Ivan Foschi (SU): EUROPA… PERCHÉ NO?

Ivan Foschi (SU): EUROPA… PERCHÉ NO?

In questa campagna referendaria quasi surreale per quanto è stata sottotono nonostante un tema così importante per le ricadute che scelte sbagliate potrebbero comportare per il futuro, ho notato alcune evidenti contraddizioni nel cosiddetto fronte del NO in tutte le sue coloriture, dal No secco, al “ma”, al “però”, al “dobbiamo valutare bene”, alla scheda bianca, a quella colorata ecc.

Innanzitutto tra chi è contrario al quesito c’è chi vorrebbe una “maggiore integrazione europea” pur senza aderire, chi vorrebbe mettersi alla stregua di altri piccoli Stati che però non godono di piena indipendenza come la nostra Repubblica, e chi invece vorrebbe isolarsi e fuggire il più lontano possibile dall’Europa. Obiettivi diametralmente opposti: impossibile ottenerli tutti con lo stesso voto!

Va inoltre precisato, poiché la disinformazione gioca molto su questo equivoco, che votando SI non c’è alcuna adesione automatica ma si dà solo l’avvio ad una trattativa diretta con l’UE in modo da mettere nero su bianco le condizioni e le contropartite per una eventuale adesione. I famosi “pro & contro” di cui si parla da oltre venti anni e che in tutto questo tempo la classe politica non è stata in grado di produrre! Fermo restando che qualora la trattativa non desse risultati soddisfacenti ci sarà la possibilità di non aderire. Saranno i Sammarinesi, e solo loro, a decidere, al termine di questo processo, se l’adesione sarà l’ipotesi più conveniente. È chiaro però che se non si fa alcuna richiesta nessuno verrà qui a prospettarci cosa comporta aderire e cosa si ottiene in cambio. L’avversione di un partito come il PDCS verso l’Unione Europea ha impedito in tutti questi anni di percorrere questa strada con serietà. Per questo oggi un gruppo di cittadini si è visto costretto a ricorrere allo strumento referendario per potere solo chiedere di avviare una trattativa con l’Europa.

C’è invece il timore fondato che dietro al NO all’Europa qualcuno speri di tornare indietro, alla vecchia economia parassitaria che tanti problemi ci ha creato e le cui conseguenze stiamo pagando tuttora. 

Sappiamo bene infatti che gli ultimi 20 anni, in cui si andava fieri di essere extracomunitari e di non dovere rispondere a nessuno, si sono caratterizzati per un tipo di economia che ha visto frodi, truffe, triangolazioni in quantità industriale, e di recente abbiamo scoperto anche di avere “portato dentro” i soldi dei mafiosi e persino i mafiosi. Questa è stata nei fatti l’alternativa all’Europa voluta dalla classe dirigente di allora, in gran parte quella che oggi insiste nel volere mantenere il nostro Paese nello status quo.

Oggi il risultato è che siamo alla mercé dell’Italia, che può decidere di tenerci in black list a suo piacimento, o di tentare di ridurci ad un suo Comune. E’ evidente che invece, all’interno dell’Unione Europea, una volta in regola con gli standard richiesti, questo non sarebbe più possibile, e solo Bruxelles potrebbe sanzionare chi non rispetta le regole, non certo Roma! 

Chi agita il fantasma della perdita della sovranità non dice che in questi anni abbiamo dovuto recepire normative pesantissimei per il nostro sistema economico, tanto da dovere abbandonare i famigerati capisaldi (segreto bancario, anonimato societario), pur senza essere in Europa! Pensiamo dunque che sia il caso di continuare a doverci adeguare a tutti gli standard europei senza avere il diritto di dire la nostra e senza potere partecipare al mercato comune, cioè consentendo alle nostre merci e ai nostri cittadini di circolare per l’Europa, di potere attirare investimenti nel nostro Paese senza essere considerati una zona grigia, cioè alla stregua dei paradisi fiscali?

La sovranità ha un valore nel rapporto con gli altri Stati, quando da questi si viene trattati alla pari a prescindere dalle dimensioni. Serve a poco essere indipendenti se si viene tenuti a distanza, se cioè si viene sottoposti a restrizioni e vincoli in quanto considerati estranei e quindi non del tutto affidabili.

Si rischia di ridursi come quello che si rifugia su un’isola deserta e si autoproclama imperatore: va tutto bene fino a quando non ha bisogno di andare sull’isola vicina… 

Probabilmente chi è contrario non ha molta conoscenza dei problemi che hanno attualmente le imprese, quelle vere che creano lavoro e hanno bisogno di un mercato più ampio di quello sammarinese. Quelle che ogni giorno lottano per non chiudere e non trasferirsi altrove al fine di evitare costi e adempimenti burocratici dovuti alla nostra condizione di extracomunitari. Forse non hanno sentito parlare di quei nostri giovani “costretti” a prendere anche la cittadinanza italiana per potere accedere a tutte le opportunità riservate ai loro coetanei d’oltre confine.

E’ meglio quindi rapportarsi solo con l’Italia e dovere sottostare a tutte le sue condizioni anche se non previste dalle regole internazionali piuttosto che aderire ad un’Istituzione con regole chiare che comporta pari doveri ma riconosce a tutti pari diritti?

Ecco dunque spiegato perché vale la pena almeno tentare, andare a vedere quali sono le condizioni prima di scegliere di restare fuori dall’Europa. Votando SI, potremo usufruire di una possibilità in più, con un NO non lo sapremo mai.

Domenica prossima abbiamo quindi una grande opportunità per girare finalmente pagina e impostare una nuova idea di Paese, realmente trasparente e virtuoso: non sprechiamola e votiamo SI.  

Ivan Foschi

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