Controproposta sindacale alla manovra straordinaria

Controproposta sindacale alla manovra straordinaria

SAN MARINO 15 LUGLIO 2010 – Manovra economica: la bussola deve essere l’equità. Tradotto in parole semplici: comincino a fare i sacrifici chi ha tre case, barche da 12 metri e viaggia in Ferrari. Così Gianluigi Giardinieri (CDLS) alla vigilia dell’incontro con il Governo sulle misure anti-crisi.

“Basta con il chiedere i sacrifici sempre alle stesse persone, ai lavoratori dipendenti ed ai pensionati. E’ una strada a senso unico che non porta da nessuna parte se non quella di aggravare la già difficile situazione del cittadino normale”, afferma Giardinieri sulle colonne del Resto del Carlino nell’edizione di oggi.

Dalla fermezza con cui sostiene le sue tesi si intuisce che il sindacato ha già la sua medicina? “Semplicemente diciamo che é ora che siano i grandi patrimoni a pagare. Chiederemo all’esecutivo di dimostrare il coraggio necessario ad un intervento deciso sui grandi patrimoni, sui redditi sommersi, su chi continua ad eludere l’imposizione fiscale, intervenendo anche sui tanto diffusi benefit economici e materiali. Iniziamo con il tassare gli immobili sfitti: ce ne sono a migliaia in territorio. In un colpo solo due vantaggi: dare casa a prezzo equo a chi ne ha bisogno, tassare chi invece non sente la necessità di incassare affitti”.

“Poi, diamo un’occhiata – continua – all’ingente parco delle auto di lusso: è ormai necessario pensare ad una addizionale su questi beni. Inoltre la ‘voce beni strumentali’ nei bilanci delle aziende, con tutte le detrazioni che ne derivano, è corretto che includa barche di oltre 12 metri o Ferrari e Lamborghini? Infine, il taglio generalizzato della Monofase serve solo ad alcune categorie, se si vuol aiutare veramente il cittadino inseriamolo come ulteriore sconto nella Smac Card”.

La battaglia dichiarata del sindacato è contro l’iniquità dei sacrifici: “Sicuramente non la si ottiene cercando solo quella fra dipendente pubblico e dipendente privato. Oppure utilizzando le debolezze croniche del frontalierato, purtroppo utilizzato come strumento di pressione politica per superare l’impasse sul piano diplomatico e politico.Troppo facile scaricare ancora una volta i costi della crisi su lavoratori e sui ceti più deboli”.

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