L’informazione: Udienza in terza istanza sulla richiesta di revoca di custodia cautelare per Podeschi e Baruca

L’informazione: Udienza in terza istanza sulla richiesta di revoca di custodia cautelare per Podeschi e Baruca

 L’informazione di San Marino

Udienza in terza istanza sulla richiesta di revoca di custodia cautelare per Podeschi e Baruca che sono ai domiciliari

La difesa: “manca il reato presupposto” / La procura fiscale: “C’e’ eccome”

I legali: “Non depositata sentenza svizzera di assoluzione”. La procura fiscale: “Non depositata perché non inviata dall’autorità elvetica. Non è assoluzione, ma archiviazione”. Spunta una valigetta sequestrata a Podeschi con un dossier sul giudice che si occupava del caso svizzero di Phua

Una udienza di terza istanza calda, con i tre avvocati della difesa di Claudio Podeschi e Biljana Baruca che hanno sostenuto l’insussistenza delle esigenze cautelari ed hanno chiesto la revoca del provvedimento che tiene ancora ai domiciliari i due. Dall’altro lato il Procuratore del Fisco, Roberto Cesarini, che ha chiesto invece che l’istanza venga rigettata. Da un lato i difensori, Pagliai, Annetta e Campagna,  che hanno sostenuto non esserci l’indicazione del reato presupposto e quindi neppure il contestato reato di riciclaggio per il quale è stata spiccata la custodia cautelare; dall’altro il procuratore del fisco che rileva invece che il reato presupposto è richiamato eccome dagli inquirenti.

Ad ascoltare le ragioni delle parti il giudice Lamberto Emiliani che, al termine dell’udienza, si è riservato di decidere nel termine di 20 giorni previsto dalla legge. 

L’avvocato Pagliai Ad aprire le arringhe con le
ragioni della difesa, l’avvocato
Stefano Pagliai. Che, dopo
aver ripercorso la cronologia
del provvedimenti, ha insistito
sull’illecito dal quale sono derivati
i denari. “Non mi si dice
niente del reato presupposto
del riciclaggio nel capo di imputazione.
Stanno diventando
evanescenti questi capi di imputazione.
Dobbiamo rilevare che
dopo il rinvio a giudizio per il
90% dei capi di imputazione la
misura cautelare non ci sta più
ed è stata revocata dallo stesso
inquirente, il giudice Buriani.
Quell’impianto logico-giuridico
è venuto meno. Però la misura è
rimasta in vigore, ma mi si deve
dire sulla base di che argomentazioni
logico-giuridiche viene
mantenuta e, si badi, stiamo parlando
di due persone ristrette da
presunte innocenti”.

“Mancano indizi
di colpevolezza”
Pagliai insiste: “Nella seconda
parte dell’ordinanza, quella
descrittiva, non si affrontano gli
adeguati indizi di colpevolezza.
Non si spiega tecnicamente
quali argomentazioni sostanziano
quella misura. Che c’entra
l’episodio dei pazienti libici con
i riciclaggi? Cosa c’entrano in
quell’ordinanza le dichiarazioni
carpite al generale Gentili?
Perché sono state inserite? A
parte un episodio nel quale il
comandante della gendarmeria
si è recato in visita in carcere
in qualità di responsabile della
struttura, Podeschi e Gentili non
si sono mai visti”, dice Pagliai.
Poi passa alle contestazioni
legate ai passaggi di denaro in
Svizzera. “Già gli inquirenti le
carte le avevano in mano già al 23 di giugno 2014 – contesta
– e invece si è aspettato il
momento opportuno per tirarle
fuori, quando più conveniva. Lo
so benissimo che il meccanismo
delle contestazioni a catena a
San Marino non è previsto e che
non ci sono termini di custodia
cautelare, ma questa è responsabilità
della politica. Però mi
si parla di 740mila euro provenienti
dal Montenegro e 200mila
euro dall’Austria, due riciclaggi
in cui non si indica il reato presupposto.
Qual è la ragione per
cui quei soldi sono sporchi? Non
lo si indica perché forse i reati
presupposti non ci sono”, ribadisce
Pagliai.

La Svizzera e l’America
Poi aggiunge: “Abbiamo prodotto
documentazione per dimostrare
la liceità dei soldi. Abbiamo
prodotto pezze giustificative, ci
sono gli imprenditori che hanno
detto che sono operazioni lecite,
c’è una decisione del tribunale
svizzero che assolve il signor
Paul Phua”, ha detto Pagliai che
poi ha deriso il titolo de “l’informazione”
del luglio dello scorso
anno nel quale si dava conto
dell’accusa dell’Fbi, che ritiene
il pokerista malese, ex ambasciatore
di San Marino in Montenegro,
membro della triade cinese
14K.
“Ma anche negli Usa è stato assolto”,
ha detto Pagliai.
A questo punto, il Giudice Emiliani
ha richiamato l’avvocato
Pagliai all’oggetto della terza
istanza: “Lei sta facendo un
intervento molto appassionato e
interessante, ma noi dobbiamo
parlare della legittimità della
misura cautelare”.
Ha ripreso il legale, sostenendo
essere venute meno le esigenze
cautelari. “Gli è stato sequestrato
tutto, pure le case delle figlie…
che cosa reitera?”, ha detto in
relazione al pericolo di reiterazione
del reato. Poi l’inquinamento
delle prove: “Se solo
questa è l’esigenza cautelare, in
Italia ad esempio, la custodia
cautelare può durare al massimo
due mesi. Questo perché quando
ci sono persone in carcere gli
inquirenti si sbrigano a fare le
indagini. Ma il pericolo di inquinamento
delle prove non c’è più. A questi due è stato sottratto
un anno e mezzo di vita in cui
potevano stare accanto ai loro
cari. Nel merito hanno preparato
la loro difesa per il 19 ottobre
perché non vedono l’ora di poter
fare valere le proprie ragioni.
Per questo Podeschi non scappa,
non fugge e non se ne va.
Si vuole difendere a testa alta e
dimostrare la sua innocenza nel
processo del 19 di ottobre”, ha
detto l’avvocato Pagliai concludendo
con la richiesta di dichiarare
l’inefficacia e la revoca della
misura cautelare.

L’avvocato Annetta
E’ dunque toccato all’Avvocato
Massimiliano Annetta: “A
fronte del provvedimento svizzero
che archivia, viene meno la
gamba del riciclaggio. Il reato
presupposto è stato archiviato
e hanno pure pagato le speselegali a Paul Phua. Quindi nella
motivazione della custodia
cautelare manca una gamba,
cosa questa che era rilevabile di
ufficio. La fattispecie chiede che
sia indicato il reato presupposto
del riciclaggio e qui non è mai
stato indicato e il provvedimento
svizzero è di archiviazione. Sono
tranquillo – dice Annetta – perché
qui il reato presupposto non
c’è. Il provvedimento è da annullare
perché c’è stato un travisamento
del fatto e viene meno
la prova. Quindi chiedo l’annullamento
dell’ordinanza. Il procedimento
svizzero ha escluso il
reato presupposto. Poi c’è Strasburgo.
Nell’ammissione del
ricorso la Corte chiede contro,
oltre che del regime carcerario,
chiede se è vero oppure no che
non ci sono termini massimi di
custodia cautelare. Chiede se
è vero che gli atti sono rimasti
segretari nonostante la custodia
cautelare. E poiché così è
stato – dice Annetta – la misura
applicata contrasta con norme
imperative”.
Poi aggiunge: “Podeschi e
Baruca non hanno inquinato
le prove. Non hanno tentato di
fuggire… le esigenze cautelari
non ci sono più. Quel provvedimento
oggi è ancora più privo
di motivazioni”.

L’avvocato Campagna
A chiudere le arringhe, l’avvocato
Achille Campagna:
“Ci troviamo di fronte ad uno
spaventoso errore che si risolve
nella violazione del principiodella presunzione di innocenza.
Riassumere il reato presupposto
nell’anomalia delle transazioni
di denaro, è una modalità
autoreferenziale. È vero che
quello delle transazioni anomale
è uno degli aspetti della condotta,
ma tra gli elementi c’è anche
l’indicazione del reato presupposto,
e questo non è presente. Se
valutiamo i fatti sono convinto
che non ci sia neanche il presupposto
per fare la segnalazione
all’Aif. Certo, posso accettare
che si indaghi, ma sulla segnalazione
abbiamo messo in carcere
delle persone. C’è un errore di
fondo, perché non si può pretendere
di svolgere l’istruttoria
senza reato presupposto. Il reato
di operazione sospetta non esiste,
e invece sembra che si stia
indagando per questo e non per
riciclaggio”. Quindi Campagna
ha citato una sentenza di Strasburgo
nella quale si afferma che
“a un certo punto, salvo un rilevante
interesse pubblico, la custodia
cautelare preventiva deve
concludersi”. Ed ha a sua volta
chiesto la revoca della misura.

La procura fiscale
Il Procuratore del fisco Roberto
Cesarini ha ribattuto alle
affermazioni delle difese.“Mi
permetterà intanto, visto quanto
richiamato, un vaglio di merito
su documentazione. Voglio fare
presente che nella memoria
depositata, facendo riferimento
al provvedimento che si deve
intendere impugnato, si parla
del provvedimento del 9 marzo2015 che ha disposto una nuova
carcerazione cautelare per i
ricorrenti. Un nuovo provvedimento
sul quale dobbiamo
discutere scaturito dalla riserva
degli inquirenti di procedere ad
autonome iscrizioni di indagine
stralciate. C’è stato un atteggiamento
verso questa procura non
corretto, dato che, quando viene
fatto riferimento a delle nuove
decisive prove, si fa nel ricorso
solo un richiamo verbale e non
si è dato modo di valutare, nella
memoria scritta, e di verificare
questa documentazione e la rilevanza
della stessa. Non capisco
perché – dice il Procuratore del
fisco – questa documentazione
non sia stata portata a conoscenza
dei Commissari della legge,
che nel merito dovevano semmai
prendere atto di queste nuove
prove. C’è un iter da seguire per
l’istanza di scarcerazione: presentazione
al giudice inquirente,
poi appello e poi terza istanza,
visto che si fa riferimento al
fatto che questa documentazione
sarebbe così rilevante da far
caducare l’ordinanza di appello.
Il riferimento è alla rogatoria al
tribunale svizzero e alla produzione
di altra documentazione
relativa all’imputazione presente
nello stralcio. A quel punto era
interesse di questa procura andare
a vedere gli atti per compiere
le valutazioni dovute”.


Nel fascicolo non manca nulla

“Intanto – prosegue il Pf – si dice
che questo provvedimento, ricevuto
per rogatoria, non è stato
inserito nel fascicolo. In verità per rogatoria una risposta è
stata data, ma il provvedimento
di cui parla la difesa, dalla Svizzera
non è stato inviato, e per
questo non c’è agli atti. Nell’esito
della rogatoria prevenuta
al tribunale, prima si parla di
evasione parziale della richiesta
di assistenza giudiziaria e poi,
infine, nell’elenco di documenti
inviati, questa sentenza non c’è.
Non si può quindi sostenere che
non è stata acquisita. Non è
acquisita perché non è stata trasmessa
dall’autorità Svizzera.
Somme legittime? Sembra di no
Altro punto. Si sostiene che
questa sentenza elvetica abbia
riconosciuto la legittimità di
queste somme. A me sembra
proprio di no. Non è stato assolutamente
assolto Paul Phua o
chi per esso. Lo si capisce anche
da questa traduzione parziale
depositata dagli avvocati, di
questa decisione del luglio 2014,
e non del febbraio 2014. A parte
il fatto che non ho trovato una
traduzione giurata, nel provvedimento
di archiviazione, che non
è una assoluzione, il procuratore
svizzero non ha ritenuto di fare
rogatoria a Macao o a Hong
Kong, motivando che non si
aspettava collaborazione. E’ stato
quindi archiviato con riserva
di riaprire il caso se dovessero
emergere nuove prove. Non mi
sembra che in questo provvedimento
sia stata riconosciuta
una legittimità di queste somme.
Va detto che in merito a contatti
di Aif con la corrispettiva
autorità svizzera, dove si parla
della Black Sea Pearl, questa
è sospettata di fare parte di un
gruppo internazionale legato al
traffico illecito di armi. Tra l’altro
non si può affermare che non
sia indicato nel provvedimento
quali siano i reati presupposti,
dato che è esplicitato che si
tratta delle somme provento del
riciclaggio effettuato attraverso
le junket room di Macao”.

Documentazione dubbia e la
valigetta col dossier sul giudice

Il Procurare del fisco rileva che
“nella documentazione trasmessa
dalla competente autorità
Svizzera, si fa presente che sono
stati prodotti documenti falsi,
fatture presentate più volte, manipolazione
della documentazione.
C’è tutto un riferimento alla
documentazione bancaria che si
ritiene abbia dimostrato movimentazioni
di denaro i cui scopi
reali non sono palesati. Quindi
mi pare che sia ipotizzabile che
si sia lavorato per occultare
l’origine dei fondi. Quindi direi
che l’ipotesi di riciclaggio sia
più che dovuta e quindi anche
plausibile. Tra l’altro, per cercare
di capire anche come sono
andate le cose, in questa decidecisione
del giudice svizzero, tra gli
allegati alle indagini sul caso
risulta che, tra le cose sequestrate
a Claudio Podeschi, c’è una
valigetta contenente un dossier
proprio sul conto del magistrato
svizzero che ha archiviato il
caso.
Sul trasferimento di 740 mila
euro ci sono, dice la difesa, le
dichiarazioni degli imprenditori.
A parte che dovrebbero essere
dichiarazioni giurate e non lo
sono, va detto che si tratta delle
stesse persone che hanno stipulato
i contratti e le dichiarazioni,
fatte per giustificare le transazioni,
allo stesso tempo non hanno
i crismi della legalità. Si è fatto
cenno a Phua e si è detto che è
stato assolto negli USA. Anche
qui, non è stato assolto ma archiviato
per irregolarità processuale
nella raccolta delle prove.
Le vicende svizzera e americana,
sono semmai dimostrative del
rischio di inquinamento delle
prove. Ritiene la procura fiscale
che quanto esposto valga per
ritenere che non siano venute a
mancare le ragioni per le quali è
stata disposta la carcerazione. In
particolare l’inquinamento delle
prove. Per quanto detto oggi dai
legali sul pericolo di fuga, se ne
prende atto e posso pensare che
queste dichiarazioni siano sufficienti
per provare che in questo
periodo non fuggiranno. Però
non vorrei si cambiasse idea nel
momento in cui arriverà la sua
decisione. Chiedo pertanto il
rigetto”.

La controreplica di Annetta
Accalorata la controreplica
dell’avvocato Annetta che ha
più volte avvertito come sia pendente
la decisione di Strasburgo.
“Non giochiamo sul fatto del
provvedimento di archiviazione
o assoluzione, comunque non s’è
rinvenuto elemento per farci dire
che quelle somme siano illecite.
Le prove, appena le abbiamo
avute, le abbiamo prodotte,
ma non vogliamo fare il lavoro
degli altri. Le valuteranno gli
inquirenti. Quel provvedimento
di archiviazione svizzero era
ben conosciuto. Prendo atto che
non è stato mai trasmesso a San
Marino. E allora si dovrà agire
verso la Svizzera, verso l’autorità
rogata per capire come mai
non lo ha trasmesso”. Quindi
Annetta si accalora: “Semmai
andremo lì, ma non se ne esce:
questo riciclaggio è senza reato
presupposto e non è possibile
che a fronte di un atto giudiziario
che attesta la liceità di quelle
somme si tenga gente in carcere.
Mi scuso dello sfogo”, ha concluso.

Il giudice Emiliani si è riservato
di decidere.

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