Il conto che l’Italia non può pagare. IlSole24Ore, Roberto Napoletano

Il conto che l’Italia non può pagare. IlSole24Ore, Roberto Napoletano

IlSole24Ore, 6 settembre 2011
Il conto che l’Italia non può pagare
di Roberto Napoletano
Il peggio previsto si è puntualmente verificato, il differenziale tra titoli di Stato italiani e tedeschi ha toccato il nuovo massimo da quando (lunedì otto agosto) la Banca centrale europea ha cominciato a comprare i nostri titoli pubblici e quelli spagnoli. Ho ascoltato con le mie orecchie domenica mattina, al Forum Ambrosetti di Cernobbio, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, parlare per minuti interminabili di Waterloo, Vestfalia, Deauville e Versailles, davanti a un pubblico attonito che chiedeva risposte urgenti per curare il male italiano.
Mi sono permesso di segnalare più volte, in quella mattinata, che esiste un serissimo problema globale ma insieme – e ancora prima – uno specifico, serissimo problema italiano che riguarda la credibilità della sua classe di governo e il senso di responsabilità dell’opposizione e dell’intera sua classe dirigente. A nessuno (dico nessuno) può essere consentito di “giocare” con il risparmio e il lavoro degli italiani mentre la casa (questa casa) sta bruciando.
 
L’assuefazione allo scandalo quotidiano che investe direttamente il presidente del Consiglio, suoi ministri e loro strettissimi collaboratori, uomini rappresentativi del più importante partito dell’opposizione (e non solo), mina alle radici la coscienza civile di un Paese, indebolisce in modo preoccupante la sua fibra etica, tocca al cuore l’identità della Repubblica italiana e la forza propulsiva della sua comunità di cittadini e della sua economia.
Prima che non si possa fare più niente, prima che le banche italiane solide e liquide paghino ingiustamente il conto di un Paese superindebitato, si ritrovi nei fatti lo spirito di coesione invocato ancora ieri dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e si dimostri di saperlo tradurre in scelte impopolari e in un’azione immediata e lungimirante. Improntate a quel “conoscere per deliberare” che appartiene a Luigi Einaudi e ci ostiniamo a ritenere debba appartenere oggi più che mai a chi ha l’onore (e l’onere) di rappresentare questo Paese. Se si è in grado di farlo, lo si faccia, altrimenti si abbiano almeno l’onestà e la dignità di trarne le conseguenze.
P.S. Le nostre (gravi) debolezze non autorizzano nessuno, tanto meno la cancelliera Merkel, ad accostare con leggerezza l’Italia alla Grecia.

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