Pasquale Valentini al Congresso Psd

Pasquale Valentini al Congresso Psd

Signore e Signori della Presidenza, Signore e Signori Delegati, Illustri ospiti…
è con piacere che a nome del P.D.C.S. intervengo per portare il nostro saluto e il nostro contributo ai lavori del vostro Cogresso, ringraziando anticipatamente per l’attenzione che verrà data alle nostre considerazioni. Si tratta sicuramente di un appuntamento politico della massima rilevanza non solo perché è il 1° Congresso del PSD – il partito che ha nel Consiglio Grande e Generale la maggioranza relativa – ma anche perché si colloca in un momento molto delicato della vita politica e istituzionale del nostro Paese.
Nell’invito avete indicato come temi che faranno da riferimento ai vostri lavori quelli legati alle prospettive aperte dalla nuova legge elettorale ed alla necessità di accentuare una spinta riformista che consenta al nostro Stato quel processo di modernizzazione, ormai indispensabile, dopo i ritardi e i rinvii che l’instabilità dei governi ha provocato.
A questi temi voglio attenermi, partendo proprio dalla esigenza di modernizzazione e di accentuazione del processo riformista. È un’esigenza che condividiamo e il nostro partito, per il legame forte che ha sempre avuto con tutte le articolazioni del tessuto sociale ed economico del nostro Paese, è sempre stato protagonista, in alleanza con altre forze politiche proprio dell’area socialista e riformista, dei maggiori interventi riformatori che nel tempo hanno coinvolto la Repubblica di San Marino. Tuttavia riteniamo che il processo di modernizzazione e di riforma debba avvenire, non sulla base di elaborazioni astratte o di schemi ideologici, che risultano sempre inadeguati, se non addirittura violenti, nei confronti della realtà, ma a partire dai bisogni della popolazione, in sintonia con tutti i soggetti che sono in grado di fornire un apporto positivo alla soluzione dei problemi e in continuità organica con la storia e la cultura della nostra comunità. E quali siano i bisogni attuali che la nostra gente vive ci è stato detto con chiarezza in questi tempi sia dai singoli cittadini che dalle principali organizzazioni sociali: sindacati, imprenditori, commercianti, liberi professionisti, associazioni.
Dagli incontri che abbiamo avuto proprio nel periodo più acuto della crisi con le organizzazioni economiche e sociali è emersa una forte preoccupazione per i problemi che le attività produttive e commerciali stanno incontrando, problemi che rischiano di ripercuotersi pesantemente sull’occupazione e più in generale sulle condizioni di stato sociale. Fra le priorità che sono state indicate c’è quella di garantire un Esecutivo autorevole in grado di ridefinire il quadro dei rapporti con l’Italia e in generale con l’Unione Europea, di realizzare gli indispensabili interventi sociali e di riforma, primo fra tutti quello delle pensioni, di delineare un progetto di sviluppo per il Paese, adeguato e lungimirante, che ponga particolare attenzione alle esigenze e alle prospettive dei giovani e delle fasce più deboli della società. Un Governo che mettesse al primo posto i contenuti programmatici rispetto alle logiche di schieramento, fornendo sufficienti garanzie di stabilità e di coesione.
Su questo aspetto particolarmente incisivi sono stati alcuni interventi apparsi sulla stampa. Uno diceva:
“Centrosinistra o centrodestra: cosa importa? Bisogna ragionare sui programmi e non sugli schieramenti ideologici, ormai parte del passato. Quello che ci aspettiamo sono persone capaci, credibili e spendibili all’esterno, che portino avanti un programma di lavoro e facciano funzionare questo Paese per il bene e il benessere dei suoi cittadini”.
E in toni ancora più determinati un altro:
“ A questo punto gli interrogativi che l’intera classe politica deve porsi sono tanti, e crudi. A cominciare dal modo stesso di “fare politica”. Un modo antiquato e paternalistico, che antepone spesso e volentieri rissosità, personalismi e mera ricerca del consenso, agli interessi generali del Paese e al futuro dei cittadini e delle imprese”.
Questi appelli accorati, provenienti da semplici cittadini, da organizzazioni sociali o imprenditoriali, non sono stati ascoltati dai vertici dei tre partiti che hanno condotto, al chiuso delle loro sedi, le trattative per risolvere la crisi, privilegiando una soluzione che, ancora una volta, rischia di far pagare al Paese le colpe di una politica ripiegata su se stessa. Una logica questa che, tuttavia, è stata mal digerita sia dalla base di AP, come si evince da certe prese di posizione, sia dalla base di SU che a più riprese ha parlato di “una politica che pensa prima a se stessa e poi al paese”; ma una logica che va stretta anche al PSD, se è vero che al suo interno si sono levate voci per richiamare con decisione la necessità di “ricercare con forza alleanze affidabili e convergenze sostanziali sui programmi da attuare”, denunciando la difficoltà degli alleati “a mantenere atteggiamenti coerenti e di disponibilità al più ampio confronto…”.

Se questo è il quadro della situazione attuale, come muoversi in tale contesto per provocare un cambiamento?
Per modificare questo stato di cose occorre ripartire proprio da un rapporto più stretto con il Paese reale, legando le necessarie riforme per la modernizzazione del Paese stesso ad una grande volontà di ascolto della popolazione e ad una attenzione a valorizzare tutte le risorse e le potenzialità presenti nel nostro tessuto sociale ed economico. È questo il contenuto del percorso di aggregazione che ha visto convergere con il PDCS, i Popolari, Noi Sammarinesi e Alleanza Nazionale e ha portato all’elaborazione di contenuti programmatici che hanno permesso di allacciare una collaborazione fattiva, soprattutto a livello di lavori consiliari, anche con i Sammarinesi per la Libertà e il Nuovo Partito Socialista che, a sua volta, ha aperto nell’ultimo periodo un tavolo di confronto con gli Europopolari; un percorso ancora aperto, dunque, nell’ottica della nuova legge elettorale che, senza una costruzione comune e condivisa di coalizioni chiaramente identificabili nei contenuti e nei numeri, da sola non sarà sufficiente a produrre il cambiamento auspicato.
Il cambiamento infatti, se ci sarà, non potrà che essere l’esito di un percorso di convergenza e di coesione fra forze politiche convinte innanzitutto del primato della persona e della società sullo Stato e non potrà che partire da una cultura della responsabilità, senza la quale non ci può essere autentico impegno politico.

Discriminante, allora, sarà la scelta tra una politica che favorisca uno Stato veramente laico, cioè al servizio della vita sociale e quindi esaltatore del valore intangibile della persona, oppure un esercizio del potere che tende a ingabbiare la società e a umiliare la persona stessa nei suoi diritti più autentici. Abbiamo bisogno oggi di una politica che responsabilizzi, che “faccia fare” anziché fare direttamente, che provochi assunzioni di responsabilità, che educhi ai doveri come condizione e quadro di senso per i diritti, che svolga una funzione sussidiaria tramite la quale aiutare le persone e i soggetti della società civile ad operare responsabilmente alla ricerca dell’interesse generale.
A questo compito, come storicamente è avvenuto, possono concorrere in modo complementare culture diverse: la cultura politica nata dalla tradizione cristiana in grado di collaborare positivamente con un socialismo amante dell’uomo e con un liberalismo disponibile a ricercare e a costruire il bene comune.
A questo invita la legge elettorale quando indica nelle coalizioni pre-elettorali la strada per consentire ai cittadini di scegliere da chi essere governati e per fare che cosa, ma non impone di costruire artificiosamente contenitori astratti e ideologici, che rispondono più alle logiche di potere delle singole forze politiche che non alle esigenze di governabilità del Paese.
Questo ci sembra oggi il contenuto vero di quella che abbiamo chiamato riforma della politica e che sta alla base ed è condizione per tutte le riforme.
Con l’auspicio che in questa direzione si muovano anche il dibattito e le conclusioni del vostro Congresso auguriamo a tutti i delegati presenti un proficuo lavoro.

Pasquale Valentini

San Marino, 15 dicembre 2007

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