San Marino. Unione Donne: “decreto Fase 2, famiglie dimenticate”

San Marino. Unione Donne: “decreto Fase 2, famiglie dimenticate”

“Unione Donne legge nel cuore della notte, come molti cittadini, il decreto n. 68/2020 sulla Fase 2 dell’emergenza Covid-19 in vigore dal 5 maggio.

Il decreto – si legge in un comunicato – prevede la riapertura graduale di quasi tutte le attività lavorative, commerciali ed economiche e conferma la sospensione, probabilmente fino a settembre, delle scuole di ogni ordine e grado.

Unendosi all’appello dell’Associazione Pro Bimbi di qualche giorno fa, UDS ritiene impensabile ipotizzare un ritorno al lavoro senza prevedere per le famiglie alternative alla scuola o ai centri estivi, di carattere pubblico o privato, per i prossimi quattro mesi. 

Nelle decisioni politiche all’epoca del Covid-19, ancora una volta, i grandi assenti sono i bambini, quei piccoli grandi eroi che privati improvvisamente di spazi, luoghi e tempi indispensabili per la loro sana crescita educativa e psicologica, privati di momenti fondamentali di socializzazione e gioco tra coetanei che ogni società civile dovrebbe ritenere della massima priorità, si vedono dimenticati, forse perché sono coloro che non hanno voce e che mai vedremo in piazza a protestare.

Ma i piccoli protestano, a modo loro. Con sintomi evidenti di stress, con pianti incontrollati, con una voglia naturale di tornare alla loro normalità a dispetto delle restrizioni dei grandi.

Oltre ai bambini, le altre assenti sono le donne, le mamme. Per buona, o cattiva, prassi ormai, le leggi si fanno senza considerare l’impatto che esse avranno sulle donne, sulla loro autonomia o libertà di scelta e queste gravi mancanze, soprattutto in tempi drammatici come questi, rischiano di mettere in pericolo decenni di dure conquiste.

Nei prossimi quattro mesi, come si organizzeranno le famiglie, soprattutto quelle i cui genitori, per motivi lavorativi ed economici, non potranno restare a casa?

Nel decreto nessuna risposta ma la vaga sensazione che qualcuno si dovrà “sacrificare” sull’altare dell’inefficienza politica e non è difficile capire chi sarà.

I congedi parentali o l’uso delle ferie non sono alternative perché del tutto insufficienti. Il part-time, soprattutto nel settore privato e in tempi di ristrettezze economiche, è spesso un’opzione impossibile, lo smart working diventa difficile in presenza di bambini piccoli da accudire.

Il rischio concreto è che, in mancanza di alternative, le donne siano costrette a licenziarsi, a ridurre drasticamente o addirittura rinunciare alla loro autonomia lavorativa o a prendere aspettative non retribuite con evidenti ripercussioni sulle loro carriere o sul loro stato psicologico. O, ancora, siano costrette a lasciare i bambini a chi possono, ai vicini o, peggio ancora, ai nonni o ai parenti in pensione.

Oltre alla proposta della Pro Bimbi relativa ad un baby-sitting tra nuclei familiari, possibilmente sostenuto dallo Stato, UDS propone di sfruttare quanto messo in campo negli anni passati dai privati nell’ambito dei centri estivi.

Negli ultimi anni, infatti, l’offerta di centri estivi privati è aumentata offrendo alle famiglie un’ampia gamma di alternative ludiche e didattiche per i bambini nel periodo estivo. Queste organizzazioni private hanno già le strutture e l’esperienza e con sforzi minimi di adeguamento alle disposizioni anti-contagio, sono in grado di organizzare e gestire gruppi ridotti di 6-7 bambini. Tuttavia questo comporterebbe per loro una minore entrata economica sicuramente non sufficiente a rientrare delle spese, ma con un piccolo rimborso per ogni bambino da parte dello Stato ed una parte pagata dalle famiglie, questi operatori possono continuare la loro attività e diventare una risorsa indispensabile per quei genitori che rientrano al lavoro, anche fin da subito. 

Proprio questo governo, solo pochi mesi fa, presentava orgogliosamente un Segretario di Stato per la Famiglia, ma da parte sua il silenzio più totale sull’attuale dramma delle famiglie.

Unione Donne chiede alla politica di non lasciare la questione dell’accudimento dei bambini sulle sole spalle familiari e femminili. Occorre che vi sia un’offerta, pubblica e/o privata, di spazi e strutture, riadeguate alle esigenze di contenimento del Covid-19, per la socializzazione e per le attività ludiche e sportive dei bambini, a prezzi accessibili. Altrimenti al rientro al lavoro tante donne non potranno esserci, altrimenti i figli si sceglierà semplicemente di non farli se a loro va sacrificata ogni autonomia, se la società tutta non se ne fa carico e una cultura retrograda continuerà a dare per scontato che siano sempre e solo un problema delle mamme”.

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