David Oddone, L’Informazione di San Marino, sull’esposto querela dei dipendenti Cs

David Oddone, L’Informazione di San Marino, sull’esposto querela dei dipendenti Cs

L’Informazione di San Marino

Decollo
Money
, droga e ‘ndrangheta: i dipendenti del Credito
Sammarinese attaccano l’Informazione

David Oddone 

Dieci mandati d’arresto, una collaborazione serrata tra la magistratura italiana e quella sammarinese, sulle tracce dei flussi di denaro del narcotraffico e della malavita organizzata, leggasi ‘ndrangheta. Torniamo a parlare dell’operazione Decollo Money che vede come principale protagonista il Credito Sammarinese e lo facciamo perché i dipendenti del Credito Sammarinese hanno presentato un esposto contro di noi.

 I conti della ‘ndrangheta al Cs In principio fu Vincenzo Barbieri, noto esponente della famiglia Mancuso, malavita calabrese, freddato il 12 marzo scorso a San Calogero, Vibo Valentia, con una ventina di colpi d’arma da fuoco, tra fucile e pistola. Ma prima della sua morte violenta ebbe il tempo di portare a San Marino una discreta cifra(1 milione e 330 mila euro), verosimilmente denaro frutto di traffico di stupefacenti da ripulire. Come è facile comprendere quello di Vincenzo Barbieri è un nome di fronte al quale le porte di tutti gli istituti di credito – italiani, sammarinesi o di qualunque altro Paese normale – avrebbero dovuto serrarsi a doppia mandata e nemmeno permettergli di varcare la bussola. Al Credito Sammarinese però non è stato così. Se per dolo o per altri motivi sarà la magistratura a dirlo, ma proprio sul s’impernia la posizione giudiziaria dell’ex direttore Vendemini. Che la situazione fosse quanto meno anomala lo si sarebbe potuto immaginare al momento del primo deposito (furono due): il direttore Vendemini avrebbe consegnato al cassiere un trolley contenente 597 mila euro da contare: denaro di tutte i tagli, con le banconote accartocciate e legate in mazzette con elastici, ma senza “senso logico”. E per di più puzzavano, come aveva raccontato proprio L’Informazione. Dal Credito Sammarinese poi la segnalazione alle autorità dell’anomalia del conto di Barbieri partì effettivamente, ma solo con grande ritardo, dopo l’arresto dello stesso Barbieri in Italia. Anche Piero Grasso Procuratore Nazionale Antimafia, in proposito ha affermato che “Sarebbe stato sufficiente fare anche solo una ricerca su internet per scoprire che Vincenzo Barbieri era un narcotrafficante”.

 Collaborazione fra Italia e Titano Due sono le inchieste, quella italiana che ha la sua base a Catanzaro, e quella sul Titano, affidata al Commissario della Legge Rita Vannucci. È stata lei a firmare il provvedimento di convalida dell’arresto dell’ex direttore Vendemini, con l’accusa di riciclaggio. Grazie alla costante collaborazione del tribunale sammarinese è stato possibile arrivare a questo giro di vite che sta portando a risultati importanti per quello che riguarda tutti i reati di natura fi- scale.

Lucio Amati e gli altri indagati Lucio Amati è il Presidente del Credito Sammarinese. La banca e la finanziaria collegata (la Polis Spa, anch’essa commissariata) sono una sua creatura. L’arresto di Lucio Amati è arrivato insieme ad un’altra decina di persone, dieci mandati di custodia cautelare emessi dalla Procura di Catanzaro più uno, quello di Francesco Barbieri, figlio del fu Vincenzo, arrestato incidentalmente perché nel corso della perquisizione disposta al suo domicilio le forze dell’ordine hanno trovato una pistola con matricola abrasa. Oltre al nome di Lucio Amati figurano quello dell’ex direttore Valter Vendemini e di Sandro Sapignoli, vicedirettore del Credito Sammarinese nonché responsabile delle procedure antiriciclaggio per l’istituto, arrestato pure lui. In manette anche Massimiliano Sensi, componente del Collegio dei sindaci revisori del CS, il nicoterano Domenico Macrì residente a Città di Castello e la compagna Barbara Gabba, entrambi intermediari d’affari per il Credito Sammarinese: sarebbero stati Macrì e la Gabba a caldeggiare l’apertura del conto a Barbieri, insieme a Domenico Lubiana, commercialista, e al fratello Salvatore Lubiana, avvocato nonché ex Dg dell’Ato4 di Vibo Valentia, entrambi di Nicotera. Avanti ancora, tra gli arrestati spicca anche Giorgio Galiano di Vibo Valentia, genero di Barbieri nonché intestatario di altri due conti al CS su cui sarebbe transitato circa un milione di euro direttamente da Barbieri tramite diversi bonifici. Sull’ultimo mandato d’arresto infine compare il nome di Luca Raffaello Bressi, revenue manager dell’Hotel King Rose di Bologna, il luogo dove s’incontrarono Barbieri e Vendemini (gli incontri furono complessivamente sei, compreso uno successivo alla disposizione del regime di sorveglianza per il defunto malavitoso.

L’esposto dei dipendenti del Credito Sammarinese Insomma in sintesi si parla di narcotraffico e ‘ndrangheta. Per questo lascia più che perplessi l’iniziativa dei dipendenti del Credito Sammarinese che sono arrivati addirittura a presentare un esposto – peraltro privo di qualsiasi fondamento – contro il sottoscritto per violazione del segreto istruttorio. La colpa del giornalista è quella di avere scoperchiato il vaso di Pandora, di avere informato la gente, di avere scritto che cosa avveniva in quella banca. Che cosa avevano e che cosa hanno da nascondere

Berti Sabrina, Montebelli Roberta, Lezzi Lucia, Rossi Alessandro, Rossini Virginia, Santolini Lucy Barbara, Cervone Paolo, Coletta Elena, Casali Elia, Marani Katiuscia, Bertozzi Marco, Petri Gianluca, Biordi Gianluca, Jommi Carlotta, Terni Massimo, Beccari Deborah?

Sono questi i nomi dei firmatari dell’esposto. Resta da capire quale interesse hanno queste persone per avere proposto una azione liberticida. Sono stati “mossi” da qualcuno o è stata una loro idea? A nostro avviso questa è una intimidazione bella e buona. Con questa mentalità il Paese non cambierà mai. Invece di essere grati ad un giornalista che prova a fare pulizia, lo si vuole perseguire. Questa è connivenza con un certo modo di fare. Stiano comunque tranquilli i dipendenti del Credito Sammarinese. La loro iniziativa vedrà da parte nostra una pronta reazione. Non solo è già stato dato mandato ai legali della redazione di proporre presso la procura di Rimini tutte le azioni necessarie. Ma questo modo di fare avrà pieno risalto negli organismi europei e mondiali che si occupano dei diritti umani. L’ennesimo tentativo di bavaglio e di censura nei nostri confronti e nei confronti della stampa libera avrà inoltre piena pubblicità in tutte le sedi, così come i nomi dei proponenti. In- fine un piccolo inciso lo merita Alessandro Rossi, consigliere di Sinistra Unita, che si è sempre detto a parole paladino della trasparenza. Il suo nome in questa vicenda stona e non poco. In realtà ai più attenti non dovrebbe stupire più di tanto questa sua presa di posizione, visto che la cosiddetta “Legge bavaglio” sulla quale si fonda l’esposto dei dipendenti del Cs, è stata fatta proprio dall’allora segretario alla giustizia e compagno di partito di

 Alessandro Rossi, Ivan Foschi. Chiediamo a questo punto umilmente al comunista Alessandro Rossi e alla stessa Sinistra Unita – se non prenderà le distanze dalla vergognosa e in pieno con- flitto di interessi iniziativa del suo Consigliere – , di smetterla di riempirsi la bocca di lotta alla mafia, trasparenza e tutto il resto. Questa gente, lo sappiano i lettori, predica bene ma razzola davvero molto male

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