Testaj: “Dispiace che a San Marino non ci sarà un cinema”

Testaj: “Dispiace che a San Marino non ci sarà un cinema”

Il Direttore degli Istituti Culturali,Vito G Testaj, esprime rammarico per l’utilizzo del cinema Concordia come aula di giustizia.

Non può che dispiacere, detto senza mezzi termini, apprendere che a San Marino, dopo una prima riapertura di cinema e teatri fissata con Decreto Legge al 15 giugno, non ci sarà un cinema. O, meglio, ci sarà ma servirà ad altro. A partire dal mese di luglio e fino quando necessario, infatti, il cinema teatro Concordia di Borgo Maggiore sarà occupato per funzionare come aula di giustizia. Ora, senza entrare nel merito di tale necessità, quello che non si capisce e che non è dato sapere è perché non possano essere adattate altre sale sul territorio per soddisfare questa esigenza. C’è la sala polivalente di Serravalle, la sala Montelupo, la sala Cassar, o le sedi vuote delle banche, di cui una con un perfetto auditorium, al limite. Per non parlare di spazi più ampi e meno attrezzati, su cui si potrebbe comunque intervenire.

Ma, a quanto pare, ciò che serve senza meno è il cinema teatro Concordia, l’unica sala in territorio dotata di attrezzature per le proiezioni cinematografiche, quella nella quale si potrebbe per dimensioni e adattabilità infondere un senso di rinascita con una prima offerta di spettacolo al pubblico. Una offerta contingentata, convalescente, ma almeno presente a testimoniare che pian piano si sta tornando alla normalità, in attesa di poter superare del tutto le ombre di questi lunghi mesi di isolamento e distanziamento sociale. Ma il nostro cinema teatro prenderà un’altra funzione. Funzione che, è bene ribadirlo, non deve essere confusa con l’attenzione riservata al suo contenitore. Se da una parte non c’è nulla da dire sulle esigenze di spazio della giustizia, infatti, dall’altra non è però in alcun modo condivisibile la scelta di non poter trovare un qualsiasi altro luogo per risolvere un problema che potrebbe essere sistemato senza alcun bisogno di sfrattare dalla nostra estate la possibilità di andare anche, ogni tanto, al cinema o di organizzare qualche piccolo evento di spettacolo. E domandosi il perché viene fatto di pensare che, forse, questo tipo di scelta non possa che riflettere una scala di valori assoluti che si stanno imponendo con forza nelle nostre vite, ma che in fondo ci sono sempre stati. Accadeva tanto spesso anche da ragazzini, quando si doveva chiedere il permesso di andare a vedere un nuovo film appena uscito. La risposta più comune, quella più saggia, suonava all’incirca così: “Prima fai tutti i compiti poi eventualmente il cinema, se c’è tempo”.

E in questo confuso periodo di graduale allentamento delle misure restrittive che sta esacerbando differenze e spaccature e ridisegnando i confini della percezione collettiva secondo una scala sociale basata sull’utilità, la cultura si piazza senza dubbio sul gradino più basso. A ben guardare ci sarà sempre qualcosa di meglio da fare in un cinema o in un teatro, qualcosa di più utile per la comunità. Oggi è la giustizia, domani il bene pubblico, o la sanità. Poi lo sviluppo economico, il risanamento del bilancio, la tutela dell’ambiente, solo per dirne alcuni. Tutti i temi sono oggettivamente più importanti della cultura e dello svago. Allora, chiediamoci adesso se possiamo andare al cinema. Eventualmente solo dopo aver fatto i compiti, occorre constatare, aver espletato le utili e prioritarie funzioni della società civile. E solo se c’è tempo. Eppure è strano. Tutto questo parlare dell’importanza della cultura, della sua funzione dal senso profondo, di collante della nostra identità collettiva. Delle opportunità anche economiche che può riservare. E poi, la deludente presa di coscienza della percezione comune, che in una scala di priorità che va da 1 a 10 le assegna un Non Classificato. Perché dello svago culturale si può tranquillamente fare a meno. Dove andare, allora? Così suona la domanda legittima degli sfrattati, che dopo aver visto requisita la loro dimora si chiedono perplessi che ne sarà di loro. La risposta è che siamo in estate e si sta tanto bene all’aperto (in attesa che regole e autorizzazioni per riprendere spettacoli all’aperto arrivino presto a San Marino). Un po’ come suggerire a un senza tetto di andarsene in campeggio. La cultura si dovrà adattare sotto le stelle, i cinema e i teatri servono a cose più utili e importanti.

C’è grande amarezza in queste considerazioni da parte di chi scrive, sottolineando che queste sono, naturalmente, opinioni puramente personali. Ma accanto a questo c’è anche il dispiacere di dover deludere associazioni culturali e artisti con i quali si sono avviati discorsi per programmare attività. Per loro cercheremo di sicuro un palco sulla piazza, con la speranza che non piova. Gli altri spazi, quelli veri, servono per le cose importanti. Senza cultura un Paese muore, recitava lo slogan del San Marino International Arts Festival 2019. Senza cinema e teatri può cominciare ad ammalarsi. E questa volta non si tratta di Coronavirus”

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