Il sole 24 ore

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Evasione fiscale. L’esigenza di riaprire i termini muove dalle promesse di abbassare l’Irpef e dai risultati deludenti da alcuni ex paradisi fiscali
Voluntary-bis alla ricerca di 2 miliardi
Con un sovrapprezzo rispetto alla prima versione possibile l’emersione di patrimoni per 15-30 miliardi
La fase 2 della voluntary disclosure si farà e partirà in piena estate. Dopo alcuni mesi di preparazione sottotraccia – tra problemi di opportunità politica nel rilanciare un’operazione che doveva essere “tombale” , e incidenti di percorso imprevisti, leggasi Panama Papers – il governo ha di fatto dato il via libera alla campagna di rilancio del rientro dei capitali.
A sostegno della voluntary 2 ci sono, da tempo, questioni di matematica finanziaria e anche – se non soprattutto – esigenze di contabilità pubblica.
Sul primo versante gli indizi raccolti dal comitato di studio avviato mesi fa – sotto il coordinamento del vice ministro Luigi Casero – dicono chiaramente che i 60 miliardi emersi nell’anno solare 2015 (periodo di vigenza della legge 186/14 sul rientro dei capitali) sono una parte importante ma non certo esaustiva del nero fiscale. All’appello mancano alcuni paradisi (ex) fiscali che non hanno brillato nelle statistiche pubblicate a gennaio dall’Agenzia delle Entrate (su tutti Monte Carlo, ma non solo) e manca soprattutto un’importante fetta del l’emersione domestica ( cassette di sicurezza, gioielli, contanti), l’aspetto forse più deludente della collaborazione volontaria del 2015.
Quanto alle esigenze di gettito, il Governo ha l’urgenza di far fronte tra l’altro alla scadenza delle clausole di salvaguardia, che finirebbero per impattare ancora sulla imposizione fiscale generale proprio mentre tutti gli sforzi sono concentrati sulla riduzione della pressione verso la classe media (si vedano le dichiarazioni di mercoledì di Matteo Renzi).
La probabile partenza della voluntary 2 potrebbe coincidere con il periodo feriale, l’ipotesi più probabile resta il prossimo 1° luglio. I tempi stretti non consentono una rivisitazione del testo di legge, che del resto ha funzionato bene, mentre ovviamente si pone il problema “equitativo” di penalizzare un po’ chi ha resistito alla precedente regolarizzazione e quello, ovvio, di allungare le annualità nel frattempo maturate del 2015-2016. Il gettito atteso dagli studi condotti nei mesi scorsi è compreso in una forbice da 1 a 2 miliardi di euro: parametrato alla precedente campagna, e al netto nelle nuove presumibili aliquote, significherebbe l’emersione di altri 15-30 miliardi di euro, un dato che avvicinerebbe, nel complesso, i 90/120 miliardi stimati all’estero a fine 2014 prima della partenza della voluntary 1.
Intanto all’indomani della pubblicazione della legge 69/2016 di ratifica del Protocollo sulle doppie imposizioni con la Svizzera (si veda Il Sole 24 Ore di ieri e anche l’articolo qui sotto) si registrano le prime reazioni della politica, che lasciano intravedere i preparativi della nuova voluntary disclosure. Secondo Maurizio Bernardo, presidente della Commissione Finanze della Camera ed esponente di Area Popolare «I recenti rapporti Ocse. Mostrano che diversi Paesi hanno adottato programmi di collaborazione volontaria che hanno portato a una graduale regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero con effetti positivi sui bilanci e ridando ai loro sistemi risorse e trasparenza. Alcuni, come la Germania, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno addirittura programmi permanenti». L’adozione dello scambio automatico a partire dal 2017/18 , secondo la scaletta adottata dai vari ex paradisi, segnerebbe comunque il termine temporale finale della nuova voluntary. Che potrebbe durare 12 o al massimo i 18 mesi necessari al varo del nuovo standard di trasparenza internazionale. 

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