Davide Giardi di La Tribuna Sammarinese. Vanessa D’Ambrosio (Su): ‘Vogliamo dimostrare che c’è un altro modo di fare politica’

Davide Giardi di La Tribuna Sammarinese. Vanessa D’Ambrosio (Su): ‘Vogliamo dimostrare che c’è un altro modo di fare politica’

La Tribuna Sammarinese, 5 maggio 2016

San Marino. Vanessa D’Ambrosio (Su): “Vogliamo dimostrare che c’è un altro modo di fare politica”

Davide Giardi

Partecipa al Tavolo riformista nel tentativo di compattare tutto il centro sinistra sammarinese in un’unica forza politica; ha votato insieme alla maggioranza a favore della legge sulla rappresentatività; sui referendum, dopo le vittorie del 2014 a fianco di Rete e C10, ha scelto una posizione autonoma di non appoggio dei quattro quesiti. Sinistra unita negli ultimi mesi è tutto questo. Posizioni che hanno scatenato polemiche, invettive e allusioni. Per capire cosa sta succedendo e che progetti ha la forza politica abbiamo incontrato il suo coordinatore Vanessa D’Ambrosio.

Partiamo dal Tavolo riformista. Nelle ultime settimane sono venute alla luce le diverse visioni sul progetto delle anime che lo compongono. C’è chi è pronto a giurare che non se ne farà nulla. Lei che ne pensa? “È un progetto che per noi andrà avanti. Sulle differenze ci si deve confrontare. È importante avere una visione del futuro comune. Non sarei così catastrofica. Quello che serve è una maggiore unità nella prospettiva. Anche il comunicato dei quattro democratici del Psd contiene linee di principio su cui siamo d’accordo”.
Quindi anche voi siete per la realizzazione di un manifesto politico al più presto? “Il progetto è molto ampio e importante e mette in gioco la storia di partiti storici per cui serve un segnale politico forte che può essere dato soltanto attraverso un manifesto che identifica un solido sistema valoriale. Abbiamo radici comuni pur provenendo da percorsi diversi quindi serve un documento all’altezza di quello che vogliamo ottenere. Valori, prospettiva e metodo saranno le tre discriminanti forti del progetto”.
Qual è la vostra posizione sulle future alleanze? Avete qualche preclusione? “Noi abbiamo chiesto di non parlare di alleanze e di rispettare i ruoli, chi maggioranza e chi opposizione. Non abbiamo preclusioni ma preferiamo una alternativa progressista per un governo di svolta dato che abbiamo visto che i governi con una maggioranza eterogenea non hanno portato grandi risultati. In ogni caso il dialogo con le parti deve aumentare perché oggi è assente”.
Sia sul Tavolo riformista che sui referendum le posizioni di Sinistra unita sono spesso più vicine alla maggioranza che al resto dell’opposizione. Che vi è successo? “Il congresso è stato un punto fermo, ha segnato un nuovo corso su cui abbiamo lavorato fin dal giorno dopo. La strada è in salita ma è un percorso che abbiamo deciso di fare. Sui referendum abbiamo fatto la valutazione che in questo momento bisogna andare a fondo ai problemi: questi referendum chiedono di esprimersi con un “sì”o con un “no” su temi complessi, che devono essere affrontati in modo approfondito”.
Quali sono le vostre posizioni? “Sul polo del lusso siamo per il no all’abrogazione. Quel terreno è privato e non ospiterà mai un parco. Il progetto non è strategico ma importante per il rilancio del paese. Se passasse il referendum, l’affidabilità del Paese per gli investimenti esteri seri crollerebbe di nuovo. È un quesito politicizzato perché è contro il governo ma oggi non ce lo possiamo permettere. Noi abbiamo votato contro la convenzione in Consiglio perché ritenevamo che certi passaggi potevano essere gestiti meglio, ma  abbiamo sempre affermato che era un investimento importante che non andava perso. Si parla di 100 milioni di euro di investimento e di centinaia di posti di lavoro, di una costruzione ecosostenibile. Abbiamo guardato più aspetti. Votando no si dà la possibilità di fare il polo e si può impegnare il governo a fare un vero parco a Serravalle mentre se vince il sì li perderemo entrambi”.
Sugli altri tre quesiti? “Siamo per il no anche per la preferenza unica. È penalizzante per le donne, i giovani e chi non è conosciuto. Tutti vogliamo il cambiamento ma chi vota ha bisogno di un punto di riferimento: cambiamento non significa rinunciare tout court all’esperienza. Inoltre non elimina il problema delle cordate perché chi ha i voti riuscirà comunque a farle, distribuendoli diversamente. Rischiamo quindi di limitare l’ingresso dei giovani e di non risolvere il problema.
Sul Tetto stipendi e sul No quorum abbiamo deciso invece di non dare indicazione di voto perché per quanto riguarda il primo c’è una valutazione sul periodo di crisi ma è anche vero che riguarda tutti, anche l’Iss, con il rischio di far fuggire altri medici. Come cittadini di questo Paese, vogliamo la qualità – che quindi va pagata – o ci interessa solo il lato economico e ci va bene chiunque?  Inoltre non è tagliando gli stipendi dei dirigenti che si risolvono i problemi. Se qualcuno non raggiunge gli obiettivi va punito, non è un discorso di stipendi”.
Sul No quorum? “Sul No quorum ci sono fattori positivi e negativi. Siamo disponibili per un abbassamento o eliminazione del quorum ma in un provvedimento che riveda anche gli altri aspetti della normativa sul referendum, piuttosto che agire su un solo elemento, per evitare così squilibri e strumentalizzazioni”.
Crede che gli esiti avranno conseguenze sul governo? “Il bilancio delle iniziative di questo governo è fallimentare e non sarà un singolo progetto a farci cambiare idea. È vero che se dovesse saltare l’unico risultato positivo, a perderci non sarebbe il governo ma il Paese”.
Rispetto ai referendum del 2014 siete in una posizione quasi contrapposta a Rete. Come mai? “Nel 2014 abbiamo deciso di promuovere i referendum con C10 e Rete perché credevamo nell’importanza dei quesiti, usando sempre lo stesso metodo: facendo un’analisi attenta e non superficiale. Non è un discorso di rapporto con le singole forze politiche ma di valutazioni che facciamo di volta in volta, cercando di essere propositivi per dare risposte ai cittadini”.
Per qualcuno è un atteggiamento che rivela un accordo per le prossime elezioni. Vi apprestate a tornare al governo? “Stiamo semplicemente dando concretezza a quello che abbiamo deciso nel nostro Congresso. Se questo vuol dire prepararsi al governo ben venga, siamo una forza politica che aspira anche a governare. Noi stiamo mettendo in pratica quello che abbiamo sempre sostenuto e stiamo cercando condivisione su un progetto complessivo e non su un “si” o un “no” ad un referendum. Il nostro obiettivo è dimostrare che c’è un altro modo di fare politica per realizzare i progetti”.
Cioè? “Valutare i progetti al netto di chi le presenta. Non vogliamo parlare alla pancia dei cittadini ma alla testa. Serve dialogo per capirci”.
D’altra parte state subendo anche critiche feroci per queste vostre posizioni. Non avete paura che possiate perdere consensi?  “Come dice spesso Francesca Michelotti noi non facciamo politica per il consenso ma per fare la differenza, per portare proposte concrete al paese. Fare politica significa rendere un servizio al paese, non ricevere gli applausi. Noi crediamo che parlando con le persone, e ragionando insieme a loro, si crei un consenso più solido. Chi fa politica solo per il consenso tradisce il vero spirito del nostro servizio. Quindi, tornando alla domanda, credo che quando le persone vedono proposte e non solo critiche siano più disposte a darti fiducia”.

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