Fausta Morganti commenta la valutazione dei risultati elettorali pubblicata da Dario Manzaroli

Fausta Morganti commenta la valutazione dei risultati elettorali pubblicata da Dario Manzaroli

Elezioni 2019
Molti sammarinesi condivideranno l’opinione del “Dragone” sul dopo elezioni , su “Repubblica“ di venerdì 13 dicembre. Io mi permetto di fare un breve commento per contribuire a tenere desta l’attenzione su meccanismi che in un passato recente ci hanno segnato in profondità e purtroppo vivono sempre nell’attualità della politica. Il riferimento all’estensore dell’articolo lo considero solo come pretesto per raccontare un personalissimo modo di leggere gli eventi di questo nostro piccolo Paese.
Ho conosciuto Dario Manzaroli perché è venuto a chiedermi il contributo per il voto che avevo dato a Pac dei marxisti leninisti: quella volta il voto lo pagavi tu che lo davi, non ti era pagato per darlo (ah ! la rivoluzione proletaria!). Era la prima volta che ero andata a votare,avevo appena compiuto i 21 anni richiesti come requisito ed ero cittadina sammarinese perché non avevo sposato nessun forense. Ci siamo andate, insieme, io e una mia cara amica che avrebbe votato democristiano perché fra i nuovissimi arrivi di quella lista (li chiamavamo i magnifici sette) c’era il suo fidanzato. Lei proveniva da una famiglia di stretta fede comunista ,io al contrario avevo alle spalle una famiglia cattolica, e il mio babbo e il mio zio erano addirittura fra i fondatori del PDCS . I tempi stavano cambiando: era proprio una rivoluzione!
Ho successivamente seguito con attenzione e sempre cercando di capirne le ragioni più profonde, le assidue evoluzioni politiche di Dario. Pur non frequentandolo che sporadicamente, l’ho sempre ritenuto capace di ragionamento e quindi potevo superare ,sfrondare le critiche che lo riguardavano ogni volta,anzi qualche volta l’ho anche difeso ( tutti mi dicono che è nel mio stile puntare sulle persone sbagliate ).
Ho seguito dunque tutti i passaggi della sua straordinaria maturazione politica e non mi sono neppure accorta ,come qualcuno mi suggeriva ,che questi avvenivano vicino ai cambiamenti elettorali, quando si sapeva chi avrebbe vinto . Infatti Dario, a destra o a sinistra, otteneva sempre quello per cui si era battuto, spesso criticando ferocemente i progetti che in seguito lo avrebbero visto protagonista, lui stesso o qualche suo accolito della conduzione ,e naturalmente chi li realizzava mettendoci politicamente la faccia.
Io nel frattempo mi sono iscritta nel Partito comunista sammarinese e ne ho seguito evoluzioni, spaccature, cambio di nomi, di sigle, unificazioni, ritorni indietro, separazioni, frantumazioni ma sono rimasta da quelle parti ,adattandomi ai cambiamenti che, nella disperata ricerca di una sua identità, un partito esasperatamente internazionalista e allo stesso tempo ansioso interprete dei bisogni emergenti di nuove generazioni e di specifici territori, perseguiva incurante della crisi che lo avrebbe portato alla sua disgregazione.
Sono convinta che un partito, essendo soltanto uno strumento della politica e non il fine, debba continuamente adattare le sue prospettive ai cambiamenti in atto, mantenendo fermi i capisaldi della sua tradizione politica, che per il vecchio P.C. erano: uguaglianza, prosperità, pace, solidarietà….
La volontà di contribuire al benessere della comunità sammarinese era per il P.C.S : uscire, anche se faticosamente ,dai propri ferrei schemi ideologici per accogliere, ripeto faticosamente, altre idee, altre prospettive: quella socialista, con cui aveva qualcosa da spartire per lotte e conquiste operaie e quella del cattolicesimo sociale che a San Marino era rappresentato dal partito così detto “balena bianca”, perché dal centro alla destra ha sempre inglobato tutto.
Il senso di disagio che proveniva dai movimenti dal ’68 in poi, fino ai giorni nostri, ha spesso trovato impreparato il P.C.S., perché accoglierne le istanze voleva dire modificare radicalmente la propria organizzazione, i riferimenti sociali, aprirsi a una cultura che si astraeva e non aveva più i connotati del realismo, doveva insomma gestire un ideale estremamente legato a una ideologia che stava svaporando.
L’incontro, lo scontro fra culture politiche, gli spiragli di novità e reciproca permeazione che Dario invoca per l’endorsment alla nuova coalizione di governo, sono dunque cose già tutte avvenute.
Il dopo elezioni dell’8 dicembre a San Marino dice solo una cosa: ha stravinto la vecchia, ”gloriosa” DC. Che tutti i partiti e movimenti hanno indicato come salvatore della patria e alla quale, con sfumature diverse naturalmente, tutti hanno fatto una corte spietata: bastava leggere i programmi elettorali, per lo più tutti allineati con poche idee di futuro per la piccola Repubblica, ma molte irrealizzabili promesse.
Ma forse il futuro davvero non c’è perché è sottilissimo il limite che la globalizzazione impone a uno Stato per essere addirittura un “piccolo Stato” e la miscellanea di una millenaria vicenda storica con le economie di rigetto delle piccole particolarità. Sempre più breve è il passo fra storia da continuare a vivere e ad alimentare e “curiosità della storia” da mostrare come in un museo.
A differenza di molti dunque, ma non ha molta importanza: la diversità non gioca nessun ruolo, io credo che quella del Dragone su Repubblica di venerdì 13 dicembre 2019 sia la più spericolata “ruffianata” che si potesse fare ad una coalizione che sta assumendo responsabilità di governo. La mia speranza è che qualcuno se ne accorga e, per il bene del Paese, ne tenga conto.

Grazie

Fausta Morganti

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