Cridito ai giovani

Cridito ai giovani

Giovani, diamogli credito

Quando si vuole definire la categoria dei giovani è un po’ come quando ci si vuole definire nordici: si trova sempre qualcuno che abita più a sud di dove abitiamo noi ((per un italiano di Bolzano è terrone uno di Trento, per uno di Trento uno di Verona, per uno di Verona uno di Firenze, per uno di Firenze uno di Roma, per uno di Roma uno di Napoli, e così via). Gli australiani non hanno terroni e quindi se la sono presa con gli aborigeni.
C’è sempre qualcuno più giovane di noi. A sedici anni il fratellino più piccolo, a venti la sorella adolescente, a trenta il fratello di vent’anni, a quaranta la sorella di trenta, a 90 l’amico di 85.
E allora chi sono giovani? Tanto più che oggi, con i problemi di lavoro, con gli studi che si protraggono fino ad età quasi matura, con i problemi del caro vita e degli alloggi, è facile che ci siano giovani anche sopra i 30, ancora ben piazzati nella casa paterna. E’ uno dei maggiori paradossi delle nostre società occidentali: far crescere troppo presto i bambini, incoraggiandoli al contempo a restare adolescenti il più a lungo possibile.
Certo è che, al di là dell’età anagrafica, la categoria giovanile presenta comunque caratteristiche abbastanza individuabili. I ragazzi in età post adolescenziale manifestano diverse fragilità pur restando aperti, disponibili e generosi. Non sono più prigionieri delle ideologie, come le generazioni precedenti. Aspirano a rapporti autentici, ma non trovandoli nella realtà, sperano di scoprirli dentro di sé. Ma sono anche in cerca delle ragioni di vita sui cui costruire la propria esistenza. Purtroppo, in una società che, per diverse ragioni, coltiva il dubbio e il cinismo, la paura e l’impotenza, l’immaturità e l’infantilismo, alcuni giovani tendono ad aggrapparsi a modalità di gratificazione primarie e hanno difficoltà a diventare maturi. Per questo sono vulnerabili, fragili, insicuri e perdono facilmente di vista gli obiettivi veri.
Ma è anche per questo che il mondo degli adulti deve loro qualcosa in più rispetto a quello che ha fatto (o non fatto) finora. Innanzi tutto bisogna fare in modo che abbiano fiducia in se stessi e dare loro tutti gli strumenti perché imparino ad andare con le loro gambe, a pensare con la loro testa. Non è perché sono giovani che devono essere considerati degli stupidi!
E’ comunque il mondo adulto che decide, quindi occorre facilitare la comunicazione tra questi due mondi. Occorre offrire e facilitare l’uso di spazi in cui i giovani ed i gruppi giovanili possano avviare propri progetti e iniziative, favorire l’associazionismo giovanile o di chi opera con i giovani, portare il mondo giovanile al centro delle riflessioni e delle scelte del territorio (rimarremmo davvero stupiti a sentirli cosa pensano del nostro Paese e apprendere da loro come dovrebbe cambiare), favorire la loro partecipazione all’attività politica e amministrativa, trovare percorsi di collaborazione per facilitare l’attuazione di loro progetti, promuove le loro produzioni culturali (musica, teatro, poesia, graffiti, arti visive, ecc.).
Tutto questo sembra quasi banale e scontato, invece è ben lungi dall’essere una realtà. Non è facile ascoltare i giovani, quasi che il loro linguaggio fosse quello di un altro pianeta. Ed è quindi difficile creare per loro delle vere prospettive di sviluppo. Hanno idee strane, a volte talmente avanzate che non riusciamo a capirle, o non abbiamo tempo per ascoltarle perché il sistema viaggia su altri registri. Cambiamo registro, diamo loro mezzi e strumenti per esprimersi, e di sicuro sapranno migliorare sia la società, sia il suo sistema.

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