San Marino. Antonio Fabbri Sei casi di riciclaggio per oltre 11,5milioni

San Marino. Antonio Fabbri Sei casi di riciclaggio per oltre 11,5milioni

 L’informazione di San Marino

 Sei casi di riciclaggio per oltre 11,5milioni

Antonio Fabbri

Ben sei casi di riciclaggio entreranno in aula oggi al tribunale dei Tavolucci davanti al giudice Roberto Battaglino. Sei casi per i quali prenderanno il via le udienze che complessivamente tratteranno il trasferimento, sostituzione, occultamento di denaro ritenuto di provenienza illecita. Dalla frode fiscale all’usura, dal peculato alla bancarotta, i reati dai quali secondo l’accusa proveniva il denaro sporco. 

Dal Titano al Delaware Quasi 690mila euro frutto di reati depositati e investiti su conti presso istituti di credito sammarinesi, intestati all’imputato e a una società con sede nel Delaware, negli Stati Uniti, la Petra Consulting LLC.

Trasferimenti, movimentazioni e occultamento del denaro ritenuto illecito, avvenuti nell’arco di tempo tra il 2006 e il 2014. A dover rispondere dell’accusa di riciclaggio è Giuseppe Pasinetti, 55enne di Bergamo accusato di aver prima portato e poi movimentato in banche sammarinesi complessivamente 688.300 euro ritenuti appunto frutto di frode fiscale, truffa ai danni dello Stato e reati contro il patrimonio. Reati presupposti commessi con la collaborazione di una associazione a delinquere a capo della quale c’era tale Giovanni Barzago, condannato a luglio dell2015 anno, tra l’altro, a 13 anni e 4 mesi di reclusione.

I soldi dell’usura Sono ritenuti dall’accusa frutto dell’usura e dell’eser cizio abusivo dell’attività bancaria i soldi movimentati, fino al maggio 2014, da Silvio Pugliese, 77enne originario di Cosenza, ma residente a Coria no. Pugliese dovrà dunque rispondere di riciclaggio. Gli inquirenti hanno ricostruito le movimentazioni del denaro che si trovava giacente su un mandato fiduciario presso la finanziaria Business&Financial Consulting (Bfc), oggi liqui data. A fine gennaio 2014 Pugliese aveva estinto il mandato fiduciario presso la Bfc, appunto, intestato ad una società panamense, la Claridale Investments. Aveva quindi trasferito sia la disponibilità liquida, circa 21mila euro, sia il valore del dossier titoli, pari a 188mila euro, su un rapporto presso la Asset Banca, rapporto collegato al mandato fiduciario acceso presso una fiduciaria svizzera Aeffegestioni s.a. Questo rapporto intestato alla fiduciaria nel marzo 2014 venne estinto e i denari trasferiti in altri rapporti intestati al Pugliese che prelevò 6000 euro in contanti, finché nel maggio 2014 scattò l’inchiesta e i conti dell’uomo vennero posti sotto sequestro. Oggi la prima udienza su questo caso.

La bigliettopoli romana Un caso di riciclaggio che desta interesse anche per l’importanza delle indagini sul reato presupposto, la cosiddetta bigliettopoli romana, è quello dei quasi due milioni di euro ritenuti frutto degli illeciti contestati ai danni della azienda dei trasporti di Roma, l’Atac.

Di mezzo, ancora una volta, la Smi, Amphora e i conti a San Marino. Inizialmente l’inchiesta romana, partita nel lontano 2008, era stata appunto etichettata come “bigliettopoli”. Infatti dalle prime ricostruzioni era risultata la produzione parallela di ticket falsi per la rete dei trasporti di Roma. Venivano piazzati sul mercato con la conseguente creazione di fondi neri, pure quelli finiti in parte a San Marino. Successive intercettazioni tra i vertici aziendali avrebbero confermato, però, una sorta di tolleranza di Atac sul fenomeno della falsificazione dei biglietti. Nell’inchiesta della procura capitolina è rimasta tuttavia la contestazione della sottrazione dei fondi ad Atac che si è attuata, e di questo invece i pm chiedono il rinvio a giudizio, attraverso la concessione di consulenze in favore di società riconducibili ad Antonio Cassano e Gioacchino Gabbuti, rispettivamente ex direttore generale e ex amministratore delegato di Atac. Secondo l’accusa sammarinese, sulla base delle ricostruzioni effettuate, i fondi dell’attività illecita contestata dalla procura italiana sono confluiti su diversi rapporti fiduciari presso la San Marino Investimenti ed utilizzati per acquisire partecipazioni societarie occulte attraverso l’interposizione fiduciaria della stessa Smi, società che oggi è in liquidazione coatta amministrativa. I fondi ritenuti di origine illecita, dunque, erano confluiti a San Marino e una parte sono tuttora depositati su un conto corrente e in un mandato fiduciario della Smi. Rapporti entrambi intestati ad Antonio Cassano. Proprio Cassano deve dunque rispondere di riciclaggio di quei fondi, emersi quando nel 2015 il titolare dei rapporti ha tentato di accedere alla voluntary disclosure.

Da San Marino all’Armenia E’ un caso di riciclaggio da 260.200 euro di un imprenditore modenese, residente a Sassuolo, che nel 2007 aveva distratto dalle società di cui era socio e che amministrava, l’ingente somma portandola in una banca sammarinese. Qui per l’accusa aveva continuato ad occultare, investire e movimentare il denaro fino a tempi recenti, quando ha poi deciso di trasferire la somma che (…)gli era rimasta sul conto – oltre 223mila euro – in una banca Armena. Giuseppe Castelli, questo il nome dell’imprenditore 67enne, deve dunque rispondere di riciclaggio nel processo che prende avvio oggi.

Riciclaggio da 6,9 milioni Vincenzo Olivieri, 54enne di Martina Franca, in provincia di Taranto, è accusato di riciclaggio per complessivi 6.905.381 euro. L’imprenditore pugliese deve rispondere di aver movimentato, trasferito e occul tato, denari frutto di reati contro il patrimonio, fallimentari e societari, ai danni delle imprese di cui lo stesso imputato era amministratore o socio. Gli inquirenti hanno ricostruito i passaggi di denaro a partire dal 1994, anno in cui arrivarono i primi soldi. In tale caso si riscontra praticamente l’utilizzo di tutti gli strumenti bancari e finanziari presenti nel sistema nel corso degli anni per movimentare, e secondo l’accusa occultare, il denaro: dal libretto al portatore, al conto, ai titoli, alla polizza vita.

L’imprenditore vicino alle coop rosse Leonardo Giombini, con una storica vicinanza alle cooperative rosse, alle giunte di sinistra e alle opere di ricostruzione post terremoto in Umbria, è accusato di avere trasferito e occultato 1.951.900 versati su un conto a San Marino collegato a un mandato fiduciario e poi investiti in titoli, subendo, secondo il suo legale, “delle ingenti perdite” con una gestione che il suo avvocato ha definito “disastrosa”. Questo fino al 28 dicembre 2015. In quella data Giombini aveva chiesto di chiudere il rapporto con la banca sammarinese e il trasferimento dei soldi presso una banca di Perugia per aderire alla voluntary disclosure.

Per l’accusa quella regolarizzazione di somme era mirata a ripulire soldi che non rientravano, però, nella casistica della voluntary. Per la difesa, invece, il riciclaggio è impossibile se c’è la richiesta di regolarizzazione del denaro, tanto che aveva avanzato anche ricorso in terza istanza per vedersi dissequestrare i 574.325 euro che sono congelati sul Titano. Ricorso che, però, è stato respinto. Secondo l’accusa quegli 1,9 milioni complessivi, versati in contanti, sono il frutto di pagamenti in nero ricevuti da Giombini, in violazione degli obblighi assunti con il comune di Perugia, dagli acquirenti di immobili realizzati da Giombini costruzioni spa nell’ambito di una convenzione di edilizia sovvenzionata. Per tutti questi sei casi partono dunque oggi i processi

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy