Lionello Mancini su San Marino

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Inchiesta San Marino

Ghini:«Tutti sapevano»
di Lionello Mancini

Un mese fa, nella notte tra il 3 e il 4 maggio, la magistratura di Forlì decapitava la Cassa di Risparmio di San Marino, arrestandone il vertice al completo, il direttore della società Carifin (al 99,98 della Cassa) e il vicepresidente del gruppo Delta. Cinque arresti shock per San Marino, da mesi nel mirino delle istituzioni europee per la sua finanza disinvolta. Ma anche un’occasione per disvelare il «Titano-pensiero» unico e imperante fino a ieri: quello che «l’illecito è un punto di vista», il giro di assegni è il discreto supporto agli italianissimi evasori fiscali, quello per cui il cliente veneto o calabrese, pari sono. Ecco cosa emerge dal verbale dell’unico indagato che ha diffusamente risposto ai magistrati: il cinquantenne riminese Gianluca Ghini, direttore di Carifin.

Clienti
«Lavoro a San Marino da sei anni e mezzo, ma sono riminese, conosco le dinamiche: la fortuna di San Marino è cominciata all’inizio degli anni ’70, quando alcuni facoltosi imprenditori italiani nascondevano lì le loro somme, perché temevano un sequestro di persona, oppure erano fissati che sarebbe arrivata l’Armata rossa. Sono sicuro che dall’anagrafe di Carifin e di Cassa di Risparmio, risulteranno i nomi di questi clienti da vent’anni, o magari del nonno o del bisnonno».

Verifiche
«Innanzitutto accertiamo l’identità, per evitare il più possibile di avere davanti un prestanome. Sapeste quanto spesso si presentano professionisti che agiscono per conto di uomini politici… Poi chiediamo al cliente di produrci l’ultima denuncia dei redditi, il Modello Unico; se notiamo una scarsa consistenza, chiediamo anche l’ultimo bilancio, così da escludere che quella persona non tratti soldi dei crimini di mafia, piuttosto che traffico d’armi, droga ecc. Se proprio non c’è attinenza fra redditi prodotti e quanto viene versato, blocchiamo il conto: o ce le spiega, o lo chiudiamo. Da novembre ne abbiamo chiusi cinque».

Assegni
«Carifin negoziava i titoli di credito di clientela italiana. Ma da metà novembre, dopo le nuove leggi e soprattutto a causa delle indagini della Procura di Forlì, non svolgiamo più quell’attività. Quando era attivo quel “servizio”, i clienti versavano assegni e prelevavano contanti. Però, meglio precisarlo, non è più da tempo un “versa e preleva”. Magari è denaro depositato da cinque, dieci o vent’anni. Ma ci sono anche quelli che portano soldi perché sono indebitati, perché ce li devono restituire e non per accumulare danaro in frode a qualcuno».

Banconote
«Carifin non ha una tesoreria propria, la liquidità la prendeva da Cassa di San Marino(Crrsm) che, a sua volta, la prendeva tramite Mps dalla Banca d’Italia di Forlì. Ma questo io l’ho saputo dai giornali. Sei anni e mezzo fa, quando sono arrivato in Carifin, il mio predecessore mi raccontava che la provvista era quella della Cassa, e mi ha sempre detto che Crrsm andava ad attingere alla Banca d’Italia di Forlì. Ho saputo con le indagini che, in realtà, era il Monte dei Paschi di Forlì a fornire il contante. Ma ripeto: a me hanno sempre detto che era Bankitalia di Forlì».

Fiduciarie
«Mi chiedete chi sapeva, conosceva e verificava questi meccanismi? Tutti. Dal direttore generale in giù. Ho consultato i vecchissimi consiglieri di Cassa di Risparmio, gli anziani commercialisti o avvocati, che esercitano da 60 anni e oltre, anche se non sono stati consiglieri, o nella Fondazione Cassa di Risparmio. La negoziazione fiduciaria degli assegni, quel lavoro becero stigmatizzato dalle indagini, e l’intestazione fiduciaria di quote di Srl o di SpA italiane, è un lavoro nato nel 1957. In questi ultimi mesi, c’è stato un grandissimo dibattito al nostro interno, che ha portato a dire «basta», dopo l’avvio delle indagini. Prima era un’attività vista positivamente».

Prassi
«La prassi che funziona di più a San Marino, si basa su tre elementi: Mario Rossi è un imprenditore, quindi avrà un Modello unico per sé, avrà un bilancio per la società, avrà una base imponibile Ires e una base imponibile Iva. Noi lavoriamo su quei tre elementi, molto artigianalmente. Il bilancio Ias è confezionato bene, ma non è che sia molto diverso dal sistema che utilizziamo noi».

Incoerenze
«Cosa significa per San Marino l’illecito fiscale? Che se un soggetto mi presenta una documentazione da cui risulta una certa capacità reddituale, non mi spavento se a un certo punto comincia a depositare somme un po’… incoerenti. Ma non è nel nostro stile, Carifin o Cassa, prendere quel denaro. Certo, quando le carte mi dicono che tu ogni anno produci 10mila euro, però me ne porti mediamente 100mila, il dato diventa problematico: dev’esserci un rapporto tra capacità economica ufficiale e una che sia ragionevole».
Dipendenti

«Ci sono persone che portano addirittura il Modello 730, quindi sono lavoratori dipendenti. Un anno fa, si presenta una persona che, rogito alla mano, aveva venduto tre appartamenti a Rimini. Fatto 100 il prezzo, 40 li aveva presi in nero e voleva depositarli. Quell’operazione l’abbiamo fatta, perché era chiaro che quella persona non era il prestanome di chissà chi, magari di uno spacciatore. Era verificabile che questo soggetto aveva venduto il bene a un certo prezzo e che c’era una parte di pagamento riservato. Ai fini dell’antiriciclaggio questo ci ha tranquillizzato, anche se capisco che a chi indaga, questo caso può far venire i capelli dritti».


Russi

«Nel nostro mondo capita, è capitato di tanto in tanto (adesso è più raro, ma i primi tempi li vedevo con i miei occhi) che persone all’apparenza russe, che parlano un inglese scalcinato, arrivino con dei trolley pieni di dollari. Mai presi, quelli. Al nostro «no», i russi giravano un po’, andando in banche sempre più piccole. Forse qualcuno che prendesse quei soldi lo trovavano. D’altra parte era raccolta, e raccolta buona».

Calabresi

«Nelle intercettazioni avete sentito clienti dire: «Mi chiamo Mario Rossi», «mi chiamo Carifin numero», oppure «sono il numero 1182». È un sistema che non si usa quasi più, quindi chi lo usa è sicuramente un vecchio cliente. Come quello che telefona da una cabina pubblica di Lamezia Terme e dice: «Sono Omega, preparatemi 100mila euro». So che quello è un cliente che si fa vivo una volta o due all’anno. Capisco che può fare uno strano effetto, comprendo che la vostra preoccupazione sia la ‘ndrangheta. Però su un cliente così, se ci sono temi di criticità, basta una rogatoria e rispondiamo in 20 giorni».

Angolazioni

«Come spiego il comportamento di quell’imprenditore in difficoltà con la sua azienda che continua a fare versamenti da noi? È un problema di angolazioni. Secondo voi, se l’amministratore di un gruppo in difficoltà porta dei conti non intestati alla società, ma a titolo personale, sta mettendo al riparo i soldi dal fisco italiano. Però, magari, quell’imprenditore sta solo cercando di restituire soldi alla nostra e ad altre banche. Io so che quella persona risponde anche in proprio, sta vendendo suoi immobili per far fronte. È un imprenditore che non è scappato, è ancora lì. Speriamo ce la faccia».
l.mancini@ilsole24ore.com

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