Le Vestali infedeli della democrazia. Domenico Gasperoni, La Tribuna Sammarinese

Le Vestali infedeli della democrazia. Domenico Gasperoni, La Tribuna Sammarinese

La crisi che stiamo vivendo
a San Marino,
prima che sociale, economica
o finanziaria,
mi sembra una crisi
democratica. E’ crisi
di democrazia. Nel senso
che la nostra è una
democrazia scarica. Ci
siamo illusi, per decenni,
che il Palazzo fosse
il luogo della democrazia.
La fabbrica in cui si
assemblano i prodotti
democratici. Il Palazzo
non produce democrazia,
ma la consuma. E in
grande quantità. Mai come in questi
tempi, il mondo della
politica si trova senza
luce,senza prospettive. Sta
camminando alla cieca. E
quel po’ di luce che ancora
sopravvive, viene consumata
nei giochi interni,
nelle alchimie delle alleanze
e della ricerca di nuove
maggioranze.

Ma va detto con forza,
che il Palazzo non è l’unico
responsabile,anche se
resta il principale. Questa
vera e propria povertà
democratica ha un altro
padre:il conduttore e
custode della centrale democratica.
Il cittadino.
Noi cittadini, che non abbiamo
alimentato a sufficienza
la turbina. Quella
che produce energia pulita,
energia democratica.
Come tante Vestali infedeli,
che non hanno mantenuto
acceso il fuoco sacro.
La società civile è stata
svogliata. O peggio, coinvolta
nel gioco della delega
politica assoluta ai partiti,
senza stimolarli, senza
rinnovarli,senza cacciare
gli indegni e gli incapaci.
E talvolta è rimasta imprigionata
nel voto di scambio.
Con un risultato: i cittadini
hanno lasciato progressivamente
scaricare le
batterie del potere di buona
politica.
Per fortuna, la crisi ha svegliato
dal letargo l’orso della
polis.

Nel Paese, una
profonda insoddisfazione
– specie nel mondo giovanile-
sta suscitando contro
la politica una tempesta
di critiche, col pericolo
che alimenti uno tsunami
di antipolitica. Emergono,
tuttavia,anche energie
positive. Richieste urlate
di cambiamento. Proposte
di soluzione della crisi.
E, nota più confortante,
sta montando una forte
volontà di partecipazione
e di impegno per il Paese.
Una specie di “chiamata
alle armi” volontaria per la
salvezza della Repubblica.
A me piace questa autocandidatura
politica generale.
Anzi la ritengo,dopo
il fallimento di partiti, (
solo il 4% ci crede ancora!)
l’unica nuova via per
rigenerare la politica e gli
stessi partiti. Il vecchio rito
delle liste di partito e
la presentazione di candidati
imposti dalla leadership,
sono ferraglie arrugginite
di un sistema politico
defunto. Oggi il rinnovamento
passa attraverso
la serietà di “metterci la
faccia”,personale, da parte
dei singoli cittadini. Senza
reti di protezione dei simboli
e dei valori di partito,
che diventano spesso partitocrazia.
Nel mio fervore di fantapolitica,
mi spingo ad
avanzare una proposta: la
stessa via di uscita politico-
istituzionale,seguita
per la ripresa democratica
nell’immediato dopoguerra.

C’era e c’è bisogno
che i cittadini riprendano
in mano la gestione
della cosa pubblica. L’energia
positiva e rigorosa di
questa autocandidatura
politica generale,come
ho detto sopra, dovrebbe
dar vita ad una lista unica
concordata,aperta a tutti
i contributi politico- culturali.
Un passaggio elettorale
sceglierà poi le persone
ritenute più idonee
a governare l’emergenza.
Che tradotta, significa : ripianare
il Bilancio pubblico
e sistemare i rapporti
con l’Italia e con le autorità
monetarie internazionali.
Successivamente si
ritornerà ai riti del sistema
elettorale. (Nel dopoguerra
i partiti sono apparsi
nelle elezioni del 1951).
Di fronte alle tante autocandidature
(stanno
nascendo numerosi
gruppi,sigle,movimenti,
ecc.), vien da dire: “ troppa
grazia sant’Antonio”!
In effetti l’entusiasmo sta
creando ingorghi e difficili
canalizzazioni politiche
efficaci. Molti sui giornali
e sui social network, danno
pericolosamente le pagelle
sul tasso di novità dei
cittadini che propongono
o si propongono, sul tasso
di riciclabilità e su quello
di “dinosaurologità” politica.

Ma scelte e selezioni
non possono essere eterodirette
o esercitate da supercittadini.
Non resta che
l’ autoregolamentazione.
E’ necessario superare un
test di autocandidatura.
Per andare sul sicuro, propongo
il test socratico del
buon politico. Socrate, che
è stato il grande maestro
dell’unica “vera paideia politica”,
insegnava che il politico
“ è l’esperto nel rendere
gli altri migliori”. E
ciò significa elevarli ad una
maggiore consapevolezza
di sé e ad un più alto livello
di comportamento etico-
politico.
E il test? Socrate afferma
che solo coloro che abbiano
compiuto “opera di purificazione
morale nell’incessante
esame di se stessi”,
possono a rigore dirsi
buoni politici, degni di
reggere le sorti dello stato
e di governare gli altri. Che
alla politica ci si deve dedicare
solo dopo aver imparato
la virtù.
Nella San Marino di qualche
decennio fa, forse bastavano
buoni e onesti uomini
politici. In quella di
oggi, come nell’ Aquila del
terremoto, i volenterosi
non sono graditi, servono
i competenti. I migliori in
assoluto.
Chi non ritiene di aver sperimentato
la “gavetta socratica”
della pratica della
virtù, resti ad attizzare il
fuoco, nelle file delle vestali,
zelanti custodi del fuoco
degli dei: la democrazia.

Domenico Gasperoni, La Tribuna Sammarinese

 

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