Dal 2006 tutti i governi hanno addossato al bilancio dello Stato i buchi delle banche via via in difficoltà. Tanti i milioni erogati e nemmeno un euro recuperato, nonostante le promesse elettorali, le delibere del Congresso di Stato e, addirittura, specifiche deliberazioni del Consiglio Grande e Generale.
Dopo l’8 dicembre, cioè a elezioni avvenute, si cambierà?
La legislatura è terminata con una deliberazione del CGG che, su proposta di Rete, estende ad una finanziaria la copertura di cui sopra. E per un importo rilevantissimo: “€ 6.351.147,42 (seimilionitrecentocinquantunomilacentoquaranta sette/42)”.
La deliberazione è stata presa all’unanimità.
All’unanimità, dunque, si è deciso di applicare anche ad una finanziaria la legge salvabanche: “Strumenti di risoluzione delle crisi bancarie a tutela della stabilità del sistema finanziario”.
La finanziaria che ha inaugurato questo nuovo filone di salasso di soldi pubblici è la San Marino Investimenti (Smi). La Smi, come società, è in liquidazione coatta amministrativa dal 2012. Nel 2017 il Partito dei Socialisti e dei Democratici ha provato a chiedere informazioni sul lavoro dei commissari presentando una specifica interpellanza a risposta scritta. La risposta ricevuta è solo un arzigogolo di parole: niente informazioni, delucidazioni.
Nella notte di venerdì 27 settembre quando in CGG si discuteva di assestamento del bilancio, ecco spuntare l’emendamento pro Smi, che – andando al sodo – impone a ciascuno di noi un esborso di oltre 177 euro: un altro rivolo del fiume di danaro che dal 2006 esce dalle casse dello Stato, ingigantendo il debito pubblico.
I favori ai poteri forti dunque continuano. E continueranno anche dopo le elezioni, vista, in materia, cotanta premessa.