AUTOMATISMI DI RISOLUZIONE 1. Considerazioni sul problema in sè

AUTOMATISMI DI RISOLUZIONE 1. Considerazioni sul problema in sè

AUTOMATISMI DI RISOLUZIONE 1

 (Didattica delle scienze e informatica nella scuola,n.
151 e 152, 1991, Editrice la Scuola di Brescia)

 

Considerazioni sul
problema in generale

Da studente non avvertii la
necessità di approfondire il significato del termine «problema». Non così da
insegnante. Da subito dovetti occuparmene. Ricordo ancora l’ombra di
preoccupazione negli occhietti dei miei ragazzi di prima medi quando, dopo
appena qualche giorno che ci conoscevamo, proposi: adesso facciamo un problema.
Pochi se ne mostrarono entusiasti. Perché? Provai a sondare, a capirne le
ragioni. Non ne ricavai gran che. 0 comunque non trovai indicazioni da spendere
subito, nel quotidiano. Ripiegai li­mitandomi a tentare di superare almeno la
componente psicologica di tale atteggiamento, con l’evitare, per un po’, di
usare quel termine. Anzi per un intero anno, la prima media, non parlai mai di
problema. Ovviamente problemi ne facevamo, e nemmeno pochi a giudicare da quanto
mi dicono quegli ex-allievi ormai un po’ cresciuti.

Al problema in effetti è assegnato
un ruolo importante nella nostra scuola. Forse, per certi aspetti; più
importante dello stesso «tema». Si potrebbe ripetere, in parte, quello che un
mio collega di lettere diceva proprio del tema. Tutto il cursus studiorum ne è
segnato. Eppure rimane un termine piuttosto vago, nonostante certi sforzi, per
altro anch’essi recenti, di individuarne i contorni. I libri di testo, ancora,
non sono di molto aiuto sull’uno e sull’altro. Hanno questo in comune: glissano.
Sino a non molto tempo fa, nei corsi di aggiornamento, quando si arrivava al
dunque, ci si rifugiava nell’appello alla buona volontà, alla professionalità
dell’insegnante ecc. ecc.

Qualcosa sta cambiando. Intanto si
osserva che di problemi si parla ed in un certo modo nei programmi ministeriali,
e fin dalle elementari: «Il pensiero matematico è caratterizzato dalla attività
di risoluzione di problemi e ciò è in sintonia con la propensione del fanciullo
a porre domande e a cercare risposte».

E nei «commenti» di quelli delle
superiori: «ciò che qualifica in modo più pertinente l’attività matematica è il
porre e risolvere problemi, nella accezione più ampia».

In effetti da qualche anno si
assiste a un certo dibattito. Ne è scaturita non solo la ben nota crociata
contro le «espressioni» (termine quasi sem­pre accompagnato da «chilometriche» o
«a più piani») ma, ad esempio, anche una riflessione sulla distinzione fra
«esercizio» e «problema». Indubbiamente c’è una tendenza o, almeno,
un’aspirazione sempre più diffusa a far leva sulla matematica per stimolare
intuizione, immaginazione, creatività: doti che comunemente si riconoscono nel
matematico tout court e, nello stesso tempo, capacità individuali
particolarmente apprezzate nella società di oggi ed ancor più (si dice) in
quella di domani. In questa ottica un’atti­vità ricorrente come il problema non
dovrebbe essere utilizzata solo per verificare l’appreso ma, collocata ai limiti
di questo, dovrebbe indurre o addirittura costringere a risistema­re l’appreso,
per trovarvi l’appoggio per un nuovo passo. Si vorrebbe che fornisse l’occasione
per stimolare a costruire proprie, personali procedure, piuttosto che per
cercare nella memoria regole, procedure da app­licare. Di qui l’insistenza per
il problema-problema, inteso come una esercitazione in cui si è chiamati a
mettere in gioco tutta la propria cul­tura e la propria capacità
creativa.

AUTOMATISMI DI RISOLUZIONE 1                        
Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy