LA COLOMBIA CHE RESISTE

LA COLOMBIA CHE RESISTE

APPROFONDIMENTO

Si riporta di seguito un articolo di approfondimento tratto da www.giannimina-latinoamerica.it

Gennaro Carotenuto

(07 marzo 2008)

Nel momento più difficile della “crisi andina”, dopo la violazione del territorio ecuadoriano da parte dell’esercito colombiano, è stato un trionfo la grande manifestazione della Colombia democratica contro il paramilitarismo e il terrorismo di Stato. Il regime di Álvaro Uribe, complice, l’aveva definita “la marcia delle FARC”, ma in centinaia di migliaia sono scesi in piazza contro l’impunità e contro tutta la violenza, rappresentando una Colombia che vuole la pace, la giustizia, e rifiuta la logica della guerra al terrorismo.

Le vittime dei paramilitari e del terrorismo di Stato in Colombia sono invisibili. Di loro non si parla e non si deve parlare. Hanno paura di parlarne i colombiani e la grande stampa internazionale li ignora colpevolmente. La grande manifestazione di ieri, 6 marzo, è stata la risposta civile alla “marcia dell’odio”, promossa il 4 febbraio dal regime per figurare al mondo una Colombia pacificata con un solo nemico esterno: le FARC. Sono scesi in piazza così a Bogotà, in 20 città del paese e 60 altre nel mondo, centinaia di migliaia di persone convocate dal “Movimento vittime dei crimini di Stato” (Movice).
Erano militanti di sinistra, sindacalisti, rifugiati. Moltissime partecipavano a una manifestazione politica per la prima volta. Con loro ha marciato Luís Eladio Pérez, il parlamentare liberato unilateralmente dalle FARC lo scorso 27 febbraio, e che è tornato a chiedere lo scambio umanitario per gli altri sequestrati della guerriglia.
Quattro milioni di persone sono profughe in Colombia, il più alto numero al mondo, più del Darfur, dell’Iraq e dell’Afghanistan. Almeno 3.500 massacri commessi dai paramilitari sono stati censiti dal Movice a partire dal 1982. Sono massacri politico economici come segnala lo stesso Movice: con questi delitti i paramilitari si sono appropriati di 6 milioni di ettari di terra e sono arrivati ad avere il 35% di deputati in parlamento, un vero partito della guerra interno allo Stato e al regime. Tra gli assassinati vi sono stati almeno 1700 indigeni, 2550 sindacalisti e 5.000 militanti di Unión Patriótica, il partito di sinistra vittima di un sistematico sterminio.

Almeno 15.000 persone sono attualmente desaparecidas e, secondo Amnistia Internazionale, da quando è cominciata la presunta smilitarizzazione voluta da Uribe i paramilitari avrebbero assassinato almeno altre 3.000 persone. Tra queste sindacalisti (70 nel 2006), giornalisti, professionisti, la società civile, chiunque non abbia voluto abbassare la testa in un paese dove la guerriglia delle FARC sono una conseguenza e una parte del problema di un’ingiustizia senza limiti. Un’ingiustizia coperta dal governo innervato fino al vertice dal narcoparamilitarismo.

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