L’avversario e lo specchio. Elena Guidi

L’avversario e lo specchio. Elena Guidi

E meno male che anche stavolta Negri ha detto la sua. Se l’attesa missiva non fosse pervenuta, infatti, sarebbero andate deluse le aspettative di molti. Quelle dei “fedelissimi”, anime bambine che, non appena  vedono l’amichetto sottrargli un giocattolo, corrono a tirare il sottanone di mamma perché intervenga a loro difesa; ma anche quelle degli anticlericali a prescindere, anime adolescenti che proprio non tollerano il vocione di papà che sgrida e che, necessitando del conflitto per auto-affermarsi, non vedono l’ora di rispondergli per le rime.
In entrambi i casi, l’impressione è che si tenda a dare troppa importanza alle esternazioni di questo personaggio – obiettivamente piuttosto antipatico – che arrivano puntuali e prevedibili come il tuono dopo il lampo.
E’ vero: in ogni sua “uscita” Negri riconferma di essere il megafono della parte più incartapecorita di Santa Romana Chiesa, quella che ormai non piace più a nessuno, nemmeno a se stessa, quella che non ha niente a che vedere con l’amore né con il reale messaggio di Cristo. Ma quello deve fare, da contratto, e quello fa. Perché continuare a stupirsi e a scandalizzarsi?
Il Vescovo si scandalizza della società civile e getta scomuniche a destra e a manca. La società civile, dal canto suo, si scandalizza dei suoi toni da predicatore medievale e lo manda bellamente…a darsi all’ippica (non mi riferisco alle risposte pubbliche a mezzo stampa, che giustamente si contengono nei modi e nei toni, ma per esempio a tutto il sottobosco dei social network, che si esprime in modo molto più immediato e colorito).
Quello che ancora manca, nella gestione sociale dei conflitti, è la consapevolezza che ognuna delle parti, SEMPRE, guardando l’avversario, sta in realtà guardando in faccia se stessa. Nel caso specifico: la prima il suo desiderio di liberarsi delle proprie rigidità, la seconda la sua reticenza a superare certi paradigmi che, coscientemente o no, ancora si porta scritti nella propria eredità genetica.
Ci risulta incredibilmente difficile vedere specchiata nell’altro quella piccola parte di noi cui non vogliamo prestare ascolto. Eppure, luce e oscurità convivono senza contestarsi, sapendo che dall’esistenza dell’altra dipende la propria, e dall’esistenza di entrambe l’eterna danza della vita. Per quale motivo noi non riusciamo a far nostra questa saggezza? Finché resteremo nell’illusione del dualismo non troveremo, né produrremo, pace. Né per noi né per il mondo.
Un’anima diventa adulta quando è in grado di rispettare la posizione di un altro senza sentirsene influenzata né infastidita. Sarebbe il caso, allora, di imparare a riconoscere come indispensabile il nostro apparente “oppositore” e ad essergli grati per ciò che ci permette di conoscere di noi, piuttosto che riversargli addosso un’ostilità che inevitabilmente ci torna indietro, alimentando un circolo vizioso e privo di sbocchi evolutivi.
Intenda chi può.   (Tutti gli altri…in roulotte 😉 )
Elena Guidi

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