La camorra a San Marino. Italia Oggi, Giorgio Ponziano

La camorra a San Marino. Italia Oggi, Giorgio Ponziano

Italia Oggi

L’inchiesta in corso fa tremare dalle fondamenta la piccola repubblica in territorio italiano

San Marino tra camorra e elezioni

Connection esplosiva: rapporti dei boss con i politici locali

 Giorgio Ponziano   
Mani pulite alle porte d’Italia. È più di un terremoto quello in corso a San Marino. La Repubblica è piccola di dimensione e invece grande nell’accogliere i malavitosi, secondo il risultato di una commissione d’inchiesta insediata dal consiglio grande e generale (il parlamento) che ha prodotto una relazione-choc.
La criminalità organizzata si è insediata in questa enclave tra la Romagna e le Marche e rappresenta un problema anche per l’Italia. Se a questa conclusione dell’indagine si aggiunge che a San Marino è in corso la campagna elettorale ecco spiegato lo tsunami che ha investito i tre colli che compongono uno degli Stati più piccoli del mondo ma non per questo meno attivi.
«Emerge come un certo sottobosco politico e affaristico abbia prosperato all’interno di questo perimetro», è la conclusione a cui sono giunti i membri della commissione d’inchiesta, «si stigmatizza il sistema da sottobosco affaristico che ha spalancato le porte al boss Vallefuoco in territorio sammarinese, consentendo di radicarsi nel nostro Paese. Non si può non esprimere un giudizio negativo rispetto a chi, in qualità di rappresentante delle istituzioni, si è prestato a coltivare rapporti con persone afferenti alla criminalità organizzata».
Il tutto è nato dall’inchiesta Fincapital da parte della magistratura di Napoli, con al centro il boss Francesco Vallefuoco, che si ritiene elemento di primo piano della malavita, legato alla camorra napoletana del gruppo Stolder, al clan dei Casalesi e a esponenti di Cosa nostra, entrato in stretto contatto con alcuni politici sammarinesi.
Si citano, tra gli altri, i nomi di Gabriele Gatti (partito socialcristiano) e Fiorenzo Stolfi, (partito socialdemocratico) ex-ministri e tuttora parlamentari. Il trait d’union finanziario tra la malavita e la politica sarebbe stata una banca, il Credito sammarinese, che avrebbe riciclato il denaro sporco. Non a caso Giulio Tremonti, quando era ministro delle Finanze, costruì un cordone sanitario intorno a San Marino e non volle incontrare i suoi rappresentanti, nonostante le polemiche per l’embargo imposto dal ministro. La relazione è stata un fulmine a ciel sereno, tutti i politici si dicono estranei e minacciano di portare in tribunale gli accusatori. Ma a San Marino si respira un’aria di fine della prima repubblica, coi partiti tradizionali indeboliti e l’esito elettorale quanto mai incerto. Dieci casse di documenti, audizioni, valutazioni. Per la prima volta San Marino ha messo al lavoro una commissione d’inchiesta e per la prima volta si trova nel ciclone. Il Credito sammarinese, con gli occhi chiusi dello Stato e di chi doveva vigilare, fungeva da lavatrice dei soldi che dal Sud arrivavano per essere riciclati. Giungevano in banca e senza particolari controlli venivano travasati alla Fincapital che li utilizzava per operazioni immobiliari a San Marino e in Italia. Prima che i magistrati napoletani iniziassero a guardare con la lente all’attività della finanziaria immobiliare, essa aveva 52 cantieri aperti contemporaneamente. Gli immobili venivano venduti e il denaro, pulito e sempre attraverso il Credito sammarinese tornava al Sud. Ma nel tourbillon del riciclo sono finite, a vario titolo, anche la Banca di San Marino e la riminese Carim (Cassa di risparmio).
Tra le tante intercettazioni messe agli atti dalla commissione vi è quella di un dialogo tra Vallefuoco e un suo socio in affari sammarinese Roberto Zavoli. Quest’ultimo dice a Vallefuoco che è vero che Fincapital, a causa dello scudo fiscale avviato in Italia, guadagna meno ma se egli proprio vuole spezzare un braccio a Livio Bacciocchi (il capo di Fincapital) per punirlo del trend in discesa del fatturato della finanziaria non deve farlo a San Marino: «Deve caricarlo in macchina, a Riccione, e lo deve tenere per 4 ore e poi, lo deve scaricare e la gente non deve vedere niente….. non lo deve fare a San Marino … altrimenti vanno da lui». Un intreccio abnorme tra camorra, affari immobiliari e finanziari e politica. Una miniera d’oro per i clan che avevano così trovato un posto al sole dove fare gli affari loro. L’inchiesta registra gli incontri, i contatti, le telefonate e le cene. Sei i nomi di politici nel mirino dei commissari, quattro gli affaristi incarcerati, altri personaggi sono sulla graticola.
La commissione aggiunge: «Fa scalpore la processione di consiglieri e portaborse che, come ha raccontato un testimone, entravano in garage e arrivavano direttamente dall’avvocato Bacciocchi, ciò può non essere opportuno, specialmente quando diventa difficile dimostrare rapporti di sola amicizia. Anche perché in ogni deposizione o quasi emergono racconti di tangenti, pagamenti in contanti e investimenti immobiliari che rappresentano sempre un azzardo per chi fa politica e magari è anche membro di governo». Dalla corruzione al controllo della politica il passo è breve: «Incredibile», annotano i commissari, «appare la pratica di controllare il voto alle elezioni generali: le persone vincolate da un patto di interesse erano tenute ad esprimere 5 preferenze in uno stesso schieramento e una sesta completamente estranea per riuscire facilmente individuabili».

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