Funerali Dayana e Williams Arlotti. Omelia integrale vescovo Francesco Lambiasi

Funerali Dayana e Williams Arlotti. Omelia integrale vescovo Francesco Lambiasi

È l’ora del buio. Vorrei avvicinarmi
con delicatezza e cordiale affetto alla mamma della piccola Dayana,
ai familiari del papà Williams, a tutti e ciascuno dei presenti.
Permettetemi di accostarmi a voi, Fratelli, Sorelle, Autorità,Amici,
per prendervi per mano e accompagnarvi sul Golgota, allo scoccare
dell’ora nona di quel 14 di nisan dell’anno 30, quando “si fece
buio su tutta la terra”.

È l’ora del pianto. Mentre
accarezziamo con gli occhi del cuore le bare di Dayana e del suo
babbo, proviamo brividi di tenerezza nei confronti dei loro cari.
Eppure le possibili parole di umano conforto, risultando a noi stessi
puramente palliative, si spengono in gola e le labbra ci rimangono
sigillate in un silenzio sgomento e impotente. Così ci ritroviamo
smarriti e confusi, come dei mendicanti, che si scoprono senza
neanche un minimo spicciolo di forza per riprendere il cammino. Come
dei poveri nomadi rimasti intrappolati nei labirinti dei perché più
tragici e sempre troppo grandi per noi umani.

È l’ora del grido. È l’eco del
Crocifisso che “dando un forte grido, spirò”.È il grido
del povero: “Dal profondo a te grido, o Signore; /
Signore,ascolta la mia voce. / Siano i tuoi orecchi attenti / alla
voce della miasupplica. / Se consideri le colpe, Signore, / Signore,
chi ti può resistere?”. C’è un povero più povero di un inerme
agonizzante nello strazio indicibile di un naufragio? E c’è un
povero più povero di una bambina innocente e indifesa, che in quella
immane sciagura può contare solo sulla stretta protettiva ma
fatalmente impotente del suo papà?

Permettetemi allora di farmi coraggio e
di annunciarvi senza giravolte diplomatiche la verità di quest’ora:
nella sua morte Gesù e ogni vittima rimangono saldati in un solo
mistero, abbracciati in un solo destino. È parola sua: “Quando
sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv12,32). È
parola sua anche quella che ci è stata appena proclamata:”Questa
è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di
quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”
(Gv6,40). No, non possiamo mettere in conto a Dio il tragico disastro
che è costato la vita a Dayana, al suo papà e a tante altre
vittime, una catastrofe devastante che si poteva e si doveva del
tutto evitare, e di cui altri hanno il dovere, davanti al tribunale
divino e alla giustizia umana, di assumersi la gravissima
responsabilità. Non è stato certamente Dio a distrarsi quel tredici
gennaio sera né a rendersi latitante al largo dell’Isola del Giglio.

Alla domanda: Dov’è allora Dio quando
avvengono queste tragedie? la risposta secondo Gesù di Nazaret è
una sola: Dio è sempre là dove c’è un suo figlio che soffre e
muore. Sempre. Come recita un antico testo giudaico: “Se un
empio perseguita un giusto, Dio è dalla parte del perseguitato. Se
un giusto perseguita un giusto, Dio è dalla parte del perseguitato.
Se un empio perseguita un empio, Dio è dalla parte del
perseguitato”. Il Cristo crocifisso è sempre dalla parte dei
poveri crocifissi.

Questa è la verità: appesi alla croce
della violenza e della debolezza;crocifissi con i chiodi della
malattia, del fallimento, dell’errore e dell’inganno; nell’agonia
della speranza e nel tradimento dell’amore, nella paura di dover
imboccare il tunnel buio della morte, non siamo soli. Gesù non ha
ceduto al ricatto dei suoi crocifissori, ha rinunciato a salvare se
stesso, non è sceso dalla croce. Il Crocifisso non ha voluto
schiodare se stesso, per poterci attendere tutti là, sul Calvario,
come a un luogo convenuto, come a un appuntamento prefissato. E
dentro quel punto di convergenza dolorosa e universale, la sua morte
diversa, unica, indicibile,sconfigge la nostra morte, scrive la
parola definitiva, detta la definitiva risposta: è risorto! Tutte le
percorribili strade del male e del dolore, della violenza totalmente
ingiustificata, della dedizione totalmente incondizionata non sono
altro, in fondo, che bracci dell’unica croce che salva: la sua, che
ci fa gridare, anche nel pianto: Io credo, risorgerò!

Questa è l’incontrovertibile,
consolante verità: il mistero di Gesù che muore per amore incrocia
il mistero di ogni umana tragedia, come questa. Il
Crocifisso-Risorto, prende su di sé il velo del silenzio gravido di
interrogativi che ci pesano sul cuore, lo squarcia da cima a fondo,
facendo risuonare la rassicurante, inimmaginabile promessa: “Oggi
con me sarai nel paradiso”.

Ora, carissimi, è l’ora della
preghiera.

“Gesù, crocifisso desolato, tu
morto a braccia spalancate, adesso ci devi ascoltare. Noi ti
supplichiamo per papà William: per l’estremo atto di amore nel
rimanere affianco alla sua bambina in quell’ora tremenda, associalo
alla tua Pasqua. Te lo chiediamo per il tuo sangue versato per amore.
Perdona le colpe commesse per la fragilità della condizione umana, e
concedigli il perdono e la pace.

“E anche tu, Maria, Donna dal
cuore trapassato dalla spada del dolore,figlia di tuo Figlio che ha
detto: “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini,
non entrerete nel regno dei cieli”, anche tu Madre Addolorata,
datti da fare. Custodisci il tenero germoglio della piccola Dayana e
faccelo ritrovare sbocciato come un candido fiore nell’eterna
primavera,quando Dio tergerà ogni lacrima dai nostri occhi, e non vi
sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le
cose di prima sono passate”. Ecco,ne sono nate di nuove!

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