Michele Bovi intervista il Segretario di Stato Marco Podeschi, Repubblica Futura

Michele Bovi intervista il Segretario di Stato Marco Podeschi, Repubblica Futura

POTERI FORTI IERI E OGGI

 INTERVISTA CON IL SEGRETARIO DI STATO MARCO PODESCHI

 di Michele Bovi

 “I Poteri Forti a San Marino sono sempre esistiti, al di là dei partiti. Carlo Giorgi in quanto segretario generale dell’Associazione industriali è stato per molti anni influente non meno di Gabriele Gatti”. Parola di Marco Podeschi, segretario di stato per Istruzione, Cultura, Università, Ricerca, Informazione, Sport, Innovazione tecnologica e Rapporti con l’Azienda dei servizi. E’ il suo commento a un’affermazione di Giancarlo Ghironzi pronunciata nel corso di un’intervista a SUPER dello scorso dicembre.

Secondo il dottor Ghironzi “Oggi i politici sembrano tutti condividere la consuetudine di attribuire rovesci e sventure del Paese agli ineffabili Poteri Forti senza mai esplicitare fatti e nomi ma soltanto sparacchiando insinuazioni su finanzieri milanesi o romani o materani, banchieri, imprenditori, professionisti, magistrati e magari vescovo, ambasciatore, servizi segreti, massoneria. Intendiamoci: intromissioni o almeno tentativi di fameliche ingerenze ci sono sempre stati. La differenza è che quando mi occupavo di politica i soli e autentici Poteri Forti erano i partiti”.

“La forza dei partiti non era assoluta – obietta Podeschi – c’è sempre stato il confronto con altre realtà altrettanto autorevoli: l’Anis appunto, ma anche i sindacati, gli istituti di credito, gli studi professionali. Inoltre avvocati e commercialisti avevano incarichi nei consigli d’amministrazione delle banche: quindi forze che concorrevano a saldarsi tra loro e conseguentemente a rinvigorirsi. Ricordiamo che fino a dieci anni fa nel territorio operavano dodici banche e oltre cinquanta intermediari finanziari. Con vette di egemonia palesemente identificate nella Cassa di Risparmio di Mario Fantini”.

 

Vuol dire che la crisi del credito ha determinato un indebolimento generale? Liquefatti i Poteri Forti?

 “No. Cambiano gli equilibri, le figure di riferimento, si avverte una ciclica ridistribuzione delle entità, ma le forze in campo restano le stesse: i liberi professionisti, i sindacati, certe associazioni di categoria. Dal 2005 si è aggiunta Banca Centrale, ma anche San Marino Rtv è una postazione di forza, in quanto struttura imponente che opera nell’informazione”.

  

Come esercitano l’influenza i Poteri Forti?

 “Ovviamente facendo pressioni dirette a favorire i propri interessi. Chi ha compiti istituzionali deve saper trattare frenando i tentativi di prevaricazione”.

 Sulla stampa sono ricorrenti i nomi di imprenditori a cui sono attribuite tali mire: Marino Grandoni, o il suo amico Ambrogio Rossini.

 “Sono nomi di persone che hanno creato aziende tangibili e lavoro. Per fortuna San Marino dal dopoguerra ha assistito alla crescita di innumerevoli figure imprenditoriali del genere: i Bruschi, i Tonelli, i Mularoni, i Calzolari, i Reggini, i De Biagi e molti altri ancora. Sarebbe anomalo per chi amministra la cosa pubblica non intrattenere rapporti con le famiglie Amati o Colombini. La conoscenza, il dialogo, persino l’assiduità non è obbligatorio né salutare che debbano trasformarsi in soggezione. Ambrogio Rossini e mio padre sono coetanei, lo conosco da una vita, ma da amministratore della cosa pubblica non devo cedere a condizionamenti. Se per questo sono anche un dipendente di Banca Centrale, entrato per concorso pubblico nel 1999: non ho ricoperto ruoli apicali però sono comunque vincolato da un rapporto a tempo indeterminato. Ma se domani il governo di cui faccio parte si trovasse a decidere misure severe contro Banca Centrale non mi tirerei indietro”.

 L’impressione è che i Poteri Forti abbiano sempre preferito agire senza mai lasciarsi coinvolgere direttamente nella politica.

 “E’ vero. A San Marino industriali o titolari di prestigiosi studi professionali sono sempre rimasti fuori dalle caselle dei partiti. Fatta eccezione per alcuni eredi di famiglie con radicate e stimate tradizioni in proposito, come gli avvocati e notai Berti”.

 Ghironzi ha citato anche massoneria e vescovo.

 “Detto da un cattolico come lui e letto da un cattolico come me risulta un accostamento blasfemo. In realtà si tratta di strutture ed esponenti, concettualmente in antitesi tra loro, tutt’altro che minacciosi. C’è stato un momento a San Marino in cui sembrava che qualcuno, dall’esterno, volesse giocare sporco con cappucci e compassi coinvolgendo anche nostri politici, ma si è risolto tutto con qualche bizzarra foto coi grembiulini finita sui giornali che ha fatto più sorridere che preoccupare. Per l’altro argomento va detto che siamo uno Stato che porta il nome di un Santo, con solide consuetudini cattoliche ma anche un fiero senso di sovranità.  C’è stato anche qui un momento di inquietudine causato dagli atteggiamenti irrispettosi, ritenuti tentativi di ingerenza, del vescovo Luigi Negri. Ma è stato un episodio eccezionale, soltanto una seconda Alberonata in tutta la storia dei rapporti tra San Marino e la Santa Sede. In seguito ogni cosa è tornata al suo posto”.

 Però, a parte i vescovi, si stava meglio prima.

 “C’era dottrina, etica politica. I partiti erano scuole. Io ne stavo lontano, volevo fare il medico. Poi la famiglia mi convinse che il percorso di studi sarebbe stato troppo lungo e optai per  scienze internazionali diplomatiche in un’Università ben distante da casa, a Trieste e Gorizia. Una volta laureato fu ancora la famiglia a suggerirmi il coinvolgimento nella politica: un giovane deve dare una mano al proprio Paese. Così nel 1990 mi iscrissi al Partito dei democratici cristiani”.

 Alla scuola di via Scalette, nell’aula di Gabriele Gatti.

 “Nell’aula di Pier Marino Menicucci: era lui ad armonizzare i termini culturali, il punto di riferimento della leva dei giovani. Gatti era il leader di governo”.

 Che tipo di leader?

 “Una personalità delle istituzioni che ha lavorato tanto e coraggiosamente riuscendo a stabilire relazioni internazionali fondamentali, con le Nazioni Unite, con il Fondo Monetario, con l’Unione Europea, intese che hanno privilegiato San Marino grazie a rapporti personali stretti di volta in volta con Giulio Andreotti, con Romano Prodi; progressi essenziali come l’accordo energetico. Un’abilità non comune”.

 Nostalgia canaglia!

 “Macché nostalgia. Gatti di contro lasciò incompiute molte faccende nodali, come la riforma del corpo diplomatico, indispensabile all’inizio del Duemila per comporre una struttura davvero efficace, moderna ed evoluta. Non ha consentito il ricambio della classe dirigente. Ma soprattutto non ha capito quand’era il momento di abbandonare la scena”.

 Allora è stato Gatti ad affossare San Marino?

 “E’ una responsabilità che va spalmata su diversi strati sociali: è mancata la lungimiranza nei gruppi politici, nei dipendenti del settore pubblico, negli imprenditori. Anni di benessere diffuso hanno devitalizzato la prudenza, l’oculatezza, il senso di prospettiva. Sono state fatte innumerevoli scelte sbagliate, con opere non ultimate, leggi e decreti complicati, effetti di una cultura inadeguata o di distorsioni che hanno avvelenato parte della gestione della cosa pubblica. Una somma di fattori che ha arrestato la crescita. Proviamo a confrontarci con la Svizzera, un Paese con cui condividiamo talune caratteristiche. Loro hanno saputo guardare lontano, forti della dimestichezza con criteri ordinati e nonostante le rinunce e il cambio di marcia hanno mantenuto un inossidabile benessere”.

 Come si diventa svizzeri sul monte Titano?

 “Si resta sammarinesi. Ultimando le opere, tutelando ciò che abbiamo di prezioso, mostrando migliore attenzione a quanto di buono ci circonda, riconsiderando il valore della moralità. Ma anche noi abbiamo bisogno di accettare rinunce e cambio di marcia”.

 La classe politica è sufficientemente preparata per lavorare a una svolta?

 “Vent’anni fa era più preparata, ma ha commesso errori fatali. Oggi si crede che una ricerca su Google riesca a corrispondere all’esperienza, allo studio approfondito. Non è ovviamente così, però un’intensa applicazione e una robusta dose di buonsenso possono aiutare a far meglio, anche rispetto al passato”.

 

La delega all’innovazione tecnologica le consente di screditare Google?

 

“No, faccio abitualmente ricorso anch’io ai motori di ricerca. Certo la comunicazione è cambiata. Oggi il politico chatta, è sollecitato a interagire, a rispondere immediatamente con un messaggio: è tutto un cinguettio. E’ un vantaggio enorme per chi opera in un grande Paese: significa accessibilità totale, la possibilità di raggiungere tutti. Ma in un piccolo centro come San Marino il rapporto diretto con le persone, viso a viso, resta formula insostituibile”.

 

Poi c’è il rischio infortunio coi social network. Tipo quello di sua moglie che su Facebook aveva pesantemente criticato la manifestazione dei correntisti di Asset Banca.

 

“E’ vero. Tutto quello che oggi diciamo per telefono o in un bar può essere ascoltato, registrato, riprodotto e reinterpretato. Lo abbiamo appurato in questi anni anche dalle inchieste giudiziarie relative alle aberrazioni della nostra politica. Mia moglie è andata oltre: ha digitato il suo pensiero come fosse un commento riservato a un unico interlocutore. Digitare significa potenzialmente esporre un manifesto sulla piazza della comunità. L’occasionale interlocutrice ha fatto proprio questo: ha esibito in bacheca un giudizio istintivo. Mia moglie credo abbia imparato a stare più attenta”.

 Rinunce e cambio di marcia per uscire dalla crisi. Una prescrizione da applicare anche alle sue deleghe: a cosa rinuncerà la Cultura?

 “A iniziative e spettacoli che, pur essendo pregevoli, non riscuotono l’attenzione rapportata alla spesa. La priorità va agli investimenti per musei e monumenti: tutela e sviluppo per renderli più fruibili. Teniamoci le realizzazioni di sicuro richiamo. Per assistere ad altre rappresentazioni dovremo spostarci fuori confine”.

 E’ questo nuovo orientamento che l’ha indotta a congedare il direttore degli Istituti culturali?

 “Il progetto Cultura deve essere aperto ai cambiamenti e soprattutto non può identificarsi in una sola persona. E questo vale anche per me. Mi aspettavo conseguenze, anzi mi erano state sfrontatamente preannunciate, a proposito di Poteri Forti. L’insolenza ha superato i limiti: l’ingegner Rondelli mi ha apertamente accusato di non presenziare adeguatamente alle iniziative teatrali e di aver disapprovato alcune esternazioni di Vittorio Sgarbi. Rispondo che purtroppo gli impegni mi impediscono di scegliere a mio piacimento come trascorrere le serate e che nutro rispetto e simpatia per Sgarbi, ma non ho condiviso i suoi insulti rivolti all’architetto Stefano Boeri, che è un nostro consulente per la pianificazione territoriale, e i commenti grevi indirizzati ad Asia Argento riguardo la denuncia sulle molestie sessuali. Esternazioni pronunciate pubblicamente in un nostro teatro. Proprio in un’intervista a SUPER Rondelli mi ha invitato a essere più cauto nei confronti di Sgarbi perché, con la pronosticata vittoria del centrodestra a marzo nelle elezioni italiane, il critico d’arte potrebbe diventare ministro: non è precisamente l’elogio al Libero Pensiero che ci si aspetta da un operatore culturale”.

 E lei indubbiamente rispetto a SUPER preferisce testate più in sintonia con i suoi propositi.

 “Sono stato addestrato alla politica, come già detto, in una scuola esperta, che mi ha insegnato ad apprezzare il dibattito, anche aspro. SUPER propone e difende una propria idea che è in contrasto con quella del governo. Anche Repubblica.sm è in collisione con la linea dell’esecutivo, esortato da ragioni diverse. Preferisco SUPER, ma non significa che Repubblica.sm non produca un giornalismo interessante: sia nell’uno che nell’altro leggo articoli e approfondimenti introvabili altrove. Un esempio: la ricerca sulle canzoni che hanno nel titolo San Marino, pubblicata recentemente da SUPER, è stata sorprendente, istruttiva e vi anticipo che avrà un seguito istituzionale. Grazie a quell’inchiesta abbiamo scoperto che il nostro Inno nazionale non gode tuttora di tutela, così come è accaduto per l’Inno italiano fino allo scorso dicembre quando una legge apposita ha stabilito la protezione. Ho chiesto all’avvocato Giorgio Assumma, luminare della materia,  già presidente della SIAE,  istruzioni in merito. Assumma ha appena confezionato la legge sul diritto d’autore per la Santa Sede e nutre una venerazione per San Marino dopo che una decina d’anni fa gli fu conferita l’onorificenza dell’Ordine di Sant’Agata. Presto le note di Federico Consolo saranno di proprietà esclusiva del nostro Stato”.

 Il segretario all’Informazione che riconosce i meriti dell’informazione. Captatio benevolentiae o ammissione oggettiva?

 Devo dire che il livello qualitativo dell’informazione, nei media che si occupano di San Marino all’interno del territorio o da Rimini, oggi è davvero pregevole. Gli scossoni giudiziari che hanno stravolto negli ultimi anni la classe politica sono stati trattati con equilibrio. I giornalisti di San Marino Rtv o della carta stampata erano chiaramente amici delle personalità coinvolte e immagino lo siano rimasti ad oltranza. Eppure le notizie sono state diffuse con imparzialità, senza omettere, senza mitigare”.

 Cosa ha provato nell’assistere a quel terremoto?

 “Mi astengo da giudizi che spettano ad altre autorità. Li farò quando tutto sarà chiarito. Di sicuro prima del Conto Mazzini era inconcepibile immaginare il carcere per certi pubblici amministratori. Alcune situazioni mi hanno umanamente addolorato. Sono stato il primo a effettuare un’ispezione nella nostra prigione, avvalendomi dei poteri conferiti ai membri del Consiglio. Ho atteso che fosse liberato Claudio Podeschi, non è mio parente, ma vista l’omonimia preferivo evitare equivoci. Avevamo sempre letto cronache singolari riguardo quella struttura: cyclette per i detenuti, pasti dal ristorante, una sorta di agriturismo con il solo spiacevole dettaglio delle sbarre. Non è così. Mi sono presentato con poco preavviso, suscitando stupore tra il personale addetto. Ci sono tutti i limiti di un chiostro medievale: nulla di rieducativo”.

 Nella spirale della galera ora è entrato anche l’ambiente sportivo, con il calcioscommesse.

 “Fa impressione che il fenomeno dei risultati truccati sia cosìcorrente tra i non professionisti. Che cosa c’è dietro? Il mondo delle scommesse illegali. Mi spaventa il sospetto di un tandem tra questa tematica e il traffico di droga, l’altra formidabile fonte di profitto dei grandi circoli malavitosi. La frequenza di episodi di cronaca è allarmante e l’ipotesi che nel nostro Paese la circolazione di sostanze stupefacenti e psicotrope abbia superato i livelli di guardia è verosimile. Rammento il caso limite, quando due anni fa William Giardi invitò i consiglieri a sottoporsi al test antidroga. Ad accettare quella provocazione fummo soltanto in tre: l’allora segretario alla Sanità Francesco Mussoni, io e un altro che per rispetto della privacy evito di citare. Non intendo dire che gli stupefacenti circolano a Palazzo Pubblico, affermo invece che il Consiglio sta terribilmente sottostimando una situazione esplosiva.  Scommesse illegali e utilizzo di droga sono due facce della stessa medaglia: il più pericoloso dei Poteri Forti”.

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