L’Informazione di San Marino: “Le motivazioni dell’appello Mazzini confermano che ci fu corruzione”

L’Informazione di San Marino: “Le motivazioni dell’appello Mazzini confermano che ci fu corruzione”

“Le somme versate sono servite non soltanto per rimborsare i finanziatori delle società-fantoccio ma anche per compensare gli amministratori pubblici che avevano promosso e agevolato l’iter autorizzativo”

ANTONIO FABBRI – La sentenza definitiva di Appello del conto Mazzini, conferma l’impianto fattuale delle indagini e della sentenza di primo grado, sia sul piano dell’associazione a delinquere, però prescritta; sia sul piano dell’avvenuto, ma non punibile, autoriciclaggio; sia sul piano dei reati presupposti, tra cui i singoli episodi di corruzione che la sentenza dal Giudice Francesco Caprioli passa in rassegna uno per uno. In estrema sintesi l’associazione a delinquere ci fu, ma è stata dichiarata prescritta; il riciclaggio, inquadrato come autoriciclaggio, ci fu, ma non è punibile in funzione della sentenza interpretativa del Collegio Garante, che ha ribaltato la giurisprudenza fino a quel momento adottata che considerava il riciclaggio per occultamento come permanente, definendolo invece reato a consumazione istantanea; i reati presupposti ci furono, corruzione compresa. E’ quindi la stessa sentenza, a leggere le motivazioni, a smentire chi intenda sostenere che l’inchiesta e la sentenza di primo grado siano state smontate dall’appello. Non è così. Non volendo leggere le 750 pagine di motivazioni, è sufficiente notare che nel dispositivo le confische per quasi 9 milioni sono state confermate, proprio perché il denaro è stato riconosciuto di provenienza illecita. Dunque anche la sentenza di appello, come già aveva fatto quella di primo grado, ricostruisce gli episodi corruttivi e non, comunque caratterizzati da dazioni illecite e non giustificate, dai quali derivano i denari che poi sono stati spartiti tra gli accusati.

Tra questi episodi, ad esempio, quello per la licenza Uninvest; quello di Nuova Banca Privata, poi diventata Credito Sammarinese; quello della sede di Banca Centrale; la vicenda delle Tlc, solo per citare alcune delle vicende più note.

Si legge così al paragrafo 692 della sentenza di appello, laddove il giudice conteggia le somme riciclate e da confiscare: “Tra la fine dell’anno 2000 e l’inizio dell’anno 2006, tre imprenditori sammarinesi (Ermes Colombini, Lucio Amati e Fabrizio Castiglioni, quest’ultimo in rappresentanza della Società Anonima Marina Arte della Ceramica) e due imprenditori stranieri (Armen Sarkissian e Simon Murray) hanno versato ingenti somme di denaro nell’ambito di attività volte ad avviare o perfezionare iniziative imprenditoriali o commerciali sul territorio sammarinese. Seguendo, talora, percorsi molto accidentati, una parte di queste somme risultano essere pervenute – in assenza di una plausibile giustificazione economica – nella disponibilità di esponenti di spicco del mondo politico sammarinese.

Le dinamiche che hanno condotto a questi ingiustificati esborsi non sono sempre state di natura strettamente corruttiva: ciascuna delle vicende sottostanti si è caratterizzata, tuttavia, per un uso distorto delle funzioni pubbliche da parte dei beneficiari delle dazioni indebite.

 In tre casi – in ordine cronologico, Colombini, Amati e Murray – è stato riprodotto, con qualche marginale variante, lo schema criminoso che, secondo Gianluca Bruscoli, avrebbe preceduto la costituzione della stessa Banca Commerciale Sammarinese.  Il nulla osta allo svolgimento dell’attività finanziaria, bancaria o commerciale è stato concesso dal Congresso di Stato a società costituite ad hoc – o, comunque, a società prive dei requisiti per ottenere l’autorizzazione – solo per fare in modo che i titolari delle medesime potessero successivamente vendere le quote societarie, con la relativa licenza, a imprenditori economicamente attrezzati e realmente intenzionati a svolgere le attività autorizzate, i quali, almeno in due casi (Colombini e Amati), avevano in precedenza tentato invano di ottenere per le vie ordinarie il provvedimento concessorio. Le somme di denaro versate per l’acquisto delle quote societarie sono dunque servite non soltanto per rimborsare i finanziatori delle società-fantoccio, ma anche per compensare gli amministratori pubblici che avevano promosso e agevolato l’iter autorizzativo (anche, a monte, attraverso quello che nel primo capo di imputazione viene descritto come «uno sviamento dell’attività di indirizzo politico, normativo ed amministrativo in tema di sviluppo e potenziamento dei settori finanziario, delle telecomunicazioni ed immobiliare»: basti pensare alla vicenda che ha visto coinvolto Simon Murray, il cui denaro è finito in parte nella disponibilità del Segretario di Stato che aveva fattivamente operato per consentire l’ingresso di un nuovo operatore delle telecomunicazioni nel territorio della Repubblica”.

La ricostruzione del Giudice di appello nella sentenza definitiva, non lascia dubbi dunque sulla conferma di quanto dal punto di vista fattuale era emerso nelle indagini, prima, nel dibattimento e nella sentenza di primo grado, poi, e ora in quella di appello. Un dato di fatto imprescindibile, pur dando atto, come già illustrato nei giorni scorsi, dei proscioglimenti, di alcune assoluzioni piene, ma allo stesso tempo anche delle confische del denaro accertato di provenienza illecita.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23

 

 

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