“Lo Stato scelga se tutelare gli omofobi o le vittime”
CARLA DINI – C’è “la paura di quelli che non vogliono rinunciare a sentirsi superiori ad altri, a potere insultare e rovinare la vita a un omosessuale”. E poi “c’è la paura di chi l’omofobia la vive sulla propria pelle, costretto a crescere con delle ferite interiori, gratuite e terribili, sentendosi marchiato per sempre”. Il presidente dell’Arcigay di Rimini, Marco Tonti, racconta così – ieri pomeriggio – lo scontro che si sta consumando sul disegno di legge Zan contro l’omofobia. Attorno, ad ascoltarlo, ha un centinaio di persone, forse di più. Ci sono i militanti storici dell’Arcigay locale, i genitori degli omosessuali (Agedo), esponenti dell’Anpi, della Cgil, Amnesty International, Rimini Coraggiosa e Giovani democratici. E poi ci sono tanti ragazzi e ragazze, alcuni giovanissimi, diversi alla loro prima manifestazione, alla primissima espressione del loro orgoglio omosessuale. I loro sorrisi tradiscono fiducia in un futuro che non sarà semplice ma qui a Rimini, sulla sabbia del bagno 27, tra la passerella arcobaleno, i cartelloni colorati a sostegno della causa e tante persone che fanno capire che non c’è proprio nulla di cui vergognarsi del proprio orientamento sessuale, si trova motivo di sentirsi più forti. La paura però resta perché lontano dal bagno simbolo di Rimini per la battaglia dei diritti Lgbt gli insulti arrivano alle orecchie, le discriminazioni si subiscono. “Lo Stato deve decidere qual è la paura che deve tutelare”, dice Tonti dal megafono, se stare dalla parte degli aggressori o degli aggrediti. (…)
Articolo tratto da Corriere Romagna
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