I due punti, Teramo: Massoneria, Tercas e San Marino. Elso Simone Serpentini e Giancarlo Falconi

I due punti, Teramo: Massoneria, Tercas e San Marino. Elso Simone Serpentini e Giancarlo Falconi

I due punti TERAMO

La voce

I Poteri Forti: La Massoneria tra la Tercas e San Marino

1

ottobre

2015

di Giancarlo Falconi

Un chiodo fisso. Perchè a Teramo ancora non è stato istruito il Processo Tercas? Che cosa ha scritto l’ex Direttore Antonio Di Matteo nella sua memoria difensiva di oltre quindicimila pagine, tra allegati e prove documentali? Chi ha paura di lui? Quali politici teramani e abruzzesi chiamerà a testimoniare? Quali verità ci sono tra le pieghe dei conti correnti, dei prestiti, dei mutui e altre operazioni finanziarie? Si potrebbe parlare dell’ordine della Loggia Massonica di Rito Egizio Accademia Usarkaf o dei Martinisti di Napoli e del regno delle due Sicilie. Si potrebbe discutere degli stretti rapporti tra La Grande Loggia Regolare di ­­Marche e Abruzzo e le obbedienze di San Marino. La nazione del Titano ha 14 obbedienze operative di cui una collegata con il G.O.I. di Palazzo Giustiniani e una con la G.L.I.Palazzo Vitelleschi.La massoneria italiana con le sue mille obbedienze simili ai suoi campanili non avrà ma il giusto peso politico, se non raggiungerà la convivenza sotto lo stesso tetto. L’Opera Omnia. Una mano nera coperta da tante altri mani che hanno disegnato il grande scippo in aiuto di altre banche in difficoltà. Fratelli. La Tercas era solamente una cassaforte, un caveau dove nessuno era in grado di conteggiare realmente l’enorme quantità di denaro romano. A nessuno interessa che il territorio abruzzese sia stato depredato e che l’accesso al credito sia una lontana chimera. Noi non torneremo indietro perchè siamo parte di una matassa da dirimere. Noi non torneremo indietro perchè siamo troppo curiosi. Noi non torneremo indietro in nome e per conto di tutti gli ex azionisti, dei clienti dei Pronti Contro Termine, degli imprenditori strozzati per un boccone di pane e degli impiegati licenziati. Noi non torneremo indietro ma presto, vi racconteremo un’altra storia. e non finisce qui…

Il muratore

Noterelle massoniche 20: Tercas e massoneria: un connubio accertato

8

gennaio

2014

di Elso Simone Serpentini

Il Centro” a firma di Lorenzo Colantonio, si chiede:Perché chiamare un conto corrente segreto con un nome che ricorda un simbolo della massoneria? E perché nascondere tre milioni e mezzo di fondi neri dentro un “Obelisco”? Una semplice e singolare coincidenza?” E informa: “Dalle carte della Finanza è spuntato il nome ‘Obelisco’. Non è un nome qualunque. Esce dalle carte che ricostruiscono il complesso giro fatto fare da Di Matteo, con la presunta complicità di altri personaggi eccellenti indagati, a fior di milioni spariti dal maxi fallimento romano del costruttore Raffaele Di Mario, che la Finanza indica come l’imprenditore-amico di Di Matteo che finanziò l’operazione San Marino. I milioni, un fiume di soldi, avrebbero attraversato mezza Europa, prima di essere depositati, a nome di Di Matteo, in una banca di Singapore, attraverso appunto il conto ‘Obelisco’Ma che cos’è l’obelisco per la massoneria? torna a chiedersi “Il Centro”, riferendo poi alcuni elementi tratti e traibili dalla rete, anche su Google. Posso dire che, finalmente, tutti hanno aperto gli occhi e anche gli increduli saranno ora costretti a credere a ciò che non credevano quando le dicevo io, prima in una conferenza stampa, quando il 10 gennaio 2011, oltre a denunciare lo strano caso dell’avatar massonico di “Teramo Virtual City”, accennai ad un’altra strana “coincidenza”, sulla quale poi tornai il 17 marzo 2012, in un convegno sulla massoneria a Bellante, della quale scrivevo nel mio libro All’Oriente di Teramo, edito da Artemia Edizioni nel 2013 alle pagine 275-76: “Nella conferenza di Bellante segnalai una curiosità: sulla copertina del bilancio Tercas 2009 compariva una colonna ionica, la stessa che da anni compariva sulla rivista massonica Hiram. Mi chiesi il perché. La precisa coincidenza delle due figure non poteva essere casuale. Era ovvio percepire una valenza simbologica e considerare quanto conti nella massoneria la simbologia e le colonne di Hiram sono uno dei simboli più noti e fondamentali.”

Riproduco qui, in questa noterella, la copertina del bilancio Tercas (2009, piena epoca Di Matteo) e quella della rivista massonica “Hiram”. Ognuno può vedere che davvero non si può parlare di “coincidenza”. E coincidenza non era. Il connubio Tercas-massoneria non è più ormai solo “sospetto”, ma “accertato”. Che tra il vertice della Tercas, composto all’80% da massoni, e clientela privilegiata che godeva di crediti illimitati e non concessi ad altri, ci fosse uno stretto collegamento, c’erano molti indizi, che sono diventati nel frattempo prove, sulle quali la magistratura sta indagando. A parte il capitolo San Marino (e anche qui, vedrete che ne usciranno delle belle, quanto a presenza della massoneria teramana), basta un’analisi anche sommaria per avere la conferma di intrecci massonici. Si può quasi “pescare” a caso.

Prendiamo il caso di Vittorio Casale, del Gruppo Casale, al quale la Tercas affidò 38 milioni di euro, dei quali 32 ritenuti non recuperabili. Immobiliarista definito “rosso-mattone”, Casale aveva fatto soldi comprando palazzi e rivendendoli a prezzi folli, fino a quando il meccanismo si è inceppato ed è rimasto con il cerino in mano, quattro bancarotte, 10 milioni di tasse evase, una montagna di debiti con Unicredit, Unipol e Intesa. Arrestato più volte. Di lui, amico di Giovanni Consorte, quello dell’Unipol, Il fatto quotidiano il 14 giugno 2011 scriveva: “Le carte che hanno portato in carcere Casale L’immobiliarista massone amico dei potenti” e Il giornale.it (Mer, 04/01/2006 – 00:00): “Quel massone che non volle la tessera del Pci” e poi “Per sua stessa ammissione è un massone”. Sulla rete se ne sparlava abbastanza. Si poteva leggere nel 2012 mentre alla Tercas si faceva ancora finta di non sapere chi fosse: “l’immobiliarista Vittorio Casale, massone conclamato che all’epoca era stato chiamato dal cardinale Jozef Tomko a partecipare ad un progetto di ristrutturazione del patrimonio di Propaganda Fide, il ministero degli Esteri del Vaticano” (tratto da: http://lnx.mariostaderini.it/staderini/?q=node/142). Nel 2.000 venne arrestato Salvatore Spinello nato a Caltanissetta nel 1922, una lunga carriera ai vertici della massoneria, poi, dal 1980, Gran Maestro del Grande Oriente scozzese d’Italia-Comunione di piazza del Gesù, amico di Craxi e di tanti big della Prima Repubblica, in rapporto con il celebre filosofo Vittorio Mathieu, massone anche lui. Nel 1992 Spinello aveva fondato il Cirs, Centro internazionale studi e ricerche, che lui chiama il “braccio secolare dell’istituzione”, cioè la copertura dell’attività massonica. Nel Cirs, che voleva riscrivere la Costituzione italiana, c’era anche Mathieu. Spinello e Mathieu organizzavano convegni anche a San Marino. Bene, fu proprio mentre stava andando ad incontrare Vittorio Casale che, intercettato nella sua automobile sulla quale erano state collocate delle cimici, il 13 ottobre 1999, la sua voce fu registrata mentre diceva: “…ero entrato in massoneria e dall’interno della struttura il Gran Maestro di allora, Ceccarini, premeva perché si costituisse una struttura culturale che fosse il supporto, direi, nel mondo profano e creò il Centro Internazionale Studi e Ricerche a Torino […] Siccome eravamo tutti massoni, ivi compreso il presidente, il rettore magnifico dell’Università di Torino, ci siamo sentiti ieri, e lui, Mathieu, Durando, Ricossa eccetera, ci consorziamo in un istituto che fa i corsi post universitari […] per creare una classe politica, e ci distribuiamo le discipline per l’insegnamento. Mathieu prende la disciplina morale”. Da tener presente che don Francesco Ricossa, direttore della rivista “Sodalitium”, organizzò a Modena l’8 marzo 2011 un seminario di studi sul tema: “Risorgimento: massoneria e protestantesimo all’assalto dell’Italia  cattolica” Di Vittorio Casale il Corriere di Bologna il 14 giugno 2011 faceva un bel ritratto, titolando “Padre del Bingo, massone dichiarato. Ecco l’immobiliarista vicino a Consorte”. Seguiva un bell’elenco di iniziative non certo in odore di santità, anche se molte non estranee al Vaticano, di Casale, amico di Massimo D’Alema, partecipe di progetti di ristrutturazione del patrimonio di Propaganda Fides e di enti religiosi”. Su ISCHIA BLOG il 26 giugno 2011 si leggeva: “questo Vittorio Casale, ex re delle Sale Bingo, esponente di spicco (secondo “Il Fatto Quotidiano”) della massoneria dell’Emilia Romagna, arrestato per bancarotta fraudolenta, immobiliarista di fiducia di Giovanni Consorte, amico di D’Alema, e coinvolto anni fa nello scandalo UNIPOL, il grosso gruppo finanziario legato alla Lega per le cooperative…[…] L’unico a rivendicare con orgoglio la sua appartenenza alle logge è un amico di Consorte (ma anche di Francesco Cossiga): Vittorio Casale.

Ma non è solo Vittorio Casale, tra gli imprenditori a cui la Tercas ha affidato milioni di euro, ad essere massone. Gabrio Caraffini risulta esserlo almeno dal 1994. Infatti compare nel famoso elenco “massoni d’Italia” (più volte citato nel mio libro), con questa dicitura: “Gabrio Caraffini, 02/11/1954 Città di Castello, Perugia, Umbria.” Ex numero uno di Trafomec A, Caraffini faceva capo la Gepafim Holding, un gruppo imprenditoriale attivo nel settore industriale, finanziario ed immobiliare. Geometra, noto imprenditore alto tiberino, fu arrestato nel settembre 2011 per bancarotta e riciclaggio con altri quattro dirigenti della sua holding, con l’accusa di aver sottratto capitali e fatto fallire due azienda. Le sue vicende si intrecciano con quelle di Raffaele Di Mario, coinvolto in altre vicende giudiziarie. Nella vendita di alcuni terrori sarebbero state create plusvalenze per 53 milioni di euro finite in parte a Di Mario attraverso false fatturazioni, ma il “dominus” dell’operazione sarebbe stato proprio Caraffini. Nel 2008 Caraffini aveva affondato la ditta di Bassano del Grappa Iar Siltal gettando sul lastrico 250 lavoratori. Oltre a Ciancimino jr, Caraffini è tra le persone indagate per aver un ruolo nell’operazione finanziaria che avrebbe consentito di rendere invisibile i circa 100 milioni di euro del tesoro nascosto di Ciancimino sr,  ex sindaco mafioso di Palermo alle strutture investigative, ai vincoli e alle azioni giudiziarie, tentando di «polverizzare» il denaro riciclandolo nel settore dei rifiuti.

E che dire di Giampiero Samorì? Autore di ben quattro scalate alla Banca Popolare dell’Emilia Romagna, l’avvocato Gianpiero Samorì, uomo vicino a Marcello Dell’Utri, già vicepresidente dei Circoli del Buon Governo, indicato addirittura come il successore di Berlusconi, aveva una cassaforte, la Modena Capitale spa, nella quale a diverso titolo c’erano il re dei liquori Mario Casoni e, nel credito, Veneto Banca e la teramana Tercas. Molto amico di Emilio Fede, è proprio lui, Samorì, che fece avere all’allora direttore del Tg4, a novembre del 2008, un’apertura di credito per 200 mila euro nella filiale di Bologna della Tercas, di cui Samorì era uno dei migliori clienti e anche socio e poi lo aiutò ad aprire due conti presso la filiale di Modena della Tercas, ricevendo in prestito 950 mila euro tra il 2009 e il 2010. Anche lui veniva e viene indicato non estraneo al mondo delle logge emiliane e romagnole. Tra l’altro già il suo cognome nella sua regione evoca quello di altolocati massoni, a cominciare da quel Cesare Samorì (anche lui della provincia forlivese, come Gianpiero), confratello emerito del Grande Oriente d’Italia, presente con la qualifica di “imprenditore” nel citato elenco “massoni d’Italia”.

Quanto a Pierino Isoldi, immobiliarista, al centro di un’inchiesta già da tempo avviata dalla Procura di Forlì, (indagato per altre vicende personali non nobili, finito in carcere con l’accusa di frode fiscale, estorsione e appropriazione indebita) nel 2009 nel suo tentativo di scalata alla Aedes, quotata in Piazza Affari. Consulenti nell’operazione, poi fallita, aveva avuto come consulente e mediatore l’amico Franco Bonferroni, ex parlamentare, consigliere di amministrazione di Finmeccanica in quota UDC,  con un debole per gli incassi in nero. Lo ammette lui stesso in Procura a Forlì, sentito come testimone, dicendo: «Sì, Isoldi (l’accusatore, ndr) mi ha dato 100 mila euro in nero, per “ungere” i banchieri. Io non mi sono prestato ma ho tenuto la somma. Comunque, dottore, domani stesso vado all’Agenzia delle Entrate ad autodenunciarmi. Sa… io nella mia prassi fatturo sempre». Di lui, invece, è lo stesso Isoldi che dice, in carcere, che è massone. “Si vantava di essere uno dei potenti della massoneria” dice Isoldi, anche se Bonferroni lo smentisce: “ Isoldi è un gran filibustiere». Questo è solo un piccolo spaccato del mondo e degli intrecci tra banca e massoneria nella quale la Tercas aveva finito per cacciarsi. E’ fin troppo eloquente quel simbolo massonico sulla copertina del bilancio Tercas 2009. Ed è fin troppo evidente come mai e perché il Calendario Tercas del 2010 aveva come oggetto proprio il cuore della massoneria emiliano-romagnola: Modena. Mi punge una curiosità: come mai alla presentazione del calendario il presidente della Tercas Lino Nisii era (insolitamente) assente? Il 28 novembre 2009 emmelle.it scriveva: “Con il saluto del generale Bernardini, comandante dell’Accademia militare dell’esercito e dei carabinieri, è stato presentato alle autorità e al sindaco di Modena il Calendario artistico 2010 di Banca Tercas. Lo scenario era quello di Palazzo Ducale, sede dell’Accademia. A fare gli onori di casa Tercas, in assenza del presidente Lino Nisii, è stato Antonio Di Matteo, direttore generale dell’Istituto di credito”.

Chissà se qualcuno attorno a Modena aveva cominciato a sentire puzza di bruciato?

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IL CENTRO
Data: 07/01/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Tercas: nuovi retroscena. Milioni nascosti nel conto “Obelisco”. Di Matteo, spunta il nome di un simbolo della massoneria nell’inchiesta della Finanza sui fondi neri versati all’ex dg
E oggi Nuzzo spiega perché la Fondazione non ha mai saputo nulla dei 220 milioni spariti

TERAMO Perché chiamare un conto corrente segreto con un nome che ricorda un simbolo della massoneria? E perché nascondere tre milioni e mezzo di fondi neri dentro un “Obelisco”? Una semplice e singolare coincidenza? E’ uno dei retroscena, forse il più enigmatico, per non dire inquietante, dell’inchiesta sullo scandalo Tercas, quindi sulla “banca parallela” aperta a San Marino, sui 220 milioni di euro spariti dalla Cassa di Risparmio di corso San Giorgio e sull’ex dg, Antonio Di Matteo, al quale il gip di Roma, Vilma Passamonti, a Capodanno, ha concesso gli arresti in casa ad Avezzano. Dalle carte della Finanza è spuntato il nome “Obelisco”. Non è un nome qualunque. Esce dalle carte che ricostruiscono il complesso giro fatto fare da Di Matteo, con la presunta complicità di altri personaggi eccellenti indagati, a fior di milioni spariti dal maxi fallimento romano del costruttore Raffaele Di Mario, che la Finanza indica come l’imprenditore-amico di Di Matteo che finanziò l’operazione San Marino. I milioni, un fiume di soldi, avrebbero attraversato mezza Europa, prima di essere depositati, a nome di Di Matteo, in una banca di Singapore, attraverso appunto il conto “Obelisco”. Ma che cos’è l’obelisco per la massoneria? Per scoprirlo basta cercare la risposta su Google: «Uno dei simboli più potenti dell’ascesi alchemica ed ermetica (e, quindi, massonica) è l’obelisco», si può leggere su uno delle decine di siti on line che ne parlano. «Il suo significato esoterico è il medesimo di quello che simboleggia la piramide: si tratta della ricongiunzione all’Uno a partire dal quadrato – o da una qualunque figura di superficie – che simboleggia il mondo grossolano a cui apparteniamo fisicamente. In terra massonica, questa simbologia egizia cara agli eredi dei templari ha sempre una vistosa collocazione: l’obelisco di Luxor, costruito 3.200 anni fa, campeggia in Place de la Concorde a Parigi, vicino all’obelisco moderno della Tour Eiffel (Eiffel era massone, per inciso); a Washington, nella città dedicata all’omonimo presidente massone, campeggia un gigantesco obelisco». Torniamo quindi all’inchiesta e al conto bancario segreto.La Finanza romana segue le tracce – come nella favola di Pollicino – lasciate da Di Mario che «distrae 3,5 milioni dalla società Gepafin Holding», dopositandoli, «attraverso un bonifico disposto da S. P. in favore della società lodinese Mc Cloud Group» nella Barclay Bank di Londra. Da lì i cosiddetti fondi neri prendono due strade diverse. Quella che ci interessa riguarda 2,2 milioni di euro che finiscono su un conto intestato alla Abridge Trading Sa per poi essere bonificati sul conto “Obelisco”, presso la Bnp Paribas di Lugano, riconducibile a Di Mario. Arriviamo così alla tappa finale del viaggio dei fondi neri. Dal conto cifrato elvetico i soldi prendono il volo per il Sud Est asiatico. La Finanza infatti scopre le tracce di un bonifico da 2 milioni di euro, a favore dell’ex dg della Tercas, nella Ubs Ag Singapore Branch. Così Di Matteo, con Di Mario e altri, si ritrova indagato anche per riciclaggio transnazionale che ha permesso alla procura romana di sequestrare il suo tesoro ai fini della confisca. Ma torniamo infine a Teramo, ai fatti di casa nostra. Alle 11,30 di oggi si terrà una conferenza stampa. Parla Mario Nuzzo, presidente della Fondazione Tercas che ha molte cose da chiarire. Ma soprattutto risponderà a chi lo accusa già, o potrebbe farlo, del fatto che la Fondazione non si fosse mai accorta di nulla. Possibile che nessuno, tra i soci di maggioranza, si fosse reso conto delle operazioni studiate e messe in atto da Di Matteo per svuotare la Tercas? La risposta di Nuzzo, che ha già anticipato al Centro la sicura costituzione di parte civile contro l’ex dg e l’ex cda, sarà semplice: la Fondazione si è sempre servita di un advisor per certificare i bilanci della Tercas. Nessuno ha colpe, dirà Nuzzo. Del resto Di Matteo è riuscito a ingannare persino la Banca d’Italia prima e dopo l’acquisto di Caripe. Lo afferma l’accusa nelle sue carte.

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