Corriere Romagna San Marino
Relazione Giustizia
Il magistrato Pierfelici: la mafia ripulisce
capitali grazie a società e banche
Lotta al crimine
Strumenti più adeguati
e no a giudici burocrati
Patrizia Cupo
SAN MARINO. La mafia passa dalle società e dalle frodi carosello, o da banche
e finanziarie spesso usate per ripulire i capitali, e si è radicata nel tessuto
economico sammarinese: dura – durissima – presa di posizione del magistrato
dirigente Valeria Pierfelici che, nella sua relazione sullo stato di giustizia
relativa al 2012, ribadisce la preoccupazione circa le infiltrazioni malavitose
in Repubblica, e non dimentica di tirare le orecchie a qualcuno. Alle istituzioni
e al ritardo mostrato nel dare al tribunale strumenti (intercettazioni,
videocamere, formazione delle forze di polizia) e norme (la riforma della
procedura penale) adeguati alla lotta alla mafia. Ma non “salva” nemmeno i
suoi magistrati e bacchetta l’agire di alcuni, a suo dire, «burocratico».
E una stilettata a quella politica
che tanto sta insistendo per
avere i particolari su alcune inchieste
“bo ll ent i” – e il riferimento
pare essere a Bcs e al conto
Mazzini -: «Il disvelamento intempestivo
– scrive – può compromettere
in maniera irreparabile
la genuinità delle prove».
Dunque, stando a quanto si
legge dalla relazione di giustizia
da poco approdata all’esame della
commissione affari di giustizia,
dai reati di natura finanziaria
sembra passare ancora una
volta la malavita: 22 le inchieste
per riciclaggio aperte nel 2012, 6
quelle per reati di natura tributaria,
4 per violazioni alla legge
sulle banche. Ben oltre 9 i milioni
sequestrati nel 2012, di cui 7
ritenuti provento di riciclaggio.
Disposte confische per 1 milione
e 644mila euro. Soldi la cui “ri –
pulitura” nasconde a monte organizzazioni
criminali.
«Ad eccezione di alcune situazioni,
nelle quali si può parlare
di infiltrazione della malavita
organizzata nel tessuto economico
sammarinese, in forza della
creazione di sodalizi con soggetti
sammarinesi (o residenti) –
scrive il numero uno dei Tavolucci
-, normalmente la presenza
di soggetti appartenenti alla
malavita organizzata si riscontra
nelle società che poi sono
coinvolte anche in frodi fiscali,
e quali clienti delle banche e delle
società finanziarie, che servono
alla ripulitura ed all’occulta –
mento dei proventi illeciti».
Cosa manca al tribunale per
combatterle? L’elenco dei punti
neri, la Pierfelici, l’ha fatto nelle
precedenti relazioni: «carenze
di risorse relativamente alla Polizia
giudiziaria, al personale
amministrativo, agli strumenti
di indagine (come le intercettazioni)
e tecnologici (impianti
per le videoconferenze), nonché
organizzative (collaborazione
tra organi e istituzioni coinvolti
ne ll’attività del Tribunale), e
normative (modifiche alla procedura
penale)».
In un quadro desolante, sottolinea
il magistrato dirigente,
non aiuta l’atteggiamento tenuto
dalla politica. «Non può che
destare preoccupazione – scrive
– l’atteggiamento tenuto dalle
autorità politiche teso a sollecitare
il Tribunale alla conclusione
di alcune indagini ritenute di
interesse, senza comprendere la
complessità e la difficoltà di pervenire
ad un utile risultato in difetto
delle risorse deputate».
Ma la colpa non è tutta degli
“altri”, ammette il capo dei Tavolucci.
«Incidono pesantemente
sull’efficienza dell’istruttoria
penale – azzarda – prassi, comportamenti,
difetti organizzativi
nel lavoro individualmente
assegnato, che sono ascrivibili
direttamente ai giudici. Sebbene
con alcune eccezioni, si riscontra
la prevalenza di un approccio
burocratico nella trattazione
dei processi: la preoccupazione
del giudice sembra rivolta
ad evitare censure suscettibili
di mettere in gioco la sua responsabilità,
piuttosto che a
“costruire” il processo, a indagare
in ogni direzione, e a coordinare
in maniera efficace tutte
le pur scarse risorse disponibili
».