“Aldo Moro trent’anni dopo: no all’omologazione della memoria.
Il corpo del Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, ritrovato nel bagagliaio di un’auto in Via Caetani, a Roma, il 9 maggio del 1978, rappresenta l’immagine, fra le più crudeli e incancellabili, della lunga tragedia italiana che ci è stata consegnata come ‘gli anni di piombo’.
Moro fu una delle tante vittime – senz’altro quella maggiormente espressiva sul piano simbolico – di una spirale perversa che mise lo Stato di fronte ad alcuni frammenti ideologizzati di società, i quali ne teorizzavano l’abbattimento con la forza. E, di questo Stato, Moro era una delle figure più alte, così come inedite, innovative e coraggiose erano le sue intuizioni politiche. Che pagò con la vita!
La storia, a volte esitante fino all’incoerenza, non sembra però essere stata altrettanto generosa con lui e con quella ‘prova assurda e incomprensibile’, vissuta nei 54 giorni di sequestro per mano delle ‘Brigate Rosse’.
Ed è così che, in questo triste anniversario, l’omaggio migliore che possiamo rendergli ci pare quello di riconoscere la nobiltà di un sacrificio, compiuto in nome di un’idea e di un progetto messi al servizio di una nazione intera, e non solo di una sua parte, senza farci trascinare da una memoria collettiva che sia troppo omologante, indistinta, quando non addirittura assolutoria“(comunicato Ddc)