Daniele Autieri di Repubblica: Mafia Capitale, Iannilli, Carminati, Marronaro

Daniele Autieri di Repubblica: Mafia Capitale, Iannilli, Carminati, Marronaro

La Repubblica (14 dicembre)

Metro C, l’assedio dei boss: dalle società vicine a Carminati alle aziende legate alle ‘ndrineLe mani della gang sulla grande opera da 3,7 miliardi. I collegamenti tra imprenditori indagati e subappalti

Daniele Autieri

Nel grande affresco di affari e corruzione disegnato dall’operazione Mondo di Mezzo c’è un angolo cieco, ma non meno interessante degli altri. Perché è in quella zona grigia che si accumulano i soldi veri e si danno appuntamento gli appetiti che contano. Metro C, la più grande opera pubblica italiana, già costata 3,7 miliardi di euro (692 milioni in più di quanto previsto). Un’impalcatura amministrativa costruita intorno alla controllata del Campidoglio Roma Metropolitane, al consorzio dei costruttori (Astaldi, Vianini, Finmeccanica e CCC) e soprattutto alle centinaia di ditte incaricate di gestire gli oltre 5.000 subappalti.
Ed è seguendo la strada degli affidamenti che spuntano le tracce e i germi di Mafia Capitale e delle recenti alleanze tra la criminalità romana e le mafie tradizionali emerse nell’ultima ordinanza di custodia cautelare di due giorni fa. Il filo dei sospetti parte dalla Arc Trade, la società finita nelle inchieste degli appalti truccati di Finmeccanica. Il suo titolare è Marco Iannilli, commercialista, ma soprattutto prestanome e factotum di Massimo Carminati. Per un certo periodo, tra gli azionisti della Arc Trade figura Lorenzo Marronaro, ex-attaccante della Lazio e membro dell’omonima famiglia di imprenditori abruzzesi. I Marronaro si muovono bene ed entrano nella giungla di subappalti della metro C attraverso la Semar, azienda capofila dell’Ati Consorzio Stabile Roma Duemila. Il presidente dell’associazione d’impresa, Maurizio Marronaro, è il cugino di Lorenzo (socio di Iannilli) e la Semar ha una sede nello stesso stabile della Macoge, altra azienda in cui è presente Lorenzo Marronaro. L’intreccio degli affari conduce fino all’indirizzo fisico della Arc Trade, a Roma, in via Zoe Fontana. La Marcantonio Spa, il gruppo che prende commesse dalla metro per oltre 5 milioni di euro, ha il suo quartier generale proprio nello stesso complesso della società di Iannilli, in via Zoe Fontana 220.
Gli affari non hanno colore e sul tavolo si siede anche la criminalità tradizionale. Anzi, il patto con mafia e ‘ndrangheta si rinforza nella giungla dei subappalti che, proprio per la legge Obiettivo che regola la costruzione delle grandi opere, diventano difficili da controllare e quasi impossibili da tracciare. Accade così che Consorzio Stabile (la capogruppo che raccoglie anche i Marronaro) e Marcantonio affidino subappalti alla Palma srl (riferibile al clan siciliano dei Farruggio) e alla Fravesa dei Tripodi di Melito Porto Salvo, in Calabria. A conferma delle infiltrazioni presenti su entrambe le società la Prefettura di Roma è dovuta intervenire in entrambi i casi per emettere interdittive antimafia che bloccassero i lavori.
Ma il filo è troppo lungo per essere reciso alla radice. Così come profondi sono gli intrecci e le relazioni. Con il passare dei giorni emerge infatti in modo chiaro il ruolo svolto dalla famiglia abruzzese dei Marronaro nei rapporti tenuti con Salvatore Buzzi. Mentre Lorenzo Marronaro faceva affari con Marco Iannilli, Berardino Marronaro (imparentatocon quest’ultimo ma titolare di società differenti) si accreditava con il sodale di Carminati per crescere nel business della gestione dei terreni e delle costruzioni.
Bastano le parole di Salvatore Buzzi per spiegare il livello di relazioni strette dall’imprenditore con l’organizzazione. Intercettato dal Ros, il patron della 29 Giugno commenta: “Troppo forte Marronaro. É uno dei nostri, s’è fatto otto ore de carcere… è uno dei nostri”.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy