Covid-19 e cultura dell’Occidente. Prof. Guido Guidi, cattedratico già magistrato a San Marino

Covid-19 e cultura dell’Occidente. Prof. Guido Guidi, cattedratico già magistrato a San Marino

Noi, assieme agli altri Paesi europei, anche se individualmente considerati, riaffermiamo, accanto alla libertà e all’uguaglianza, il valore della solidarietà, della fratellanza

Da noi la lezione di Immanuel Kant, secondo cui l’uomo è innanzitutto fine e mai soltanto mezzo, è ancora un principio irrinunciabile

GUIDO GUIDI Covid-19 e cultura dell’Occidente

Il Covid-19 imperversa ovunque. Negli Stati Uniti, il numero di casi positivi ha superato la cifra di 70mila. Solo nello Stato di New York si contano più di 30mila contagi e il numero sta raddoppiando ogni tre giorni, per ammissione dello stesso governatore dello Stato Andrew Cuomo. Ciò nonostante il presidente Donald Trump, pur se in mezzo ad altalenanti e mutevoli tweet, ha dichiarato che il lockdown sarebbe “una cura peggiore del male”, perché il blocco dell’economia creerebbe un grande numero di disoccupati e “migliaia di suicidi”. Se le attenzioni dei governatori degli Stati più colpiti sono dirette a privilegiare gli interventi necessari a tutelare la salute della popolazione, predisponendo gli adeguati presidi sanitari, Trump invece, nonostante le raccomandazioni del virologo italo-americano di fama mondiale Anthony Fauci, ha deciso di indirizzare la sua azione in un’altra direzione, a sostegno del mondo dell’economia, con una mostruosa iniezione di denaro pubblico, pari a duemila miliardi di dollari, da destinare al sostegno del lavoro e delle imprese.

Dentro questa scelta strategica, la possibilità di garantire a tutti le cure mediche necessarie a combattere l’epidemia risulta fortemente compromessa perché, nonostante le risorse specifiche degli Stati membri, gran parte delle spese sanitarie fanno capo all’amministrazione federale. La reazione del governatore di New York Andrew Cuomo al riguardo è stata lapidaria. Così stando le cose: “Vengano loro a decidere chi deve vivere e chi deve morire”. L’Italia e gli altri Paesi europei, in questo tragico frangente, hanno imboccato un’altra strada, dando prova di generosa efficienza e grande civiltà giuridica. Intendono innanzitutto riconoscere a tutti, senza discriminazione, le cure e i presidi sanitari necessari alla sopravvivenza, attraverso una strategia di contenimento dell’espansione del virus. In questo, il nostro Paese sta dando dimostrazione di saper assumere decisioni coraggiose e di non essere secondo a nessuno.

Questo tragico passaggio non passerà per noi senza lasciare segni. Già da adesso, al di là del dato del tutto marginale dell’attenuazione dei toni del confronto politico, si percepisce che la vicenda lascerà segni evidenti, capaci di ridelineare in modo significativo il volto della comunità nazionale, la sua identità. Boris Johnson, salvo poi tornare sui suoi passi, aveva tentato qualche giorno fa di riaffermare l’indole guerriera del proprio Paese, mostrando il volto fiero di una Gran Bretagna che non arretra davanti all’epidemia e anzi gli va incontro consapevolmente, tramite la cosiddetta strategia dell’immunizzazione di gregge dell’intera popolazione. Oggi ha fatto parzialmente marcia indietro, collocando a metà strada il Regno Unito, tra liberalismo economico e Welfare state.

Invece Donald Trump resta nella linea tracciata: la difesa del primato del benessere economico, quale presupposto irrinunciabile per il raggiungimento del benessere generale. Noi, assieme agli altri Paesi europei, anche se individualmente considerati, riaffermiamo, accanto alla libertà e all’uguaglianza, il valore della solidarietà, della fratellanza. Quella fraternité della Rivoluzione francese, che appartiene al patrimonio etico, laico e religioso, dell’Europa. Al di là del futile risultato dell’attenuazione delle liti da cortile del ceto politico, l’Italia può ritrovare in questo frangente una sua coesione identitaria, che si può riassumere nella riaffermazione dei valori indicati nell’articolo 2 della Costituzione, che impone a tutti “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Non è cosa da poco.

Da noi la lezione di Immanuel Kant, secondo cui l’uomo è innanzitutto fine e mai soltanto mezzo, è ancora un principio irrinunciabile. Il principio simbolo, più alto della civiltà occidentale. Sorprende, nonostante la sua coerenza economicistica, che un simbolo di così grande spessore culturale e storico non appartenga anche all’odierna Amministrazione statunitense, la più grande democrazia del mondo che, in altri passaggi drammatici, ha sempre dimostrato di conoscerlo e di saperlo difendere, pagando i più alti prezzi, anche in termini di vite umane.

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