I professionisti prime ‘sentinelle’ nella lotta al denaro sporco. Alessandra Nanni, Il Resto del Carlino

I professionisti prime ‘sentinelle’ nella lotta al denaro sporco. Alessandra Nanni, Il Resto del Carlino

Il Resto del Carlino Quotidiano Nazionale
I professionisti prime ‘sentinelle’ nella lotta al denaro sporco‘Controlli e segreti’, a Rimini giuristi, commercialisti e bancari
Alessandra Nanni
Criminalità 
organizzata, operazioni finanziarie sospette, riciclaggio, l’etica
delle banche e dei professionti, quali commercialisti, notai, avvocati e
consulenti. E il segreto bancario, troppo spesso ostacolo alla
trasparenza. «Controlli e segreti. La lotta al denaro sporco » è il tema
del convegno che si è svolto ieri a Rimini e che ha visto riuniti
magistrati, giuristi, avvocati e funzionari della Banca d’Italia. Un
incontro organizzato nelle sale della Banca di Credito cooperativo della
Valmarecchia e voluto dall’Associazione dei dottori commercialisti
della provincia, alla luce delle ultime inchieste che svelano come
l’infiltrazione della mafia nel tessuto economico, soprattutto nella
nostra regione, è molto più ampia di quanto si sospettava. E tutti si
sono trovati d’accordo su un punto in particolare, le prime ‘sentinelle’
sono proprio i colletti bianchi. Ad approfondire l’argomento è stato
Fabio Di Vizio, il sostituto procuratore di Forlì che con l’inchiesta
‘Re Nero’ ha provocato un vero terremoto a San Marino. «I professionisti
e gli operatori bancari—ha detto il magistrato— possono molto con i
loro comportamenti e le loro indicazioni qualificate per aiutare i
controlli e per garantire il rispetto delle regole del settore economico
finanziario.Mapossono, allo stesso tempo, essere decisivi per sancirne
l’assoluta ineffettività. Possono scegliere di coltivare baratti di
notizie volte a ostacolare il sistema delle regole, a eluderne i
controlli, a diffondere sistemi ‘studiati’ che vanificano gli uni e le
altre». Di Vizio parla dell’etica sociale del professionista e delle
banche, ma anche di ‘sciatta osservanza delle regole’, dove si agisce
formalmente nella legalità, ma in realtà senza farsi troppe domande.
«Questa nozione di ‘etica professionale’—spiega—è il modo moderno con il
quale si declina la legalità ‘partecipata’ delle banche come quella dei
professionisti, di coloro cioè che sono prossimi alla fonte di
pericolo. L’impegno di dire tutto e fino in fondo, ma di chiedere anche
tutto a chi ha il dovere di farsi conoscere quando viene sottoposto a
verifiche imposte dalla normativa antiriciclaggio ». «L’effetto
dell’arrivo massiccio del denaro di provenienza illecita ha un effetto
devastante sulla realtà economica—ha incalzato il procuratore della
Repubblica di Rimini, Paolo Giovagnoli — accade così che il denaro viene
depositato in banche che non svolgono l’attività di adeguata verifica e
compiono le operazioni sospette senza alcuna segnalazione.
Professionisti che si prestano a dare consulenze sui modi migliori per
occultare, riciclare e investire il denaro sporco, imprenditori che
fanno da soci o prestanome» Filippo Sgubbi, professore ordinario di
Diritto Penale, ha sottolineato infine come il segreto bancario «sia
ridotto oggi ad ambiti estremamente circoscritti, ma che vi sono vari
obblighi da parte di professionisti e intermediari di dare le dovute
comunicazioni all’autorità pubblica ».E chiude senza mezzi termini
sostenendo che «un ambito rimasto di segreto attiene allo scudo fiscale,
con la conseguenza che il diritto di segreto bancario è oggetto di
acquisto a pagamento da parte del cittadino».

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