San Marino. Alberto Giordano Spagni Reffi, ancora sul Centro Storico

San Marino. Alberto Giordano Spagni Reffi, ancora sul Centro Storico

SAN MARINO. Un altro abitante sammarinese denuncia le difficoltà del vivere nel centro storico

Sono più di vent’anni che risiedo nel centro storico di San Marino, sono secoli che la mia famiglia vive nello stesso edificio. Per tutti la casa ha un valore primario: grande o piccola, sfarzosa o umile non conta, siamo legati ad essa in modo indissolubile e probabilmente non sentiremo più un legame simile con alcun luogo; questo vale a maggior ragione se la suddetta casa poggia le sue fondamenta da oltre cinquecento anni in un posto meraviglioso quale è il centro storico. Da “neo-adulto” trattengo ancora vivo in me il ricordo di una fanciullezza trascorsa tra le mura, avevamo possibilità che nessun’altro coetaneo potesse avere: rincorrerci nelle contrade, effettuare improbabili gare estenuanti in bicicletta, girovagare senza metà immaginandoci le avventure più disparate immersi in un’ambientazione medievalesca che sarebbe il sogno di ogni bambino. Tutto questo senza un genitore alle calcagna, ma soli, liberi, in totale sicurezza, al massimo qualche ginocchio sbucciato di tanto in tanto. Purtroppo chi non ha vissuto la mia infanzia può solo assaporare la magia, stessa magia che io vorrei restituire ai miei ipotetici figli un giorno; di una cosa, infatti, sono sempre stato convinto: se il mio futuro dovesse essere a San Marino sarebbe in centro storico. Nulla ha mai smosso questa certezza, nemmeno i voli pindarici che affliggono la mia mente di venticinquenne. Un futuro in Italia? Forse, comunque tornerei a San Marino da anziano. Vivere per un po’ altrove in repubblica durante i primi anni di lavoro? Magari, ma sempre con l’idea ferma di fare ritorno sulla cima del monte un giorno. Neppure se mia mamma e mia sorella non esistessero ed io fossi costretto a trascorrere trent’anni all’estero mi sfiorerebbe mai il pensiero di cedere casa mia, se fossi sommerso dai debiti sarebbe comunque l’ultima cosa che venderei. (…)

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