Doing Business: interviene il Movimento Rete

Doing Business: interviene il Movimento Rete

Ringraziamo la Segreteria Industria e Alleanza Popolare per i toni trionfalistici dei loro comunicati stampa in cui sottolineano come la Serenissima Repubblica stia scalando Doing Business, la classifica di Banca Mondiale relativa ai paesi in cui è più facile fare impresa.

Concordiamo sull’importanza di essere presenti su un report tenuto in considerazione a livello mondiale: da un lato perché serve ad attrarre nuovi investitori, dall’altra perché i parametri che il report prende in esame (ad esempio le modalità di rilascio autorizzazioni, le tempistiche e i costi di rilascio delle licenze ecc) devono servire da stimolo per migliorare le politiche di attrazione degli investimenti. 

Lo scorso anno, San Marino era passato dall’89 al 93esimo posto (su 189 paesi censiti) e il Segretario Arzilli aveva tenuto a rimarcare che non era stata tenuta in considerazione la nuova legge sulle licenze. Quest’anno invece Banca Mondiale ne ha tenuto conto, e infatti San Marino passa dalla posizione 93 alla 76. E il report spiega anche il motivo: “San Marino ha reso più facile aprire un’impresa incoraggiando l’uso del sistema online per ottenere la licenza e il codice operatore”.

Siamo felici? Certo. Crediamo che sia un piccolo passo avanti? Assolutamente sì. Riteniamo che le indicazioni di un’istituzione internazionale siano utili? Non c’è dubbio! Ma sbandierare un risultato che, ripetiamo, è bene che ci sia stato, come simbolo di cambiamento e rinnovamento di un intero sistema secondo noi è totalmente fuori luogo. Per vari motivi:

1) All’interno della classifica, gli unici due parametri in cui San Marino migliora sono “Apertura di un’impresa” per cui si piazza al 113 posto su 189 (l’anno scorso eravamo al 132) e “Risoluzione delle insolvenze” in cui passiamo dal posto 107 al 106. Tutti gli altri indicatori analizzati da Doing Business registrano una perdita di punti in classifica (allarmante la voce “Accesso al credito”!)

2) Come ben spiegato all’interno del sito ufficiale di Doing Business (www.doingbusiness.org) la metodologia del 2016 è stata aggiornata e gli indicatori ora, prendono in considerazione anche la qualità. Qualche esempio: gli indicatori per i “Permessi di costruzione” ora includono un indice della qualità della regolamentazione edilizia e sua attuazione. E ancora, gli indicatori per “Registro delle proprietà” includono un indice della qualità del sistema di gestione del territorio. 

E quelli per “Efficacia contratti” tengono in considerazione un indice della qualità ed efficienza dei processi giudiziari. Insomma quando c’è di mezzo la qualità San Marino, il più delle volte, perde punti.

Mentre è impegnato a bearsi delle classifiche oltre confine, il governo smarrisce il contatto con la realtà e perde di vista gli interventi concreti che, se immediatamente attuati, costituirebbero un vero incentivo per attrarre imprenditori seri e soprattutto per sostenere le imprese che a San Marino già operano. Interventi che sarebbero subito efficaci e che coinciderebbero con una REALE volontà di cambiare il paese ma che, ahinoi, non rientrano in alcuna classifica. 

– Uno di questi riguarda il potere concessorio del Congresso di Stato, ovvero il potere dei 9 Segretari di concedere e rilasciare alcune tipologie di licenze. Un potere da eliminare. Una discrezionalità che – racconta lo stesso Fiorenzo Stolfi interrogato dai magistrati – ha arricchito negli anni la classe politica e che i magistrati semplificano così: per la licenza, fosse essa bancaria, immobiliare, industriale o delle telecomunicazioni, per citare i settori più gettonati indicati dai magistrati, bisognava pagare. Il professionista che istruiva la pratica faceva da intermediario tra l’imprenditore e il politico di riferimento. Veniva consegnato il “contributo” sotto le più svariate forme, dai libretti al portatore all’acquisto di un immobile. La licenza veniva concessa (da L’informazione del 1 settembre 2015). 

Sono anni che Arzilli proclama l’imminente fine del potere concessorio. Nei fatti, la tipologia di licenze per cui il Congresso si riserva questo potere è stata ampliata, anche dallo stesso Arzilli, a più riprese (sul nostro sito www.movimentorete.org  le elenchiamo tutte).

– Mancanza di trasparenza, burocrazia elefantiaca: dalle visure delle imprese è impossibile risalire ai soci delle imprese o ai beneficiari effettivi, che il governo si ostina a voler nascondere, e tantissime volte l’amministratore unico è una testa di legno o prestanome, che dir si voglia. E poi la sempre bistrattata P.A.: informatizzazione inadeguata, mancanza di incrocio dei dati e di banche dati specifiche in grado di rilevare indici di anomalie (fatturati importanti a inizio attività, sede inidonea ecc) sono lacune rilevate anche dalla Commissione Antimafia. 

– Confusione normativa: si continuano ad approvare leggi incomprensibili che rimandano a una miriade di decreti che vengono continuamente cambiati. Impossibile capire quale siano le leggi in vigore a San Marino. E, allo stesso tempo, appena si trova un investitore si va in deroga a tutte le normative approvate. L’istanza d’arengo che chiedeva il riordino normativo, approvata dal Consiglio nel 2013, è miserabilmente caduta nel dimenticatoio. A chi giova questa confusione? Alla criminalità organizzata, ben radicata in territorio; a  chiunque si avvicini al nostro paese per sfruttarlo; a chi si fa beffe del sistema dei controlli per  basare la propria attività sul lavoro nero.

Insomma, 19 punti in una classifica pesano di più di 1569 disoccupati, di 102milioni di euro di indebitamento che Bene Comune  ha caricato sulle spalle dei sammarinesi, dei milioni di euro di monofase non pagate, delle centinaia piccole-medie aziende sammarinesi costrette a chiudere in conseguenza alla crisi creata dal “benessere apparente”, come lo definiscono i magistrati, artatamente plasmato dalla politica degli ultimi decenni. 

Perciò squillino le trombe e rullino i tamburi: stiamo finendo nel baratro, ma ci finiremo da 76esimi in classifica!

Movimento Rete

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