire scommesse sportive illegali, di corruzione, di appartenere a organizzazioni criminali quali la Triade 14k di Hong Kong e di riciclaggio. Alcuni dei procedimenti a suo carico si sono conclusi con provvedimenti di archiviazione che, impregiudicato il merito, hanno statuito l’improcedibilità solo ed esclusivamente per vizi investigativi o per un difetto probatorio. I legali di Podeschi-Baruca hanno sempre puntato la propria linea difensiva sul fatto che sia l’autorità svizzera, che quella statunitense, avessero archiviato i vari procedimenti penali e che dunque neppure a San Marino si potesse procedere. Tesi queste che l’inquirente sammarinese smonta pezzo per pezzo.

 

Il mercimonio degli incarichi diplomatici

Nella lunga, tecnica e articolata ordinanza del magistrato inquirente trova posto anche una parte dedica a quello che viene definito il mercimonio degli incarichi diplomatici. Podeschi, infatti secondo l’accusa, era solito usare il proprio ruolo “pubblico” per prospettare interventi a favore di uomini d’affari e faccendieri di ogni risma. In tal modo è riuscito ad indurre imprenditori e intermediari a versare imponenti somme di denaro in vista di “investimenti”, tutti miseramente falliti o neppure avviati. Il conferimento della carica di ambasciatore a Phua è emblematico di come, per anni, importanti cariche diplomatiche abbiano costituito una sorta di onorificenza concessa a persone vicine a questo o quell’esponente politico. Gli inquirenti si domandano a questo proposito quale sia stato il criterio utilizzato per scegliere il cittadino malese quale “rappresentante” della Repubblica di San Marino all’estero, nonostante le notizie di stampa dessero conto di “precedenti” legati alle scommesse clandestine risalenti al 2004. I meriti sono così imperscrutabili da rendere evidente – secondo l’accusa – che ad essere determinante fu la presentazione fatta dal Segretario di Stato “proponente”, ossia Claudio Podeschi e, soprattutto, il pagamento a favore di quest’ultimo di una cospicua fetta di quei 2.500.000 euro accreditati sul conto corrente sammarinese della CLABI Ltd.

 

Un caso emblematico: l’arresto di Phua a Macao

Non a caso, dopo che Paul Phua venne arrestato a Macao, il figlio Darren si adoperò per garantire che il padre fruisse dei privilegi propri dei diplomatici. A tal fine contattò Petros  Stathis, il quale offrì l’assistenza dei propri amici potenti. Tra l’altro assicurò che, all’occorrenza, si sarebbe attivato col “Primo ministro” o con il “Segretario di Stato per gli affari esteri” di San Marino. L’arresto si risolse per il meglio, perché – come emerge dalle intercettazioni telefoniche – «the one who arrested Paul is a friend of Paul and they are negotiating now. Hopefully they want money only» (Darren Phua), ovvero “colui che ha arrestato Puah è un amico, stiamo negoziando speriamo vogliano solo soldi”. Ogni ulteriore commento appare superfluo. Pochi giorni dopo, con l’aiuto del passaporto diplomatico sammarinese, Phua poté lasciare Macao a bordo del suo jet privato alla volta del Nevada.

 

La Segreteria agli esteri

Il Giudice sammarinese sintetizza il concetto in maniera eloquente quando riferendosi a Podeschi mette nero su bianco come egli realizzi la forma più subdola del mercimonio attraverso l’asservimento più o meno sistematico della funzione pubblica agli interessi del privato, ponendosi “a libro paga” di Phua, di cui ha assecondato ogni aspirazione illecita. Podeschi ha svenduto la funzione non solo propria, di membro del Congresso di Stato (che collegialmente delibera il conferimento degli incarichi diplomatici), ma anche quella del Segretario degli Affari Esteri. Podeschi – prosegue l’ordinanza – avvalendosi dell’autorevolezza e del peso derivante dalla carica da lui ricoperta, ha inciso nella sfera di attribuzione del Segretario agli Esteri, così da indurloo a compiere o omettere atti (il conferimento e il rinnovo dell’incarico di ambasciatore è avvenuto sulla base di una istruttoria compiuta in realtà da Podeschi) rispetto ai quali Podeschi avrebbe dovuto rimanere estraneo, prima ancora che imparziale. Le erogazioni di denaro che Phua, direttamente o tramite terzi, ha elargito a Podeschi erano finalizzate a garantire che questi intervenisse per condizionare l’operato di altri congressisti e dei funzionari pubblici. Non risulta tuttavia che i Segretari agli Esteri che si sono avvicendati nella carica (negli anni in cui Phua è stato ambasciatore) abbiano tratto vantaggi personali. Né vi sono elementi per ritenere che gli stessi fossero consapevoli della retribuzione promessa e ricevuta da Podeschi, il quale – come già detto – fu il reale e unico proponente della nomina.

 

L’attività imprenditoriale “nulla” o quasi di Podeschi

Dal canto proprio i difensori di Podeschi-Baruca adducono l’insussistenza dell’accusa di riciclaggio in quanto “nessun elemento, ad oggi, neppure dopo diversi mesi di indagine e di approfondimenti investigativi posti in essere anche a livello internazionale, risulta essere emerso a fondamento della circostanza che i fondi movimentati o comunque accreditati sui conti dei prevenuti siano provento di attività illecite. Di più: nessun elemento, a maggior ragione, risulta allegato al fascicolo del presente procedimento a sostegno della consapevolezza da parte dei prevenuti di una presunta provenienza criminosa dei fondi movimentati. Anzi di più: dagli atti allegati dal fascicolo processuale dalla difesa emergono, a contrario, elementi a sostegno del fatto che, quanto ricevuto dai prevenuti fosse assolutamente lecito e regolare in forza di regolari contratti”. Sul punto arriva l’ennesima “sportellata” alle tesi difensive da parte del Giudice che, carte alla mano, rileva come a fronte delle imponenti movimentazioni finanziarie operate tramite numerose società, fondazioni e imprese varie, nessuna attività ha mai avuto un andamento regolare. Anche la R.P. che, tra tutte, è stata la più alta espressione della capacità imprenditoriale di Podeschi & soci, aveva tre soli dipendenti, che se ne erano andati, uno perché non veniva neppure pagato.

 

Per la difesa l’ordinanza del Giudice è “fantascienza”

Un quadro insomma che oggi appare granitico, con accuse gravi e circostanziate. Abbiamo provato a chiedere all’avv. Stefano Pagliai del foro di Firenze un commento rispetto a quanto emerso: “Ci pare una forzatura sia sotto il profilo processuale che sotto il profilo sostanziale. Appare chiaro il tentativo di sminuire quanto finora emerso dal processo dibattimentale pendente dinanzi a Felici ripercorrendo gli stessi identici fatti contestandoli in modo diverso. Il processo non sta producendo quel che ci si aspettava e questo escamotage ne è la riprova. Quello che era un riciclaggio ora diventa una corruzione e si riparte con i romanzi di fantascienza. La corruzione avrebbe riguardato atti di rilascio di nomine diplomatiche che sono competenza collegiale del Congresso di Stato. Peccato, però, che si indaghi il solo Podeschi. Gli altri segretari di Stato, nella rappresentazione degli Inquirenti, sarebbero dei pupi in mano al puparo. Davvero a San Marino persone con la carica di ministri non si accorgevano di nulla e nulla sapevano? Come al solito si pensa che Podeschi debba fare – lui solo! – da capro espiatorio rispetto a quello che si ritiene un lato oscuro del sistema San Marino in un certo periodo storico. Mi permetta poi una notazione assolutamente chiara e ferma: si accusa la difesa di aver prodotto prove artefatte per depistare le indagini con riferimento alle dichiarazioni sottoscritte da due imprenditori. Se le si ritengono false perché non li si è sentiti per chieder loro conferma o meno di quanto dichiarato? La difesa non ha questo potere, il Tribunale di San Marino invece sì. Riteniamo gravissimo un tale tipo di illazione – non supportato da alcun elemento concreto – che mette in dubbio la correttezza e la professionalità di chi svolge il delicato ruolo di difensore con tenacia e costanza ma sempre nel rigoroso rispetto delle regole. Ma non ci faremo ovviamente né intimidire né condizionare. Indossare una toga significa anche e soprattutto questo: tenere la schiena dritta a presidio dei diritti e delle garanzie del cittadino”.

 

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