Democrazia agli sgoccioli. Vanessa D’Ambrosio (SU) replica al Consigliere PDCS Manuel Ciavatta sulle tematiche legate all’aborto e all’adozione

Democrazia agli sgoccioli. Vanessa D’Ambrosio (SU) replica al Consigliere PDCS Manuel Ciavatta sulle tematiche legate all’aborto e all’adozione

San Marino, 29 giugno 2016

DEMOCRAZIA A SGOCCIOLI 

Qualche giorno fa ho letto l’intervista al Consigliere Manuel Ciavatta sui temi dei diritti civili. Ogni opinione è lecita, però da quelle righe, da quelle parole, quello che ho sentito è uno scollamento e una freddezza rispetto le tematiche dell’aborto e delle coppie dello stesso sesso, come se di quei temi non esista l’aspetto umano ma solo ideologico. 

Io parto dal presupposto che UNO STATO LAICO DEBBA DARE GLI STESSI DIRITTI E DOVERI A TUTTI I SUOI CITTADINI E CHE NON DEBBA GIUDICARLI, MA OFFRIRGLI DEGLI STRUMENTI E UNA RETE SOCIALE FORTE IN TUTTE LE FASI DELLA VITA. 

Partiamo dal riconoscimento delle coppie dello stesso sesso: la nostra legge sul diritto di famiglia era già molto avanzata, infatti dava la possibilità anche ad un single di poter adottate un figlio. Perché il Consigliere Ciavatta afferma che non è giusto, per una coppia dello stesso sesso, adottare o riconoscere il figlio del partner? Eppure esistono famiglie che vedono la presenza di un solo genitore, e non sono “meno famiglia” di una famiglia con “babbo, mamma e pargoli”: stessa cosa vale per le coppie dello stesso sesso, non sono meno di nessun altro tipo di famiglia, perché questa non si basa solo sulla possibilità di figliare, ma di amarsi, rispettarsi e voler costruire il proprio futuro insieme! In Italia, il Tribunale di Roma già nel 2014 permise ad una donna di adottate la figlia naturale della compagna. Altro esempio è del 2011 quando la Corte di Cassazione aveva confermato l’affidamento di un bambino alla madre che viveva con la propria compagna, affermando –nella sentenza- che era un pregiudizio sostenere dannoso per i bambini crescere in una famiglia omossessuale. Non da ultimo, il pronunciamento della Corte Suprema nella sentenza 12962/16, in cui si è pronunciata sull’adozione da parte di persone dello stesso sesso perché (e purché) a prevalere in ogni caso sia il benessere del minore.

 

Ma passiamo alle istanze contro la legalizzazione dell’aborto. È un incubo o son desta? Perché quello che viene fuori da quelle affermazioni è che la donna altro non è che un contenitore, un’incubatrice. I suoi diritti, la sua dignità e la sua autodeterminazione passano immediatamente in secondo piano – o meglio – spariscono, perché una cellula embrionale è già vita. Va bene non essere d’accordo sull’aborto, ma questo svilimento della donna non è tollerabile!

Vorrei fare una riflessione del tutto personale, da donna, anche alla luce delle notizie di violenza che ci arrivano da oltre confine: notizia di qualche giorno fa di una 16enne stuprata dal branco. Arrestati 5 minori dai 15 ai 17 anni. 

Ecco, prendiamo per un momento questa ragazzina violentata, mettiamo per ipotesi che in seguito alle violenze, resti incita: secondo il punto di vista del Consigliere Ciavatta, questa povera creatura dovrebbe portare avanti ben lieta la gravidanza, far nascere il bambino e farlo crescere COME SE NIENTE FOSSE o, al limite, abbandonarlo. Dov’è l’umanità in tutto ciò? Dove si difende la vita? Forse il Consigliere Ciavatta non riesce ad immedesimarsi in questa situazione, non essendo una donna, ma io ci provo e se fossi quella ragazza mi sentirei violentata due volte, prima dal branco, poi dallo Stato. Violentata perché è impensabile che io possa amare in modo incondizionato la prova vivente di una violenza perpetuata su di me, e violentata perché “nel caso” sarebbe preferibile abbandonare il bambino. Io vorrei uno Stato che mi tutelasse, che non mi additasse come assassina se decidessi di abortire o che per semplice ideologia m’imponesse di portare avanti una gravidanza del genere. Anche perché in questa situazione mi sentirei ancora più vulnerabile e magari abortisco ugualmente, rischiando la vita, in una struttura non idonea e con persone non preparate. È questo che vogliamo? Io vorrei che il mio Paese mi rispettasse e aiutasse in questa fase così delicata e dolorosa. 

Chi siamo noi per giudicare una scelta del genere? È meglio portare a termine una gravidanza non voluta o frutto di violenza e poi abbandonare il bambino? È più eticamente e moralmente giusto? È giusto fare una seconda violenza alla donna in questo modo? 

Io lo trovo inaccettabile! E trovo inaccettabile come venga considerata poco una vita compiuta di un essere umano – la donna – davanti ad una gravidanza. 

Legalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza non è un crimine, non è un omicidio, è un atto di democrazia! E non significa che una volta legalizzato tutte le donne abortiscono “così per piacere”, perché anche solo pensare una cosa del genere, dovrebbe far vergognare! 

Condivido che l’aborto non debba essere un metodo contraccettivo, ma un’estrema ratio laddove non ci siano altre possibili soluzioni, morali, etiche o per motivi di salute.

L’aborto è un momento in ogni caso tragico e doloroso per ogni donna e questo forse un uom fatica anche solo ad immaginarlo, se lo si legalizzasse e si creasse quella rete di protezione e assistenza, daremmo solo la possibilità di poter scegliere cosa è meglio per la persona, senza sentirsi giudicata o additata come omicida! 

Invece di fare i minuti di silenzio in Consiglio Grande e Generale per gli embrioni, io mi chiederei perché stiamo vietando alla gran parte della nostra popolazione l’autodeterminazione! 

    Vanessa D’Ambrosio

Coordinatore di Sinistra Unita

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy