Quinto appuntamento con la rubrica ‘La vita che vorrei’. Motivazione e PNL

Quinto appuntamento con la rubrica ‘La vita che vorrei’. Motivazione e PNL

Dicevamo… l’obbiettivo, il sogno, l’idea che abbiamo, dobbiamo creare le condizioni per arrivare a raggiungerlo, dobbiamo vedere il risultato finale, ma soprattutto per poter fare tutto questo, dobbiamo credere in noi stessi. Certamente se non facciamo questo importantissimo passo è meglio non partire nemmeno, lasciare perdere e dedicarsi ad altro e non buttare via tutto quel tempo.

Purtroppo è la verità, il primo passo che dobbiamo fare è quello di credere in noi stessi e nelle nostre capacità, avere dell’autostima, sapere quali sono i nostri potenziali, conoscere limiti e le abilità. Ora, per riprendere alcuni concetti trattati precedentemente, vorrei approfondire il discorso di motivazione, addentrandoci meglio nella PNL (Programmazione Neuro Linguistica) ed i suoi molteplici strumenti.

Dal momento in cui sappiamo che l’autostima è un fattore determinante, è meglio iniziare subito a lavorarci sopra, senza essere spavaldi o troppo sicuri di se o, ancora peggio, troppo presuntuosi.

Per capire meglio voglio raccontarvi un episodio di qualche tempo fa: parlavo con un amico calciatore che mi descriveva alcuni episodi di sue partite e del suo modo di essere atleta. Quando parlava usava frasi tipo: ‘sono stato abbastanza bravo’; ‘credo di essere in forma partita’; ‘penso di aver fatto una discreta partita’; ‘domani giochiamo contro una squadra troppo forte per noi’; ‘quel giocatore è incontenibile e non so se riuscirò a fermarlo’… e via dicendo. Come vedete sono tutte frasi con limitazioni e con poca convinzione dei propri mezzi, il nostro cervello lo capisce e ci fa agire di conseguenza. Al mio amico ho fatto qualche semplice domanda, proprio per ricordargli certe cose, per fargli capire che siamo solamente noi a complicarci tutto e a farci rendere più difficili di quelle che sembrano le nostre azioni. Gli ho chiesto di farmi un elenco delle sue qualità, gli ho fatto proprio scrivere su un foglio di carta quello che stava dicendo. Sono usciti aggettivi molto qualificativi, che gli facevano rendere conto di quanto fosse bravo e di dove era arrivato nonostante le difficoltà e la giovane età. Più scriveva e più rileggeva quanto stava dicendo, più si rendeva conto di avere doti e requisiti che gli permettevano di fare partite ottime e non discrete, di poter contenere e fermare i giocatori, e alla fine non era solo abbastanza bravo, ma si era reso conto di essere molto forte.

La notate la differenza dei vocaboli? Riuscite a percepire la discrepanza che c’è tra un ‘discreto’ e un ‘molto bravo’? Questo esempio vuole fare capire un concetto fondamentale: se ci parliamo in negativo, se il nostro dialogo interno è fatto solo di frasi che sminuiscono o comunque ci mettono barriere, allora sarà così anche nel nostro agire, nel modo di fare. Il mio suggerimento è proprio quello di evitare subito questo errore: almeno inizialmente stiamo attenti a come parliamo con noi stessi, proviamo a non ripeterci certe frasi sminuenti, poco qualificative, con all’interno delle parole che non aiutano, ma al contrario “spingono sul freno”. Tutto questo è un punto di partenza molto importante che ci permette di essere più propensi a fare le cose, senza metterci in testa troppe limitazioni e soprattutto è un inizio per poter lavorare con lo scopo di ottenere una buona autostima. Continuando su questa strada è facile capire che bisogna lavorare duro per credere di più in noi stessi ed è proprio qui che interviene il coach con strumenti decisamente efficaci.

Tra gli strumenti utilizzati, ci sono i “livelli logici”: sono sei e vengono solitamente rappresentati con una piramide: la base si chiama ambiente, poi a salire ci sono i comportamenti, le capacità, le convinzioni e i valori, l’identità, fino ad arrivare alla punta che si chiama spiritualità. Diciamo che l’ultimo livello è quello più “particolare” e meno lavorato, al contrario di tutti gli altri coi quali si possono fare delle attività estremamente interessanti ed indicate per migliorarsi.

I primi tre toccano una parte più superficiale e diretta, gli altri tre invece sono molto più profondi e sicuramente molto più difficili da lavorare e perfezionare. Iniziando a parlare in linea generale, si può dire che spesso basta lavorare solamente su uno di questi per trovare delle differenze molto grosse nel modo di rapportarsi con ciò che ci circonda. Si trovano delle piacevoli soddisfazioni quando sono in grado di capire cosa vuol dire l’ambiente che ci circonda, quello che frequentiamo.

Allo stesso tempo si può agire sui nostri comportamenti, sul modo di rapportarci con le persone, oppure con atteggiamenti riferiti al lavoro che facciamo o alle varie attività che abbiamo. Naturalmente influiscono molto le nostre capacità, ciò che sappiamo fare, quello che “sappiamo” di saper fare ma anche quello che “non sappiamo” di saper fare (spesso non ci rendiamo conto di avere più capacità di quelle che utilizziamo o capita di essere troppo “pigri” per utilizzarle tutte). Le nostre convinzioni sono un motore fondamentale che influisce sul modo di agire, infatti esse possono essere limitanti e depotenzianti, andando a convincerci che non possiamo fare, non siamo in grado di fare, non abbiamo le possibilità, e tanto altro. Ma succede anche che qualcuno non ha un’identità chiara, intendendo proprio dire che non sanno veramente chi sono! E la spiritualità? È la mission del tuo vivere…

Insomma, come vedete c’è molto su cui lavorare, ma sappiate che dal prossimo appuntamento affronteremo in modo più dettagliato ognuno di questi punti.

Allora vi aspetto al sesto appuntamento de “La vita che vorrei”.

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