Lettera dei precari e sovrannumerari della Scuola Media, della Scuola Superiore e del Centro di formazione professionale di San Marino, sostenuti dai colleghi di ruolo, sulle nuove procedure di assunzione del personale docente.
“Noi precari e sovrannumerari della Scuola Media, della Scuola Superiore e del Centro di formazione professionale abbiamo letto con grande stupore l’allegato 2 ‘Procedure speciali di assunzione a tempo indeterminato del personale docente’ della bozza VII del contratto collettivo di lavoro del pubblico impiego per il periodo 2023/2024, divulgata dai sindacati solo qualche giorno prima dell’incontro organizzato per l’approvazione della stessa – scrivono i precari e sovrannumerari della Scuola Media, della Scuola Superiore e del Centro di formazione professionale di San Marino, sostenuti dai colleghi di ruolo, in una lettera lunga ben 4 pagine inviata al governo, alle segreterie di Stato, ai direttori della Funzione Pubblica, dell’Ufficio del Personale e del dipartimento Istruzione, ai sindacati e ai dirigenti della Scuola Media, della Scuola Superiore e del Centro di formazione professionale -. Considerato che l’accordo di stabilizzazione da poco concluso non è stato ancora applicato in tutte le sue parti (dopo più di un anno l’Ufficio del Personale non ha ancora effettuato le ricostruzioni di carriera), un intervento del genere, che apporta modifiche sostanziali senza precedenti nella normativa scolastica sammarinese, è un fulmine a ciel sereno“.
“Le perplessità che tale documento solleva non sono poche. La prima riguarda le tempistiche: perché una rivoluzione dei criteri di assunzione così importante non è stata presa in considerazione prima della recente stabilizzazione condotta con criteri diversi e ben più ‘generosi’? Pare contraddittorio assumere prima un gran numero di personale con soli tre anni di servizio, in barba all’imminente calo demografico, per poi correre ai ripari proponendo una legge che di fatto va a disincentivare il percorso degli aspiranti docenti. Per chi ha ‘perso il treno’ della stabilizzazione ‘in direttissima’ e per chiunque voglia oggi intraprendere il mestiere dell’insegnante, si prospetta un percorso incredibilmente più difficoltoso, la cui lunghezza e complessità del tutto spropositate mettono in piedi una vera e propria ‘corsa a ostacoli’ che sembra destinata a non avere mai fine. Secondo il corrente progetto di legge, infatti, un laureato che volesse intraprendere la carriera dell’insegnamento non solo dev’essere in possesso della laurea magistrale inerente alla disciplina e aver sostenuto l’esoso e impegnativo corso abilitante (comprensivo di tirocinio, prova d’esame e tesi, da quest’anno fra l’altro incrementato nel costo) nonché quello, sempre di durata annuale, per l’abilitazione al sostegno e all’inclusione (comprensivo di un secondo tirocinio, una seconda prova d’esame e una seconda tesi). Deve altresì svolgere tre anni di servizio sotto supervisione di due tutor (uno interno alla Scuola e uno nominato dall’Università) e ricevere al termine di ogni anno una valutazione positiva per procedere nella propria maratona. Da segnalare il fatto che, ledendo i diritti alle pari opportunità, eventuali maternità occorse in questi tre anni inficeranno l’anno di valutazione, rallentando di fatto il percorso per le colleghe”, riporta la missiva.
E ancora: “Seguirà l’ennesima verifica di idoneità dai criteri non noti, in seguito alla quale, a meno che non sia disponibile subito un profilo di ruolo da ricoprire (improbabile, visto il calo demografico), il docente finirà in un nuova graduatoria ‘prioritaria’, da dove si potrà venire ‘pescati’ quando si libereranno posti di lavoro e nella quale si potrà sostare fino a nove anni prima della definitiva stabilizzazione. Ci chiediamo inoltre se l’operato (didattica, valutazioni, scrutini) di chi, al termine dei tre anni, dovesse essere considerato non idoneo, continuerà ad avere valore legale o potrà essere oggetto di ricorsi delle famiglie. Ora che l’aspirante insegnante è entrato nel mondo della scuola, verosimilmente nel ruolo di docente per l’inclusione, deve prepararsi alla prossima fatica. Infatti il progetto di legge prevede che, qualora si liberasse una cattedra, per acquisire la titolarità di essa, gli insegnanti di sostegno debbano affrontare una prova didattica interna dai contenuti e dai meccanismi ancora avvolti nel mistero. Questa verifica, oltre a non avere senso in virtù della già conseguita abilitazione all’insegnamento, va a creare una discriminazione gravissima fra docenti per l’inclusione e docenti di disciplina, da tempo parificati nelle competenze e nel ruolo educativo dal decreto delegato 1° luglio 2015 n. 105. Cosa direbbero a proposito i docenti dei corsi dell’inclusione che abbiamo frequentato presso l’Università di San Marino, i proff. Guerra, Stella, Caldin, Dainese, Santarelli, i quali hanno sempre difeso una visione paritaria tra i due ruoli?”.
“Ma torniamo a noi. Superato anche questo ostacolo, il docente che volesse passare dalle Scuole Medie a quelle Superiori dovrà sostenere l’ennesima prova didattica interna, finora mai prevista, di fronte a una commissione mista Scuola-Università. Ciò è ampiamente questionabile, non soltanto perché i titoli abilitanti all’insegnamento nei due ordini scolastici sono gli stessi, così come l’inquadramento di livello, ma anche perché non tiene conto dell’esperienza decennale maturata da alcuni insegnanti – dichiarano i precari e sovrannumerari della Scuola Media, della Scuola Superiore e del Centro di formazione professionale di San Marino, sostenuti dai colleghi di ruolo -. A proposito di esperienza, c’è poi un articolo nella norma (art. 5 comma 1) che sembra permettere lo scavalcamento di docenti delle medie, che da anni sono in attesa nella graduatoria della Scuola Superiore, da parte di neolaureati che svolgano nei licei un periodo di prova di soli 2-3 anni. Quindi chi ha aspettato una cattedra vacante alle Scuole Superiori (si parla mediamente di 15-20 anni di attesa) improvvisamente la potrebbe vedere ricoperta da chi, con pochi anni di supplenze alle spalle, la potrà occupare a vita!”.
“Un altro aspetto che ci ha lasciati perplessi riguarda la concezione assolutamente opaca e limitata della valutazione dei docenti che, per come è indicata nella bozza di legge, rischia di risolversi in una serie infinita di pro forma, insomma in una spirale burocratica fine a se stessa – si legge nella lettera -. Siamo i primi a sostenere la necessità e l’urgenza di un serio monitoraggio in entrata e in itinere degli insegnanti, specialmente dal punto di vista psicologico, attitudinale e motivazionale. Tuttavia tale valutazione, per essere autentica e funzionale ad un miglioramento del servizio, dev’essere rivolta a tutto il corpo docente (e non solo ai precari!), e venire chiaramente definita e condivisa nell’oggetto, negli strumenti e nell’individuazione di figure preposte competenti e imparziali”.
I precari e sovrannumerari della Scuola Media, della Scuola Superiore e del Centro di formazione professionale di San Marino, sostenuti dai colleghi di ruolo, sottolineano inoltre che “il progetto di legge, per come è stato redatto, risulta in alcuni punti particolarmente criptico e pericolosamente interpretabile: il rischio che si aprano scenari ambigui che potrebbero dare adito a situazioni discriminatorie, se non a veri e propri favoritismi, è molto alto; non sarebbe più semplice stabilizzare i docenti sulla base delle attuali graduatorie e del fabbisogno scolastico? Ricordiamo che si tratta di graduatorie di insegnanti abilitati, formate a partire da criteri oggettivi quali: voto di laurea, eventuali titoli aggiuntivi (corso di sostegno, seconde e terze lauree, dottorati, scuole di specializzazione…) e anni di servizio, a cui andrebbe aggiunto quel requisito fondamentale che è l’idoneità psico-attitudinale, al momento non contemplata”.
“Ma ci pensa il progetto di legge a complicare le cose semplici! Infatti si paventa la possibilità (art. 7 comma 3) che a farla da padrone non sarà l’intero percorso accademico e professionale di un candidato, bensì una fantomatica valutazione triennale da assumersi quale criterio preferenziale, sostitutivo di quello della ‘posizione più elevata nella pertinente graduatoria’. Come può una valutazione impressionistica svolta secondo criteri fumosi e arbitrari sostituire titoli di indubbio valore legale e certificare competenze complesse che richiederebbero un monitoraggio ben più serio e sostanzioso? È evidente che si vuole ingabbiare la scuola in una struttura rigida e solo apparentemente votata all’efficienza, senza tenere conto delle sue caratteristiche e dei suoi bisogni peculiari in continua evoluzione, equiparandola di fatto a un ufficio amministrativo, forse in virtù di sterili pregiudizi che riguardano i docenti. Il governo, al contrario, dovrebbe sostenere il ruolo istituzionale dell’insegnante, votato alla formazione dei cittadini di domani”, mandano a dire gli autori della missiva.
I precari e sovrannumerari della Scuola Media, della Scuola Superiore e del Centro di formazione professionale di San Marino, sostenuti dai colleghi di ruolo, infine, si appellano al governo “affinché valuti seriamente una totale riscrittura, condivisa con il mondo della scuola, dell’allegato 2 per le ragioni che abbiamo sopra esposto”.
“Un tale progetto di legge rischia di privare la scuola della nuova linfa di cui ha sempre bisogno (in questo periodo storico più che mai). Aggiungere ostacoli su ostacoli alla carriera degli aspiranti insegnanti nel maldestro tentativo di ‘assicurare un’elevata qualificazione professionale dei docenti’ non fa altro che dissuadere i giovani dall’intraprendere tale professione, mortificando quell’entusiasmo che è il motore di questo lavoro e la risorsa fondamentale per accogliere ed educare le ragazze e i ragazzi che ci sono affidati”, chiosano gli autori della missiva.