Giorgio Meletti: Cottarelli e il Fondo Monetario nel pasticciaccio di San Marino

Giorgio Meletti: Cottarelli e il Fondo Monetario nel pasticciaccio di San Marino

Il Fatto Quotidiano 26 Apr 2017

Un esposto al veleno. Gli istituti di credito sono pieni di sofferenze e i capitali fuggono. Ora sta per arrivare la stangata della vigilanza, inizia la guerra

Cottarelli e il Fondo Monetario nel pasticciaccio di San Marino

La crisi bancaria travolge la mini Repubblica e lo scontro politico infuria: l’opposizione accusa la Banca centrale di “trame eversive” con sponde a Washington

Giorgio Meletti

Sembra un remake del Ruggito del topo, antica commedia hollywoodiana con Peter Sellers: il piccolo ducato di Grand Fenwick manda venti uomini ad attaccare gli Stati Uniti con arco e frecce per perdere la guerra ed essere ammesso agli aiuti americani per le potenze sconfitte.
La farsa si ripete oggi con la Serenissima Repubblica di San Marino: è riuscita a farsi attaccare dal Fondo Monetario Internazionale, però non si sa in cerca di quali vantaggi e per chi. Lo scontro tutto interno all’opaco sistema di potere del Titano ha coinvolto lo stesso Carlo Cottarelli, capo della circoscrizione del Fmi di cui fa parte San Marino. In campo ci sono cinque delle sei banche sanmarinesi e l’associazione bancaria (Abs) guidata dall’economista Biagio Bossone (in Italia profeta della moneta fiscale), affiancate dalle opposizioni democristiana (sic) e filo grillina. Tutti contro la sesta banca, la Cis, e con chi accusano di farne il gioco: la banca centrale e Cottarelli. La Serenissima è in preda a una profonda crisi bancaria provocata in gran parte da furbetti italiani, oggi accusati di pilotare l’emergenza “dall’estero”.
LO SCONTRO è culminato in un esposto alla Reggenza, cioè la presidenza della Repubblica, che allude a “un disegno opaco, silente e inarrestabile che mira a un controllo eversivo di alcune funzioni dello Stato, verosimilmente a servizio di alcuni deteriori interessi economici stranieri”. Sotto accusa il presidente della Banca Centrale, l’egiziano Wafik Grais, che non parla italiano in un posto dove quasi nessun banchiere parla inglese.
Manca solo Peter Sellers, ma la storia è seria. La Serenissima Repubblica non è uno scherzo, è uno Stato sovrano, con confini, leggi, parlamento e banca centrale. Ha anche un sistema giudiziario completo ma in miniatura che si chiama Tribunale, come quello della città di Acchiappa-citrulli a cui si rivolse Pinocchio, “preso dalla disperazione”, quando si accorse che il Gatto e la Volpe si erano presi le monete d’oro senza dargli in cambio neppure una subordinata Etruria.
Con soli 32 mila abitanti, negli anni della bolla finanziaria ( 2002- 2008) San Marino è stata un paradiso off-shore per i soldi in nero di tanti imprenditori italiani. Poi l’Italia ha cambiato le regole e sono scomparsi di colpo un terzo dei depositi bancari, mentre sono rimasti (in sofferenza) i crediti dati allegramente.
San Marino non aderisce all’Ue e non ha rapporti con la Bce. Ha affidato il suo sistema bancario al Fmi, sezione Cottarelli. Il quale ha spezzato le reni alla Grecia, ché era pesantemente indebitata con l’estero, mentre San Marino verso l’estero ha più crediti che debiti. Il debito pubblico è solo 330 milioni (20% del Pil). Metà dei crediti delle banche sono deteriorati: un disastro che minaccia i sanmarinesi e una ricchezza pro capite doppia di quella italiana. L’opposizione si chiede dunque perché Cottarelli sia così severo, e ha inviato un esposto alle due “Eccellentissime Capitane Reggenti” Mimma Zavoli e Vanessa D’Ambrosio.
LE ACCUSE hanno scatenato sul Titano polemiche furiose. Cottarelli tace. Il governatore Grais è accusato di pregressi collegamenti con la Cis e, tra le righe, di esserne ispirato, per esempio quando ha stoppato l’istituzione della Centrale rischi, definendola “problematica e dannosa”. Sì, a San Marino una banca non sa se il suo cliente è indebitato anche con un’altra banca ed è magari insolvente.
Secondo l’esposto ci sono aspetti opachi nei rapporti tra Cis, banca centrale e Fmi. Appena conclusa l’ultima missione annuale, a fine marzo, il governatore Grais ha informato l’inviato di Cottarelli che la Cassa di risparmio di San Marino (Crsm, la più scassata, ha da sola oltre metà delle sofferenze del sistema e a forza di salvataggi è diventata statale) è stata ricapitalizzata gonfiando il valore di un immobile. Un reato che la Banca centrale segnala al Fmi anziché al Tribunale o al governo. Ancora: l’anno scorso la missione Fmi si presentò a San Marino con un consulente, Lorenzo Stanghellini, ex presidente della banca Cis. Il fatto “venne segnalato telefonicamente da San Marino al Dott. Sean Hegan, Direttore del Dipartimento Legale del Fmi, e fu solo grazie all’intervento di quest’ultimo” che Stanghellini fu allontanato.
Debitore eccellente di Cis è il finanziere italiano Francesco Confuorti, la cui Advantage Financial ama invitare economisti di grido (tra cui Cottarelli) a dotti convegni sul destino del mondo. L’espost o dell’opposizione nota anche che Grais ha da poco commissariato la Asset Bank scegliendo come commissario “Giuseppe Pedrizzi, figlio di Pedrizzi Riccardo, un ex-senatore italiano” socio di Confuorti nella Advantage Financial. La Cis, esposta verso Confuorti per 30 milioni (che a San Marino sono una cifra), l’ha comprata l’imprenditore Marino Grandoni grazie a un prestito della sullodata Crsm. Quindi, insinuano gli oppositori sanmarinesi: Confuorti condiziona il suo creditore Grandoni (che ha già annunciato querele); Grandoni condiziona il suo creditore Crsm, cioè lo Stato.
NEI GIORNI SCORSI Grais è andato a Washington per gli spring meetings del Fondo monetario, e ha alzato la solita cortina di mistero: “Dobbiamo gestire l’opinione pubblica – ha detto – e ogni indiscrezione può creare problemi”. Gli ha fatto eco il segretario alle Finanze Simone Celli: “Bisogna evitare l’effetto panico nei cittadini”. L’Fmi sta raccomandando, per la gioia di Grais, la vendita rapida delle sofferenze, sia pure a prezzo vile. Gli insolventi sperano che i fondi acquirenti siano loro amici.
Alle banche resterebbe un buco patrimoniale che lo Stato dovrebbe coprire, per poi consegnarsi, stavolta davvero, al Fmi. La storia è complicata e non è facile tracciare confini esatti tra torti e ragioni. Ma la puzza d’imbroglio si sente da lontano. Anche dall’Italia.

 

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