UNIONE SAMMARINESE DEI LAVORATORI
I frontalieri sono tornati a far sentire la loro voce, come dargli torto. In un Paese che vanta tradizioni di ospitalità, equità e libertà come si può pensare che ci sia l’art.56 della Finanziaria, che non prevede il recupero delle spese di produzione per gli stranieri che lavorano sul titano, che è non razzista ma sicuramente discriminatorio. Non possiamo ignorare questa discriminante, tutti insieme dobbiamo immediatamente affrontarla e risolverla. Nel discorso di fine mandato della Reggenza uscente c’è un trafiletto che cita: “Dobbiamo delineare un nuovo, chiaro, realistico e coraggioso progetto di sviluppo che possa garantire un futuro alle nuove generazioni. Favorire nuovi investimenti … con lealtà e pragmatismo con le esigenze della economia, senza per questo ignorare né i diritti dei lavoratori né le basi dello stato sociale.” Giustissimo, non si possono ignorare i diritti dei lavoratori, e lavoratori sono tutti coloro che per l’appunto lavorano, che siano frontalieri, sammarinesi, residenti, operai, impiegati o datori di lavoro. Questa norma colpisce una fascia di lavoratori e mette a rischio il valore più importante per una comunità, la coesione sociale. È sbagliato a prescindere alimentare tensioni e contrapposizioni, ancor di più se sono pericolose per il progresso e la crescita delle aziende da un punto di vista sociale, produttivo e competitivo. San Marino si deve aprire a nuovi mercati e a nuove regole di trasparenza e equità, lo ha scritto anche l’FMI nel suo rapporto, creare discriminanti fra la stessa tipologia di lavoratori non mi sembra vada in questo senso. Certo che i tempi della politica spesso non sono quelli del mondo del lavoro, ma questo è il momento di avere coraggio e cancellare il provvedimento per poter uscire uniti ed insieme dalla crisi nell’equità e nella giustizia sociale. Certo l’abrogazione di tale articolo non è la panacea di tutti i mali per questa tipologia di lavoratori; si deve lavorare in parallelo per creare una legge che regolamenti tutto il frontalierato, anche quello dall’Italia verso altri Paesi. Per fare questo gli Stati devono interagire, sinergicamente, per dare regole certe e basarle sui giusti presupposti che non possono e non devono avere come cardine la residenza ma il paese in cui si lavora e la produttività creata in esso. Ci vuole una legge ordinaria e per costruirla si devono tener conto di tutte le voci della governance di un paese. Quindi chiediamo a gran voce allo stato sammarinese che questa discriminante venga sanata e allo stato italiano che si attivi per creare un tavolo di lavoro congiunto che porti ad una legge che faccia definitivamente chiarezza sull’annoso problema dei diritti e dei doveri dei lavoratori frontalieri.
Francesca Busignani
Segretario Industria e artigianato
San Marino lì,22/03/12
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