Alla recente Giornata nazionale promossa dalla Fondazione Carim, sul tema: ‘Valorizzazione e assistenza agli anziani e housing sociale’ è stata presentata l’esperienza lombarda del Fondo Immobiliare etico ‘Abitare sociale 1’ di Crema dove, per un costo preventivato di ‘soli’ 1400 €. al mq. sarebbero in costruzione abitazioni di ottimo livello (costruzioni eco-sostenibili a basso consumo energetico), da cedere in affitto, o eventualmente in proprietà, a soggetti che dimostrino di possedere una relativa disponibilità economica (400 – 500 €/mese per appartamenti di taglio medio piccolo).
Nei casi prospettati di ‘housing sociale’ sarebbero previsti investimenti a tasso fisso, con rendimenti programmati del 2 – 3%, oltre il tasso di inflazione corrente !!
Ma la condizione fondamentale è la disponibilità di aree agricole a basso costo (attorno ai 60 – 70 €. al mq.), un’operazione immobiliare che, in prospettiva, pare trovi tutti d’accordo, ma qualche perplessità rimane:
· E’ necessaria una “Fondazione etica” per questo tipo di operazione, che tradizionalmente è sempre stata portata avanti, nell’edilizia convenzionata/agevolata degli anni 70/80 e ’90, da cooperative ed imprese?
· Dove si reperiranno le risorse finanziarie agevolate per mettere in moto l’operazione, al di là delle semplici ipotesi di finanziamenti statali o comunitari, ancora tutte da verificare?
· Sono reali le cifre sul costo finale degli alloggi indicate dai relatori, visto che si tratta soltanto di calcoli presuntivi e riferiti ad un’altra realtà?
· A quale fascia economica di famiglie si può rivolgere questa proposta, visto che l’affitto sarà tale da dover garantire una redditività di almeno 2 o 3 punti superiore all’inflazione?
· Quali caratteristiche sociali avrà questo mix di possibili utenti finali (anziani, giovani coppie, immigrati, famiglie mono o bi reddito) ? Quale collante, oltre all’accessibilità del bene casa, può fare di questa aggregazione anonima una comunità sociale?
· Di quali servizi e di quali presenze avrà bisogno una tale insediamento per non essere una periferia urbana dormitorio?
· Quali espansioni e potenziamenti di infrastrutture a rete saranno necessari per servire le nuove aree edificabili?
· Come sarà possibile superare tutte le difficoltà urbanistiche per operare una variante ad hoc, che deve trovare l’assenso di Comune, Provincia e Regione, in contrasto con le previsioni vigenti?
· Cosa ne penseranno i proprietari delle 214 aree già edificabili nel PRG, ma gravate da un eccesso di vincoli e di obblighi, che non rendono conveniente la loro edificazione, che verranno messi da parte col nuovo PTCP, dopo aver pagato inutilmente per oltre 10 anni l’ICI di aree edificabili ? E’ proprio certo che non reagiranno a colpi di ricorsi e richieste danni?
Queste sono solo alcune domande, che ancora sono aperte, a cui il coro dei soggetti interessati all’operazione di ‘housing sociale’ dovrà dare risposta.
Certamente dovrà essere una risposta, anche quantitativamente, rilevante per giustificare un’operazione così complessa e problematica.
Ma ancora una domanda urge:
· Cosa c’è di nuovo in tutto questo? E chi penserà a quei casi sociali che non riescono ad arrivare a quella fascia di reddito cui si vuol dare risposta?