D. Gasperoni, intervento di presentazione di ‘Storia dell’amministrazione sammarinese’ alla Reggenza

D. Gasperoni, intervento di presentazione di ‘Storia dell’amministrazione sammarinese’ alla Reggenza

 

                                            
Presentazione  alla Reggenza del
libro  “Storia dell’amministrazione sammarinese”  di Domenico Gasperoni

        
Intervento di Gasperoni:

Ecc.mi Capitani Reggenti

Signor Segretario di Stato

Sono onorato della opportunità che
mi è stata data 
di  presentare e illustrare brevemente la mia
ricerca sulla storia centenaria della amministrazione Sammarinese

       
  Nei miei trenta anni di impegno professionale, credo di aver
amato l’amministrazione e di averla anche conosciuta. Ma quando una cosa ci è
cara,desideriamo conoscerla più in profondità. E’ quanto è successo a me
in  questo sereno periodo di pensionamento. Ho così dedicato tre anni per
indagare e capire. Non è stata  una fatica, come in genere usa dire un
autore quando  parla di un proprio libro. E’ stato un piacere perché nel
lungo percorso di questi ultimi cento anni mi sono ritrovato come a casa, è
stato come sfogliare un vecchio album di famiglia. Purtroppo noi sammarinesi, forse
per pigrizia, non siamo molto attenti nel rintracciare le radici del nostro
passato, come del resto non brilliamo di energia per progettare il futuro.
Preferiamo essere prigionieri del presente e delle sue difficoltà. Ho cercato
di riempire una carenza di memoria storica, che attiene all’organizzazione dei
servizi dello Stato, per tracciarne l’evoluzione, in parallelo al settore
istituzionale che può vantare una abbondante e preziosa letteratura.

 Per il destino della
amministrazione, conoscerne il percorso compiuto fino a noi è come 
compiere un’anamnesi famigliare,indispensabile  per fare una più
scientifica diagnosi  e capire  quella di oggi e preparare con più elementi
di qualità,  una terapia per la sana crescita della amministrazione
futura.

La mia ricerca non è uno studio di
diritto amministrativo, ma un racconto quasi quotidiano del lavoro compiuto
prima di noi per 
riqualificare l’amministrazione.

Il lettore potrà trovare un testo
piuttosto severo e critico verso quello che si è fatto o non si è fatto in
campo amministrativo.

 Le carte che ho
pazientemente interrogato danno un quadro di molti tentativi, spesso falliti
o  comunque con esiti riformatori minimi.

Tuttavia va riconosciuto alle
autorità politiche, alle forze sindacali rappresentanti degli stessi
impiegati,il merito di averci provato. Ogni governo si è preoccupato del
funzionamento dell’apparato pubblico, ha tentato la sua riforma.

L’amministrazione ha avuto nella
storia, e anche oggi, due destini opposti: essere un peso, un costo sulla
collettività 
oppure essere una risorsa, un alleato dei cittadini,
vorrei dire di più, uno strumento a servizio della democrazia.

Va ricordato che anche le migliori leggi
non sono utili alla città, se non c’è una buona amministrazione 
che
le renda pane quotidiano per i cittadini, come ad es. un’offerta culturale
genuina nella scuola, un prodotto di qualità nella sanità, l’aiuto dato al
cittadino per semplificare le procedure inutili e dannose. Lo Stato si incontra
col cittadino allo sportello, dove un suo rappresentante lo accoglie  per
la migliore fruizione dei suoi diritti e l’espletamento dei suoi doveri.

 La storia  ci
presenta un percorso contorto, non lineare, un intreccio di questi due esiti
dell’amministrazione. In alcune occasioni  è stata una grande opportunità,
in altri, forse i più,  si è rivelata un peso, un corpo estraneo alla
comunità. Mi soffermo un attimo su questo ultimo aspetto.

Spesso si lamenta che la gente è
lontana dalle istituzioni, ed è vero, ma vorrei sottolineare come altrettanto
preoccupante, la distanza 
ancora maggiore, fra cittadini e
amministrazione.  Il non aver capito bene il ruolo vero della PA ha creato
il grande problema dell’aumento ingiustificato della struttura amministrativa,
ha costretta la stessa PA
ad assumere ruoli non propri, come quello della indiscriminata offerta di
lavoro, diventando la più grande fabbrica sammarinese, anche se –va dato atto-
nei momenti difficili ha dovuto svolgere un ruolo di ammortizzatore sociale.
Forse ancor oggi non ci si accorge che quei tempi sono finiti.  
Inoltre, il difficile rapporto, spesso competitivo fra lavoratori pubblici e
privati e la delegittimazione costante del lavoro pubblico accusato di
improduttività, hanno reso difficoltoso percepire che l’amministrazione è amica
del cittadino, è a servizio del paese. Un capitolo del libro racconta come un
migliaio di cittadini  avessero assaltato il palazzo per impedire il varo
della legge organica del 1910, che onestamente riconosceva per la prima volta,
elementari diritti e dignità agli impiegati,prima alla mercé di vecchie 
politiche patriarcali.

 Approfondendo le cause
e le responsabilità, la tesi del libro sostiene che il destino della amministrazione
è nelle mani della buona o della cattiva politica, per usare  categorie
oggi molto di moda.

Spesso è prevalsa quella cattiva,
che ha prestato più attenzione agli impiegati che ai cittadini, si è
preoccupata maggiormente dei contratti rispetto ai servizi e
all’organizzazione, ha preferito la quantità 
alla qualità. E’
stata stregata dalle sirene del clientelismo. Ha così appesantito il ruolo del
potere amministrativo dello Stato rispetto allo sviluppo della  sua
funzione amministrativa:il primo non si fida del cittadino e lo sommerge di
oneri e di adempimenti burocratici, la seconda si allea con lui per renderlo
più cittadino

Un’ultima osservazione. Non è
sufficiente conoscere meglio l’amministrazione. Va meglio compreso anche il
dipendente pubblico, che resta uno sconosciuto. 
Nel suo ruolo,
nella sua sensibilità e senso dello Stato, nella sua etica professionale. Le
ombre di pochi hanno finito per oscurare le  luci di molti. Avvicinare
l’impiegato ai cittadini è il secondo obiettivo, e spero, risultato, della mia
ricerca.

Se ci saranno apprezzamento e
valorizzazione per gli impiegati dello Stato, sia da parte dell’autorità che
dei cittadini, l’amministrazione avrà stimoli ed energie nuove per diventare
l’altra faccia della democrazia.

Una bella  frase mi
offre la conclusione: è stata scritta nel 1913 da  Pietro Franciosi,
conoscitore e testimone delle vicende istituzionali e amministrative dei primi
decenni del Novecento: Tanto se la Repubblica esiste, esiste per le sue
tradizioni e per la fedeltà e il funzionamento dei suoi Impiegati, più che per
il patriottismo dei suoi figli e il sacrificio degli abbienti. 
Grazie.

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