Paolo Stanzani, Delta, il declino di un’azienda sana, La Tribuna Sammarinese

Paolo Stanzani, Delta, il declino di un’azienda sana, La Tribuna Sammarinese

Delta, il declino di un’azienda sana

Il testo integrale dell’esposto di Paola Stanzani, ex Ad del Gruppo Delta

Il presente esposto è stato inviato il 18 maggio scorso al Comitato di Sorveglianza della procedura di amministrazione straordinaria di Delta spa, al Direttore Generale di Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti e per conoscenza ai commissari straordinari di Delta.

Premessa del giornale: L’esposto non entra nel merito delle questioni giudiziarie che vengono correttamente lasciate al loro normale iter, ma ricostruisce esattamente l’evoluzione del Gruppo Delta dal momento in cui è entrato in amministrazione straordinaria, fino ad oggi. Riconfermando numerose tesi, anche da noi sostenute, sulla stabilità economica e finanziaria del Gruppo e mettendo in evidenza, invece, come il lavoro dei commissari sia stato improntato allo smantellamento del Gruppo piuttosto che alla conservazione del suo valore patrimoniale. Paola Stanzani è anche preoccupata dal fatto che, dopo pochi giorni la presentazione di questo esposto, i commissari abbiano iniziato a parlare di liquidazione coatta amministrativa, esponendo tale minaccia ai lavoratori e i sindacati dell’azienda. Ma ecco il testo integrale dell’esposto:

Egregi Signori,

è trascorso ormai un anno da quando, nel maggio 2009, ha avuto inizio la procedura di amministrazione straordinaria delle Società Delta spa e Sedici Banca e l’attività di amministrazione, sin qui dispiegata, consegna al mercato un’impresa in gravissime condizioni economiche ed una realtà aziendale sostanzialmente distrutta. Ciò almeno è quanto si è appreso da dichiarazioni degli stessi Commissari, riportate dai media. Alla scrivente sono state ascritte gravi responsabilità, anche penali, in relazione all’attività a suo tempo svolta nella sua veste di membro degli organi di amministrazione di società del Gruppo, sulle quali l’Autorità Giudiziaria effettuerà le proprie valutazioni. Al di là, peraltro, del linciaggio mediatico subito, la sottoscritta ritiene suo preciso dovere di segnalare fatti e circostanze relativi alla procedura in oggetto sulla cui appropriatezza, e finanche legittimità, è doveroso interrogarsi in relazione alla natura dei compiti attribuiti dalla legge agli organi della procedura di amministrazione straordinaria e alle stesse finalità dell’istituto. Nel corso dei mesi di amministrazione straordinaria sin qui trascorsi, la sottoscritta, la Cassa di Risparmio di San Marino, gli organi sociali, i soci e finanche i dipendenti di società del Gruppo si sono rivolti ai Commissari Straordinari e al Comitato di Sorveglianza per domandare chiarimenti circa alcune delle drastiche scelte gestionali compiute e circa gli intendimenti per loro mezzo perseguiti.

Sono state avanzate precise ed articolate proposte di azione e collaborazione al solo ed esclusivo fine di salvare, per quanto possibile, un importante valore di avviamento dell’impresa, la quota di mercato di quest’ultima, il diritto al posto di lavoro dei suoi oltre 900 dipendenti. Ciò sul presupposto che la funzione del Commissariamento fosse, come previsto dalla legge, la correzione di supposte irregolarità al fine di mantenere il gruppo bancario sul mercato, e non il suo smembramento e successiva liquidazione.

Nessun riscontro, fosse anche di segno negativo, risulta pervenuto, quantomeno a mia conoscenza. Di contro, nessuno degli obiettivi di risanamento cui, per legge, è preordinata la specifica procedura dell’amministrazione straordinaria, è stato raggiunto: tutto al contrario, si è potuto solo assistere alla destrutturazione della realtà aziendale (inclusiva del capitale umano e della sua rete commerciale) e alla perdita di valore delle partecipazioni azionarie. A tali risultati, derivanti da precise decisioni che i Commissari hanno adottato, si aggiungono quelli conseguenti alla mancata difesa dell’immagine dell’impresa, dei suoi soci e dei suoi dipendenti a fronte della diffusione, da parte della stampa economica più accreditata, di informazioni drammatiche sulle attività del Gruppo e sul suo stato di salute patrimoniale (dati le cui fonti restano, per chi scrive, un mistero, atteso che gli stessi articoli della stampa indicano sempre come “riservate” le fonti dei dati pubblicati). Tali informazioni, a quanto mi consta, non sono mai state smentite o corrette dalle Autorità competenti – e dai Commissari Straordinari in primis – ma confermate, nei fatti, da provvedimenti quali, per limitarci a ciò che dovrebbe costituire una extrema ratio, la messa in mobilità di tutto il personale dipendente. E poiché a chi scrive è nota la situazione patrimoniale del Gruppo prima del suo commissariamento, mentre sono completamente ignote le risultanze delle attività di ulteriore revisione dei conti effettuate dai Commissari,la lettura dei dati e dei fatti divulgati dalla stampa ha suscitato una reazione, prima di ogni altra, di estrema perplessità a cagione:

-* sia della loro per nulla evidente compatibilità
con lo “stato di salute” patrimoniale
del Gruppo risultante dai bilanci
certificati da PWC
(ininterrottamente dal
2003, data di costituzione della Delta, fino
al 2008) e mai sostanzialmente contestati
da Banca d’Italia
(che pure ha, negli stessi
anni, operato numerose verifiche sulle società
del gruppo). Sul punto deve rammentarsi
che prima dell’aumento di capitale deliberato
dal gruppo nel 2007 per adeguarsi alla normativa
vigente, la JP Morgan aveva compiuto
una stima sui moltiplicatori da applicare al capitale
investito dalla quale risultava un valore
del gruppo stesso prossimo agli 800
milioni di Euro
;

-*
sia dell’apodittico susseguirsi delle cifre
rimbalzate sulla stampa relativamente a pretese
perdite del Gruppo che, tra la fine di ottobre
2009 ed il novembre 2009, sarebbero
passate da 50,6 milioni di Euro a 348,8 milioni
di Euro per finire ai dati recentissimi, e
mai smentiti, che indicano in Euro 3,3 miliardi
l’ultimo dato di perdite del Gruppo.
La tabella a fianco riporta le verifiche effettuate
da Banca d’Italia e da altri organi di vigilanza
pubblici prima dell’ammissione al Commissariamento
straordinario sulle società del
gruppo.

Altre perplessità ha poi generato in chi scrive
la non patente conformità di talune scelte gestionali
agli obiettivi, alla natura e alla funzione
della procedura di amministrazione straordinaria:
per limitarci a menzionare un fatto
di indubbio rilievo sotto il profilo aziendale,
la dismissione della rete agenziale – sin dal
dicembre /gennaio scorsi – mentre si era alla
ricerca di acquirenti ed era in corso la due diligence
di Intesa S. Paolo. Nei trascorsi dodici
mesi chi scrive ha passivamente assistito
con sgomento al progressivo deteriorarsi
dell’impresa e alla sua perdita di
valore
.Ad oramai pochi giorni dal termine
della procedura, ci si permette quindi di sottoporre
alle Autorità in indirizzo le seguenti
note perché Esse valutino se il comportamento
dei Commissari sia stato in linea con le finalità
della procedura e con i compiti loro attribuiti
dall’art. 72, 1° comma, TUB) (“[…] Essi
provvedono ad accertare la situazione aziendale,
a rimuovere le irregolarità ed a promuovere le soluzioni
utili nell’interesse dei depositanti“) ovvero
se, fin dall’inizio, priorità della procedura
sia stata quella di una radicale revisione
dello stato patrimoniale del Gruppo,
più in linea con le ipotesi accusatorie coltivate
dalla Procura di Forlì che con la cura degli
interessi dell’impresa di Gruppo
,conseguentemente
ridimensionata fino a condurla,
nei fatti, fuori dal mercato e renderla
così facile preda di speculazioni finanziarie ad altissimo rendimento.
Non a caso,
il titolo della stampa finanziaria più attenta
sui fatti in parola è stato: “I fondi avvoltoio
sui crediti Delta”.

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1 PREMESSA
Le considerazioni in procinto di essere svolte
muovono dalle seguenti premesse:
a) I competenti Organi di Vigilanza conoscono
il gruppo Delta, la sua organizzazione,
il suo assetto proprietario, patrimoniale
e finanziario sin dall’anno di inizio
dell’attività (2003)
. I bilanci del Gruppo
e delle società che lo componevano sono stati,
da sempre, sottoposti a revisione contabile
da primaria società di revisione e comunicati,
in uno con i risultati della revisione, a Banca
d’Italia.
Solo – e per la prima volta – dopo l’avvio
dell’Amministrazione Provvisoria , la società
di certificazione incaricata (da sempre)
del controllo contabile ritira la propria relazione
al bilancio al 31 dicembre 2008: bilancio
e relazione già predisposti e depositati per
l’approvazione da parte dell’assemblea degli
azionisti originariamente convocata per il 29
aprile in prima convocazione (6 maggio in seconda);
Banca d’Italia ha, dal canto suo, effettuato
nel corso degli anni numerose e minuziose
ispezioni, senza rilievi o osservazioni
sull’operatività o sui criteri di gestione del
gruppo, anzi fornendo conferme ed indicazioni
coerentemente seguite dal gruppo. Ciò fino
all’ultima ispezione, durata sei mesi, e resa
nota nel mese di aprile 2009. Pendente tale
ultima ispezione gli Organi di Vigilanza non
hanno peraltro segnalato alcuna criticità circa
l’organizzazione dell’attività del Gruppo, lasciando
che l’attività continuasse per tutto il
periodo dell’ispezione secondo le linee operative
già in essere, solo poi definite “gravemente
irregolari”;
b) l’attività di certificazione e quelle di revisione
e controllo svolte dai revisori e da Banca
d’Italia hanno creato, nel corso del tempo, un
fortissimo affidamento nei responsabili della
gestione delle società del Gruppo, nei soci
e nel mercato sulla correttezza dei principi gestionali
adottati.
Pare a chi scrive che questa affermazione sia
confortata dal fatto, a tutti Loro certamente
noto, che una grave situazione di conflitto
tra azionisti si scatena nel 2007 sul
tema dell’ aumento di capitale
necessario
per adeguare i coefficienti patrimoniali alle
prescrizioni di legge, aumento ridimensionato
dalla trasformazione in Gruppo Bancario.
La socia Sopaf s.p.a., forse già all’epoca afflitta
dalle difficoltà finanziarie evidenziate poi
nel bilancio 2009, aspirava, invece, ad una rapida
quotazione in borsa del Gruppo: prospettiva,
quella di Sopaf, ragionevolmente ispirata
da un quadro patrimonial/finanziario del
gruppo non solo, e quantomeno, “sufficiente”
(se non addirittura promettente), ma anche
evidentemente attendibile. Preme al riguardo
chiarire che l’affermazione sopra compiuta,
in ordine all’affidamento riposto nei confronti
dei controlli eseguiti dalla società di revisione
(PWC) e successivamente comunicati
a Banca d’Italia, non pare agli scriventi sic
et simpliciter destituibile di fondamento, alla
luce dell’addebito mosso dalla procura di Forlì
relativamente al presunto ostacolo all’esercizio
delle funzioni delle competenti autorità
pubbliche di vigilanza. L’ordinanza applicativa
delle misure cautelari (p. 38 ss), infatti, sviluppa
l’ipotesi di reato di ostacolo alle funzioni
di vigilanza in relazione ai flussi di denaro
correnti tra la Cassa di Risparmio di S. Marino
e alcune banche italiane; là dove, a quanto
ci risulta – per averne data informazione anche
la stampa economica – quota significativa
dello scarto patrimoniale risulterebbe dalla
revisione delle valutazioni dei crediti effettuata
(a quanto consta, anche con l’ausilio di
PWC in logico contrasto con le precedenti certificazioni)
nelle società del Gruppo e, in particolare,
dalla modifica dei criteri di valutazione
seguiti, prima del commissariamento,
dal Risk Management di Delta ed in linea con
la prassi del settore (in particolare, del credito
al consumo).

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2 L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA

Le considerazioni svolte ai punti precedenti si
pongono, ad avviso di chi scrive, in una relazione
ben precisa con l’opzione adottata nel
maggio 2009 da Banca d’Italia di disporre
l’amministrazione straordinaria del
Gruppo e non la sua liquidazione coatta
.
Ove l’Organo di Vigilanza avesse ritenuto sussistere,
all’esito degli accertamenti effettuati
fra il 2008 ed il 2009, le condizioni indicate
dall’art. 80 del Testo Unico Bancario, avrebbe,
infatti, dovuto segnalare il fatto al Ministero
dell’Economia che avrebbe così disposto
la liquidazione coatta amministrativa o, quantomeno,
la liquidazione del Gruppo. Nulla di
tutto ciò è accaduto e Banca d’Italia, il 5 maggio
2009, ha disposto l’ammissione al commissariamento
ex art. 76 del TUB – con gestione
provvisoria del Gruppo – con la dichiarata
motivazione della necessità di assicurare
al Gruppo, privato dei propri manager perché
sottoposti a misure cautelari penali restrittive
della libertà personale, una governance adeguata.
La gestione provvisoria si è poi trasformata
in amministrazione straordinaria con
provvedimento del 27 maggio 2009 adottato
dal Ministero dell’Economia (su proposta di
Banca d’Italia). Del resto, è ben noto che la
“causa scatenante” la crisi del Gruppo dipende
dall’ipotesi dell’accusa, non ancora
oggetto di giudizio definitivo, dell’asserita
concentrazione in capo alla Cassa
di Risparmio di S. Marino di una quota di
partecipazione eccedente la soglia autorizzata
dalla Banca d’Italia.

Ciò premesso: a) La funzione dell’amministrazione
straordinaria appariva quindi dichiaratamente
e funzionalmente (a motivo della funzione stessa dell’istituto) quella di mantenere
in vita il Gruppo Delta, ed il suo presupposto
pareva doversi rintracciare in irregolarità
(essenzialmente riconducibili all’assetto
proprietario) tali da non imporre la liquidazione
del gruppo stesso. Del resto, reputa chi
scrive che, avendo Banca d’Italia avuto a disposizione
dati derivanti da un’amplissima ed
approfondita analisi (da essa stessa condotta
tramite propri incaricati) dello stato di salute
del Gruppo (v. ispezione 2008/2009 e tutte le
verifiche degli anni precedenti) e delle singole
sue società, l’opzione “amministrazione straordinaria”
sia stata adottata su meditati ed
oggettivi presupposti, valutati dall’organo di
vigilanza più qualificato nel settore.

b) La scelta dell’amministrazione straordinaria,
in luogo della liquidazione coatta ha, per
le sopra dette ragioni, generato precise aspettative,
ben diversamente orientate rispetto
all’attività successivamente ed in concreto
posta in essere dai Commissari. Sin dall’inizio
della procedura, i Commissari hanno
invece paralizzato l’attività del Gruppo
,inizialmente adducendo la necessità di effettuare
una “presa di conoscenza della situazione
contabile” (reputando evidentemente insufficienti
le risultanze dell’ispezione di Banca
d’Italia terminata appena un mese prima) e
poi, a seguito di estesa attività di revisione (di
cui si attende di conoscere i risultati ed i costi
– gravanti ex lege sulla società commissariata
– con il deposito del bilancio al termine della
procedura), invocando una “crisi di liquidità”
strettamente collegata al riscontro di inadeguate
rettifiche di valore negative dei crediti.
Va subito rilevato che sebbene l’avvio dell’attività
dei Commissari coincida con un periodo
particolarmente delicato nel quale il mercato
si attendeva segnali forti di continuità, per
quanto è dato sapere:

-*
è stata interrotta, o comunque sostanzialmente
alterata nelle sue modalità, la
prestazione dei servizi alla clientela
(sia
bancaria sia del credito al consumo, nelle sue
varie forme): significativo è, al riguardo, il raffronto
nel medesimo periodo dei prezzi praticati
da imprese concorrenti ed analoghe (es.:
Che Banca);
-*sono stati sospesi i pagamenti alle banche:
sul punto non è noto se sia stata seguita la
procedura indicata di cui all’art. 74 TUB;
-*è stata interrotta l’attività di raccolta di fondi
(ad eccezione di quelli della Cassa di Risparmio
di San Marino);
-*sono stati rallentati tutti i processi operativi,
in particolare quello del recupero crediti,
con dirette conseguenze, è da ritenere, sul
flusso statistico delle performance di perdita;
-*sono stati allontanati manager esperti e nominati
liquidatori scelti fra professionisti noti
al tribunale fallimentare.

Immediatamente dopo è iniziata, nel bel mezzo
delle trattative con Banca Intesa per la cessione
del Gruppo, una vera e propria destrutturazione
dell’impresa plausibile esclusivamente
in una prospettiva liquidatoria, facendo
parallelamente emergere un quadro patrimoniale
particolarmente e progressivamente
drammatico (ragionevolmente supportato da
valutazioni liquidatorie del patrimonio aziendale)
anche evocando, in tale contesto, una
grave crisi di liquidità.

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3 I TRE NODI DELL A GE STIONE
CO MMISSARIALE : CRISI DI LI QUIDI TÀ
– SVALUTAZIONE DEI CREDI TI –
DE STRUTTURAZIONE DELL ’IMPRESA.

L’attuale situazione di Delta merita di essere
osservata alla luce di tre punti qualificanti
l’azione commissariale:
a) l’asserita carenza di risorse finanziarie; b) la
censura ai criteri di valutazione dei crediti; c)
la destrutturazione dell’azienda mediante dismissione
di rami essenziali.
Fra questi tre punti esiste una relazione di
causa/effetto che suggerisce le seguenti considerazioni:
a) l’asserita carenza di risorse finanziarie;
La drammatica raffigurazione della situazione
patrimoniale dipinta nel corso dei mesi
dai Commissari Straordinari pare di difficile
comprensione alla luce di alcune note circostanze,
quali:

-* la moratoria nei pagamenti concordata con
le banche creditrici;

-* l’apertura di una ulteriore linea di credito di
200 milioni di Euro da parte della CRSM;

-* l’inspiegabile incapacità a reperire finanziamenti
sul mercato, normalmente e fisiologicamente
disponibile ad aprirsi sulle garanzie
di immagine e di solidità che il commissariamento
straordinario, sotto la direzione di
Banca d’Italia, indubbiamente avrebbe potuto
fornire.
Inoltre:

-* prima del Commissariamento, la provvista
di liquidità di Delta, nell’operatività corrente,
risultava composta per il 30% circa dalla CRRSM;
per il resto dal mercato in forme diverse.
Dal 2007, il Gruppo Delta aveva avviato un
promettente progetto di raccolta diretta mediante
Sedici Banca: intuizione dimostratasi
corretta alla luce dei successivi avvenimenti
internazionali e dei risultati ottenuti con
l’adozione della medesima strategia da parte
di ‘competitors’;

-*risulta, all’indomani del commissariamento,
la chiusura di una percentuale significativa
dei conti correnti. Emorragia mai tamponata,
a quanto consta, mediante qualsivoglia
azione volta al recupero del rapporto fiduciario
con la clientela;

-* opinabile, pare, il mancato rilascio nell’ottobre
2009 della dichiarazione di solvibilità
necessaria, nel quadro della cartolarizzazione
Dresdner, ad ottenere 100 milioni di liquidità
con conseguente pregiudizio alla possibilità
di rispettare gli impegni presi con le banche;
lo stesso dicasi per l’interruzione del revolving
della cartolarizzazione – per 500 milioni
– nel rapporto con Unicredit, a quanto noto
avvenuta nel mese di giugno 2009;

-* è proseguita l’attività di cessione crediti alla
Cassa di Risparmio di San Marino a pagamento
degli incassi dei crediti ceduti in precedenza
per circa 200 milioni;

-* è stata rifiutata dai Commissari la collaborazione
offerta dai manager – per lo meno di
Estuari spa – di occuparsi, sotto il controllo dei
primi, della gestione delle società del Gruppo
proprio al fine di consentire un’operatività
improntata alla continuità: il presidio di settori
altamente specializzati quali gli incassi ed
il recupero crediti nel campo del retail avrebbe
di contro potuto essere di grande giovamento
nella conduzione, quanto meno, dell’operatività
corrente.
b) la censura ai criteri di valutazione dei
crediti
;
La peculiarità più significativa agli occhi di
chi ha dovuto osservare dall’esterno le vicende
di Delta è quella connessa alla valutazione
contabile dei crediti ed alla conseguente posizione
debitoria di Gruppo Delta. E’ infatti
emerso che dal risultato di esercizio del 31
dicembre 2008 – pari a + 6 milioni (post ispezione)
-, in meno di due settimane (tra ottobre
e novembre 2009) il risultato di esercizio
al 30 giugno 2009 sia passato da -50,6 milioni
a -348,8 milioni di Euro. Detto consistente
aumento deriverebbe in misura significativa,
secondo quanto reso noto, dalla modifica
dei criteri di valutazione dei crediti.Sul punto
si osserva: – la modifica dei criteri risulterebbe
adottata, o quantomeno indicata, da PWC,
la stessa società di revisione che aveva sempre
controllato (e certificato) i bilanci Delta e mai,
per anni, avuto nulla da eccepire al riguardo.
I criteri seguiti dal Gruppo prima dell’ammissione
alla procedura, inoltre, erano stati a
più riprese visionati dai vari gruppi ispettivi
di Banca d’Italia e mai, in quanto tali, censurati.
Del resto, le metodologie seguite da Delta
erano allineate con quelle adottate dagli altri
operatori del settore;- al 31/12/2008 il totale
dei crediti al consumo, cessione del quinto,
leasing e carte di credito era svalutato al
4,9%; al 30/6/2009 la svalutazione sale al 6,6;
al 6 novembre, al 14,3%; – in corrispondenza
con l’invio della lettera ai sindacati di messa
in mobilità del personale del Gruppo Delta
(febbraio 2010), sono apparsi sui mezzi di informazione
(v. 24 marzo 2010, Sole24Ore, riportato
anche da Libertas) indicazioni secondo
cui “ad oggi il debito del gruppo bancario Delta
nei confronti delle banche ammonta a 3,5 miliardi
suddiviso in 1,3 miliardi di portafoglio libero,
1,3 miliardi di cartolarizzazioni e 900 milioni
di crediti segregati
”. Tale debito sarebbe derivato
da “un lungo periodo di forzata inattività
che ha congelato e reso non performing la stragrande
maggioranza delle erogazioni ai clienti
del gruppo (a giugno 2009 erano 3,880 miliardi)
”.
Ciò che la stampa ha definito come “forzata
inattività” trova preciso riscontro nell’abbandono
“di fatto” che risulterebbe essere stato
posto in essere dal Gruppo commissariato
delle attività di incasso e di recupero. E’ dato
di comune esperienza, nel settore, che trascurare l’attività di incasso e la velocità di recupero
– anche impoverendo di risorse umane i relativi
settori aziendali – vuol dire incrinare alla
base l’intera attività di gestione del prodotto,
e non solo la sua valutazione. L’esperienza
maturata da chi scrive in molti anni di attività
nello specifico settore del credito retail induce
quindi a domandarsi se l’azione dei Commissari,
sotto tale specifico profilo, non si configuri
come vero e proprio sovvertimento delle
caratteristiche fondamentali del servizio (credito
retail) piuttosto che come una semplice
modificazione dei criteri di valutazione: nel
qual caso, sembra lecito chiedersi se il coltivare
una simile prospettiva sia compatibile con
le “regole di ingaggio” di questi speciali pubblici
ufficiali e con le finalità della procedura.
Ed infine: – poiché i Commissari, nella citata
lettera ai sindacati, attribuiscono la situazione
di crisi al mancato reperimento di liquidità
sul mercato a partire dall’inizio del commissariamento,
sia consentito domandare: perché
ritardare così tanto provvedimenti trasparentemente
liquidatori se sin dall’inizio il gruppo
non era in condizioni di operare regolarmente
al punto dal dover addirittura smantellare
la rete commerciale (v. istruzioni alle
controllate del dicembre 2009 relative agli
agenti). I Commissari pare abbiano ritenuto
di non dovere o non potere tenere in conto
che proprio per far fronte alla crisi finanziaria
già in atto, da tempo e prima dell’ammissione
della procedura, il Gruppo aveva sviluppato
una specifica strategia: – avviata e presidiata
con attenzione la raccolta diretta tramite
SediciBanca (attenzione che, oltretutto,
aveva consentito di mantenere entro limiti fisiologici
il rapporto di indebitamento nei confronti
del socio Cassa di Risparmio di San Marino),
era stato possibile rapportare – fino al 3
maggio 2009 – l’erogazione dei prestiti alla liquidità
del gruppo, con un adeguato ridimensionamento
dell’erogato rispetto al budget. Alle
scelte commissariali di abbandonare la raccolta
diretta e di abdicare al presidio agli incassi
e al recupero sembrano quindi, almeno
in parte, riconducibili le conseguenze negative
prodottesi in termini di indebitamento
del Gruppo.
c) la destrutturazione dell’azienda mediante
dismissione di rami essenziali
.
L’esercizio delle funzioni di amministrazione
della Banca spettanti ai Commissari ex art.
72 TUB si è tradotto in una gestione che ha
posto in essere atti di irreversibile destrutturazione
dell’assetto aziendale. Ed infatti:
– è stato immediatamente demolito l’assetto
manageriale del Gruppo, così “vanificando”,
tra l’altro, gli impegni (onerosi) presi da
CRSM con apposite transazioni. Sulla base di
una revisione contabile, a quanto consta, ancora
in fieri, sono state poste in liquidazione
(con nomina dei liquidatori direttamente da
parte dei Commissari) società anche operative
del Gruppo Delta: per nulla evidente appare,
sotto questo profilo, il beneficio che il
Gruppo stesso avrebbe tratto da detti provvedimenti liquidatori, piuttosto che da una
ricerca sul mercato di possibili imprese interessate
al loro acquisto; – sono state dismesse,
di fatto, le reti di agenzia: la lettera dei
Commissari alle società del Gruppo del gennaio
2010 contiene una dichiarazione alle società
controllate disarmante circa l’impossibilità
di continuare l’attività e risulta particolarmente
grave la dichiarata rinuncia a far valere
eventuali violazioni del patto di non concorrenza
commesse dagli agenti: in sostanza,
un invito esplicito agli agenti delle società del
gruppo ad agire in concorrenza con le stesse
società preponenti. Si tratta, pare a chi scrive,
dell’atto probabilmente più critico tra tutti
quelli riconducibili agli amministratori straordinari:
la rete di agenzia rappresentava infatti
il tratto qualificante e di maggior valore
dell’intera struttura imprenditoriale. “Sotto il
profilo aziendale le attività del gruppo, ampiamente
differenziate, hanno ripercussioni su tutto
il territorio nazionale. L’importanza della società
è data dalla rete commerciale che possiede,
specie nel Nord Italia, capace di spaziare ampiamente
nei servizi per la gestione d’impresa
”. (Il
Riformista, 25 agosto 2009, nell’interrogarsi
sull’interessamento di un colosso come Intesa
S. Paolo all’acquisto di Delta); – da ultimo
(febbraio 2010), vengono messi in mobilità
i dipendenti prospettando una situazione
drammatica di carenza di liquidità e patrimonialità.
Inoltre, quanto all’esercizio dell’attività
di impresa, risultano: – accettati a prestito,
di contro, tramite la Banca centrale di
S. Marino, 150 milioni a tasso Euribor + 2. Le
somme vengono depositate c/o Sedici Banca
a disposizione di ICCREA come giacenze attive
al tasso di 0,20%. In condizioni “normali”
si sarebbe restituito alla Cassa lo scoperto di
c/c per ottimizzare i costi della raccolta. -sospese
le erogazioni dei prestiti su cessione del
quinto dello stipendio, parrebbe addirittura
con situazioni in cui i sottoscrittori di cessioni
del quinto non hanno ricevuto i prestiti
sottoscritti, ma hanno visto trattenute dal
loro stipendio le percentuali del quinto a favore
della finanziaria; – sospesi i pagamenti
a favore di convenzionati. E poiché nella procedura
di amministrazione straordinaria la
legge subordina la sospensione dei pagamenti
all’obiettivo di conservare la par condicio tra
creditori (e il provvedimento necessita del parere
positivo del Comitato di Sorveglianza e
l’autorizzazione preventiva di Banca d’Italia
alla quale compete anche, ex art. 74 TUB, il
potere di dettare le condizioni per l’attuazione
del provvedimento di sospensione), mi pare
lecito interrogarsi, se i fatti riportati troveranno
riscontro nei controlli di Codesti organi,
su quali motivazioni siano state addotte e
quali precise indicazioni siano a tal fine state
fornite da Banca d’Italia.

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4 LA RICERCA DELL’ACQUIRENTE
L’ultimo punto sul quale si desidera svolgere
qualche breve considerazione riguarda le conseguenze dell’azione commissariale sulla
ricerca di un acquirente per Delta. Superfluo
rammentare che si tratta di questione importante,
atteso che la prima (e sostanzialmente,
unica) “grave irregolarità” addebitata
a Delta si riferisce precisamente al suo assetto
proprietario. Del resto, proprio Banca
d’Italia in un comunicato stampa del 29 maggio
2009 aveva affermato che i Commissari
Straordinari “assumeranno ogni iniziativa necessaria
per una rapida soluzione dei problemi
del gruppo determinati dalle anomalie esistenti
nell’assetto proprietario”. I comportamenti riferiti
al punto precedente sono stati posti in
essere mentre è in corso, già da qualche tempo,
la ‘due diligence’ di Intesa S. Paolo interessata,
secondo quanto reso noto dalla stampa,
precisamente all’acquisizione di parte degli
attivi del Gruppo Delta originariamente individuati,
oltre che in Sedici Banca e nel ramo
assicurativo, nelle Reti di distribuzione
dei prodotti di credito al consumo (Carirete e
RetePlus) (Ansa, 16 marzo 2010). Non sembra
quindi arbitrario domandarsi se l’azione
di destrutturazione dell’azienda posta in essere
dai Commissari (tra i cui atti spicca proprio
lo smantellamento della rete di agenzia)
possa avere influito negativamente sulla decisione
finale di Intesa. Del resto, e anche a
prescindere dalla vicenda Intesa S. Paolo, appare
senz’altro contrario ad ogni logica risanatoria
e ‘latu sensu’ imprenditoriale, anticipare
decisioni sull’assetto aziendale che, per
prassi comune, spettano al compratore. Incidentalmente,
si segnala anche che risulterebbe
non essere stato consentito l’accesso ad
una ‘due diligence’ a nessun altro potenziale acquirente
non solo di Delta, ma anche di singole
società del Gruppo delle quali sarà poi
decisa la liquidazione. E questo per una presunta
difficoltà nella gestione di una doppia
e parallela ‘due diligence’. La cosa sembrerebbe
peraltro in contraddizione vuoi con l’alto livello
professionale dei Commissari, vuoi con
il costoso supporto garantito dalle società di
revisione e consulenza che li hanno affiancati
per tutta la durata della procedura.
La dismissione delle azioni Sopaf

In chiusura di questo esposto, si desidera richiamare
l’attenzione delle Autorità in indirizzo
su di una vicenda, di pubblico dominio,
che presenta connessioni con la situazione
del Gruppo Delta sulle quali parrebbe opportuna
una riflessione: ci si riferisce alla vicenda
relativa alla dismissione della azioni Sopaf
ed al rapporto tra detta società e la Cassa
di Risparmio di San Marino. La pubblicazione
del documento informativo Agosto 2009
di Sopaf spa “operazione volta alla dismissione
delle azioni Delta s.p.a. in Amministrazione
Straordinaria” ha rivelato il contenuto di
un accordo stipulato con Cassa di Risparmio
di S. Marino per la vendita delle azioni Delta
detenute da Sopaf e per lo svolgimento di
attività di consulenza da parte della seconda
a favore della prima, nell’ambito di “accordi
finalizzati a favorire una rapida dismissione del controllo di Delta da parte di CRSM così come
auspicato dalle Autorità di Vigilanza
“(pag.
8). Dal bilancio e dal documento informativo
Agosto 2009 di Sopaf come pubblicati, risulta
inoltre che l’accordo abbia procurato a
Sopaf la somma di 55 milioni di Euro, subito
corrisposta dalla CRSM, per una “opzione
di acquisto”, oltre 15 milioni di Euro per
consulenza con scadenza 31 dicembre 2013
(definito Accordo di Advisory). Le circostanze
sono ovviamente note sia ai Commissari
sia a Banca d’Italia e a Consob. Le cifre versate
paiono peraltro: • incompatibili con un
presunto stato di dissesto, in quel momento,
del Gruppo Delta e confermano che non
solo SOPAF e CRSM, ma anche i Commissari,
Banca d’Italia e Consob (informati della
vicenda) non avessero motivi oggettivi
per ritenere che, a quella data, il Gruppo Delta
non avesse le potenzialità per rimanere
sul mercato nella posizione di assoluto rilievo
che rivestiva prima del commissariamento,
• di gran lunga superiori al valore di mercato
della quota di SOPAF, tenuto conto, come
noto, che Sopaf non era riuscita prima del
commissariamento ad ottenere l’acquisto da
parte degli altri soci, o comunque sul mercato,
della propria partecipazione per una cifra
analoga. I dati pubblicati segnalano che l’accordo
di “advisory” con Sopaf è stato stipulato
per la “strutturazione di operazioni finanziarie
sulla proprietà della banca e per altre attività
di consulenza finanziaria
(v. relazione Deloitte
al bilancio SOPAF, p. 2): in particolare,
tra le prestazioni promesse, spicca la “consulenza
per l’ideazione organizzazione e strutturazione
di operazioni di ottimizzazione della
gestione del portafoglio CRRSM di titoli e crediti
originati, direttamente o indirettamente, nel
Gruppo Delta e attività di strutturazione e funding
di CRSM
”. A prescindere da ogni considerazione
in questa sede circa la natura giuridica,
il contenuto e le motivazioni dell’accordo
in parola, si desidera qui solo segnalare
che la conclusione di un accordo con il quale
CRRSM aumenta, di fatto, la propria quota
in Delta, non può essere sfuggita né ai Commissari
né alla Banca d’Italia ed al contempo,
quantomeno dai dati disponibili, non risultano
essere state poste in essere operazioni
di ‘advisory’ di contenuto compatibile
con il rilevante impegno economico assunto
da CRSM.

***
In definitiva: – l’azione sull’aspetto dell’assetto
proprietario (l’originaria “grave irregolarità”
ascritta a Delta) appare in contraddizione
con l’obiettivo indicato da Banca d’Italia;-
mentre erano in corso le trattative per
la vendita delle azioni del Gruppo, è stata
smantellata e disarticolata l’azienda; – sono
stati rettificati i valori dei crediti, con adozione
di criteri dichiaratamente diversi da
quelli condivisi dalle società di certificazione
ed autorità di vigilanza quantomeno fra
il 2003 ed il 2009; – nello stesso contesto, la
lentezza nell’accertamento della situazione
aziendale e soprattutto le continue modificazioni
nei criteri di valutazione dei crediti
hanno causato un sensibile peggioramento
non solo nel quadro patrimoniale del gruppo
ma anche nella percezione della sua solidità
con immediati riflessi sulle trattative in
corso. – l’azione rispetto alla correzione delle
insufficienze gestorie risulta, almeno dai dati
pubblicamente disponibili, tutta nel senso
del depauperamento delle risorse del Gruppo:-
v. il sostanziale rifiuto alla collaborazione
del management ed addirittura l’allontanamento
e la disincentivazione di parte dello
stesso, – interruzione di servizi essenziali
per il funzionamento del gruppo (v. in particolare
incassi e recupero crediti), in particolare
nel primo periodo, il più delicato ed essenziale
per la continuità dell’impresa,- interruzione
dell’attività di raccolta e reperimento
sul mercato di idonee risorse finanziarie,
(mancato tempestivo rilascio delle dichiarazioni
di solvibilità – affare Dresdner ed
Unicredit e adozione di condizioni non in linea
con la concorrenza con conseguente disincentivo
alla clientela). Tali fatti, la cui conformità
alla realtà potrà essere verificata oltre
che dai Commissari, anche dagli organi
di sorveglianza della procedura e da Banca
d’Italia, creano serie perplessità:-sul merito
delle scelte adottate nella procedura in relazione
alle finalità di quest’ultima previste
dalla legge;-sulle priorità che sono state date
in questi mesi nell’ambito della funzione
della procedura di amministrazione straordinaria;
priorità che hanno visto passare in secondo
piano la continuità aziendale e la presenza
sul mercato, rispetto ad operazioni, almeno
all’apparenza, liquidatorie. Tali perplessità
emergono del resto anche in relazione
alla strategia che i Commissari risultano
aver adottato nei rapporti con i mezzi di informazione.
A fronte di un vero e proprio attacco
mediatico contro il Gruppo Delta – che
ha allontanato la clientela e compromesso la
possibilità di reperire sul mercato le risorse
finanziarie necessarie per l’attività normale,
non è corrisposta un’altrettanta forte reazione
da parte della procedura a difesa dell’integrità
di un gruppo che, almeno fino all’Aprile
2009, aveva un’incontestata solidità finanziaria
ed un avviamento importanti e riconosciuti
dal mercato e dagli operatori concorrenti.
Anzi, l’interruzione di importanti e vitali
servizi interni ed alla clientela in uno con
lo smembramento della dinamica ed efficiente
rete commerciale del Gruppo – vero e proprio
ganglio vitale dell’azienda – hanno inevitabilmente
confermato l’immagine di un’impresa
allo sbando.
L’immagine commerciale e l’affidabilità sono,
come noto, essenziali presupposti per
l’attività bancaria e l’amministrazione straordinaria
doveva proprio servire a garantire
la continuità dell’impresa e, se necessario,
consolidare semmai l’affidabilità del Gruppo.
Come dichiarato da Banca d’Italia, il provvedimento
di amministrazione straordinaria
avrebbe infatti dovuto stabilizzare e rafforzare”
“il controllo sulla gestione del gruppo”
e gli organi straordinari (coincidenti, nei fatti,
con i commissari straordinari) assicurare
“le condizioni per un ordinato e corretto svolgimento
dell’attività aziendale”. Così non è stato:
è quindi fondamentale che le ragioni di
tale fallimento siano attentamente valutate
ed evidenziate anche dagli Organi di Sorveglianza
e di Vigilanza al fine di far emergere
eventuali responsabilità. La procedura
ha l’obbligo legale di rendere conto analitico,
nelle sue relazioni conclusive, delle ragioni
di un risultato così negativo (e, quantomeno
all’apparenza, ingiustificabile). Ciò, non solo
a Banca d’Italia, ma anche agli azionisti del
gruppo, al mercato e, soprattutto, ai dipendenti
delle tante società coinvolte e ai numerosissimi
collaboratori (aziende e persone fisiche)
che nel gruppo Delta hanno creduto e
che hanno visto dilapidato in appena un anno
un capitale importante di mezzi e uomini.
Paola Stanzani

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