INTERVISTA ALL’AMMINISTRATORE DELEGATO DEL CREDITO SAMMARINESE LUCIO AMATI

INTERVISTA ALL’AMMINISTRATORE DELEGATO DEL CREDITO SAMMARINESE LUCIO AMATI

La Repubblica di San Marino è ormai stretta da una serie di “tenaglie internazionali”, standard Ocse su tutti, che stanno mettendo a rischio il suo asset più importante, quello della riservatezza dei dati. Con la firma degli accordi con l’Italia e con almeno altri 12 Paesi lo scambio di informazioni fiscali diverrà routine.

Cosa cambia per il Titano?

È finita una fase storica per il sistema bancario di questo Paese, su questo non c’è dubbio, perché i valori sui quali è stato costruito il suo sviluppo sono finiti. Quello che però non si dice mai è che i vantaggi competitivi di cui San Marino ha potuto godere erano anche una contropartita a dei limiti imposti. Di fatto, le nostre banche sono state sempre obbligate a vivere all’interno dei confini sammarinesi e hanno sempre avuto le mani legate. Così, ogni qual volta si metteva il naso fuori, ne seguivano aggressioni o comunque pericoli e problemi da parte dell’Autorità italiana. Al contrario, per un imprenditore, come per un banchiere, il successo dipende spesso dalle sue capacità di inserirsi nei mercati internazionali.
In definitiva, i vantaggi competitivi che aveva il sistema bancario sammarinese facevano da contrappeso a questa impossibilità di fare sviluppo e di crescere. Ma di questo sento raramente parlare.

E ora?

Ora si sta aprendo un mondo nuovo, e la conferma arriva dall’uscita dalla procedura rafforzata del Moneyval e dall’entrata nella White list dell’Ocse. Il mio auspicio è che nel momento in cui veniamo a perdere quelli che storicamente sono stati i nostri vantaggi competitivi, almeno acquisiamo la possibilità di vivere e di potere operare, crescere e svilupparci. Per certi versi abbiamo vissuto una situazione atipica dato che non succede quasi mai che per potersi sviluppare un imprenditore debba mettere a rischio se stesso.
La domanda da porsi ora è: perdiamo i nostri privilegi, ma possiamo finalmente vendere i nostri prodotti in Italia, e non solo, senza i rischi penali di oggi?

Dovrebbe essere argomento degli accordi di collaborazione finanziaria con l’Italia. Il governo ne ha discusso il contenuto con voi banche? Tra l’altro il segretario di Stato per le Finanze, Gabriele Gatti, nella sua relazione sullo stato del sistema ha tracciato la via del futuro, incontrando il favore dell’opposizione: fondi comuni d’investimento e assicurazioni. Cosa ne pensa?

Del contenuto degli accordi non abbiamo troppo discusso a livello ufficiale, anche perché erano segregati, se non sbaglio. Ma quello che è certo è che l’attuale esecutivo ha speso tanta energia e tanto impegno per risolvere tutta una serie di questioni. E i risultati stanno cominciando ad arrivare. Sarebbe istruttivo capire, invece, come si sia arrivati a un punto così basso. C’è stata forse dell’imprudenza, non avevamo definito un progetto lungimirante anche a livello di rapporti internazionali.

Ma non è neanche una questione che si può limitare all’Italia: Accettiamo pure che il mondo ha delle regole, accettiamo che vogliamo fare parte di questo mondo e che per viverci dobbiamo seguire le regole generali che il mondo si dà. Ma i piccoli Stati, in qualche forma, dovrebbero sempre avere dei vantaggi competitivi, perché altrimenti non potranno mai confrontarsi con i giganti dell’economia. San Marino conta trenta mila abitanti e dovrebbe competere con Paesi come Italia, Francia e Germania senza avere un briciolo di vantaggio proprio. Non intendo un vantaggio che faccia perno su comportamenti impropri o non leciti.

Per cui, se tutti i Paesi Ue possono proporre i loro prodotti, noi potremmo farlo o saremo ancora un Paese di serie B? Al di là del tipo di prodotto, deve cambiare il pregiudizio per cui i soldi portati sul Titano non sono puliti. Inoltre, se ho strutturato un servizio, potrò proporlo a mercati internazionali o sono obbligato a vivere in una prigione di 61 km quadrati? Sarò sempre in catene o sarò un uomo libero?

Un tema che tira in ballo anche l’Unione Europea. Se ne sta cominciando a parlare a livello politico, anche se è vista come più fattibile l’adesione allo Spazio economico europeo piuttosto che all’Unione. Lei cosa ne pensa?

L’adesione all’Europa è un argomento su cui non c’è stato il confronto necessario tra tutte le parti, politica, imprenditori, banche, sindacati. Ma una cosa la dico volentieri. Non voglio essere legato soltanto al modello di relazione San Marino-Italia come è stato storicamente fin qui. Ci vuole uno sforzo di internazionalizzazione del nostro sistema. Certo. ora dobbiamo anche stare con i piedi per terra e chiederci se, in questo momento, per internazionalizzarci, al nostro interno ci sono energie, intelligenze e capacità propositive.
Perché il mondo per certi versi vede Paesi abituati da tempo a muoversi sui mercati internazionali, mentre noi, fin qui viziati dal fatto che era sufficiente vivere a casa nostra, siamo inesperti e impreparati a una realtà che chiede sempre più professionalità. Dunque quanto tempo avremo bisogno? Non abbiamo al nostro interno un solo corso di informazione bancaria finanziaria e credo siano pochissimi i sammarinesi iscritti all’estero in facoltà specializzate sotto questo profilo. L’università dovrebbe porsi da subito l’obiettivo di preparare i giovani e formarli in settori come questi.

E’ solo una questione di preparazione?

Direi di no. Facciamo anche fatica a dare residenze a persone che magari venendo da Londra, da Milano, da New York potrebbero aiutarci a fare il salto di qualità. Bisogna che il sistema Paese si muova tutto assieme, non possono farlo gli istituti di credito da soli. Dire che dobbiamo internazionalizzare il sistema come slogan è bellissimo, ma in concreto mi vengono molto timori sui tempi e sulla capacità di un sistema come il nostro che fino a ieri mattina era abituato a gestire i risparmi riservati di clienti italiani, ad affrontare tematiche per cui altre realtà si sono preparate da decenni.

Dobbiamo mettere in atto una rivoluzione estremamente impegnativa, che ci metterà in competizione senza paracadute con parti del mondo che ci hanno preceduto su questa strada. E’come se fosse finito il primo tempo di una partita di calcio e stesse per iniziare il secondo tempo. Siamo preparati? La risposta a oggi è no. Ci sono regole nuove, un progetto che dobbiamo tutto costruire con una nomea infangata del sistema. Perché è stato tirato, e si continua a tirare, tanto fango su San Marino. A partire dalla presenza della malavita. Se qualcuno elude le nostre barriere di controllo può succedere, come in Italia, ma la vigilanza del sistema sammarinese è cresciuta moltissimo, anche se può e deve migliorare. Ciò non toglie che sia stato fatto tanto.

E non andrebbe neppure dimenticato che nonostante le tante indagini ed arresti, nessun sammarinese è mai stato condannato ad oggi in via definitiva.

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